Lettera aperta al Ministro della giustizia francese Nicole Belloubet

Tariq Ramadan
Tariq Ramadan

Sono stato interrogato giovedì 13 febbraio dai magistrati istruttori Camille Guillermet e Camille Palluel (il giudice Cyril Paquaux era assente). È la prima volta che mi ascoltano in quindici mesi. Ho potuto dire ai giudici quanto sono stato scioccato dal modo in cui è stata condotta l’indagine: è stata rispettata solo l’accusa, la difesa è stata ignorata così come le numerose richieste del mio avvocato, Emmanuel Marsigny. Alcune informazioni non sono state inserite nel dossier. Inoltre, i giudici non tengono conto delle conclusioni della Brigade Criminelle, che sono schiaccianti nei confronti delle accusatrici. 

Sono rispettoso della separazione dei poteri e non Le sto chiedendo di intervenire sul contenuto delle carte processuali. È urgente, tuttavia, che in qualità di Guarasigilli, applichi le regole procedurali nonché il codice etico della magistratura che impone ai giudici indipendenza, imparzialità e rispetto dei diritti dell’imputato.

A seguito dei movimenti #MeToo e #BalanceTonPorc, sono stato l’unico accusato incarcerato per quasi dieci mesi e, nel mio caso, la presunzione di innocenza non è stata rispettata nonostante mi sia presentato volontariamente il 31 gennaio 2017, rifiutando di parlare ai media e ripetendo che avrei parlato solo alla polizia e ai giudici.

Oggi, la classe politica e i media condannano di concerto, e giustamente, il fatto che i messaggi sessuali del signor Benjamin Griveaux, (ex portavoce del governo) siano stati resi pubblici in rete. Sono preoccupati per l’impatto disastroso di queste pubblicazioni sulla sua famiglia. Cosa ne pensa, Ministro, del fatto che la segretezza dell’indagine non è mai stata rispettata nel mio caso e che i media hanno avuto diretto accesso al fascicolo. Hanno pubblicato i messaggi subito dopo gli interrogatori senza alcuna considerazione per la mia famiglia. Inoltre, non si sono mai presi la briga di verificare la veridicità di questi messaggi anche quando due accusatrici hanno ammesso, prima della Brigade Criminelle, di aver creato account e messaggi falsi. Questi due trattamenti sono uguali ed equi?

Ci sono volute meno di 48 ore, nel caso del sig. Griveaux, affinché il presunto colpevole di queste pubblicazioni su Internet, Piotr Pavlenski, fosse arrestato dalla polizia e preso in custodia con sua moglie. Come posso spiegare che, dopo oltre 25 mesi di indagini, le persone nominate nel mio fascicolo e identificate dalla Brigade Criminelle non sono ancora state interrogate dai giudici, nonostante le ripetute richieste del mio avvocato.

Secondo la Brigade Criminelle il paparazzo Jean-Claude Elfassi è stato in contatto con le quattro denuncianti per anni. Tre di loro lo accusano pubblicamente di menzogne, manipolazione e persino frode. Come possono i magistrati inquirenti ignorare tali accuse e non mettere in discussione questo giornalista che svolge un ruolo centrale e inquietante in questo caso?

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Il nome di Caroline Fourest è apparso nel dossier fin dall’inizio. Secondo la Brigade Criminelle, avrebbe scambiato più di 400 messaggi con le prime due denuncianti tra maggio 2017 (sei mesi prima della prima denuncia) e il mese di agosto 2018. I giudici hanno ignorato la richiesta del mio avvocato di avere accesso ai tabulati al fine di conoscere i dettagli di questi scambi e non hanno ancora interrogato la signora Fourest. Inoltre, il procuratore Michel Debacq, ha confermato nel Journal du Dimanche, il 6 febbraio 2018, di aver incontrato “Christelle”, nel 2009, con la signora Fourest. Secondo lui “i fatti erano caratterizzati” e lui “gli aveva consigliato di andare a presentare una denuncia”.

Il caso Benalla ci ha ricordato che un magistrato in servizio ha il dovere di denunciare un crimine, ma Debacq è rimasto in silenzio. In effetti, o il procuratore ha mancato al suo dovere e dovrebbe spiegarsi, oppure non lo ha considerato uno stupro e deve ammetterlo. Ad oggi, non è stato ascoltato e non abbiamo ricevuto alcuna risposta da parte vostra alla lettera inviata a tal fine dal mio precedente consulente, Me Bouzrou.

Sono stato incriminato due volte giovedì 13 febbraio, a seguito di un sorprendente interrogatorio di cui i media hanno ampiamente riferito. “Elvira” ha presentato una denuncia nel maggio 2019 e la Procura immediatamente e senza cautela ha presentato un’ulteriore accusa sulla base delle sue sole dichiarazioni, senza la minima indagine.

In seguito la Brigade Criminelle ha rivelato che la donna aveva mentito, che era stata ripetutamente condannata e detenuta per due anni per calunnia. E’ stato Elfassi a inoltrare la denuncia alla polizia. Tuttavia, i magistrati istruttori, senza aver tratto nessun insegnamento dalla grave disfunzione nella gestione del caso “Elvira”, hanno deciso di inquisirmi sulla base di due testimonianze e ciò, ancora una volta, prima di qualsiasi indagine. Nessuna delle due aveva mai presentato una denuncia. Una di esse è scomparsa e la seconda, che ha avviato un procedimento civile solo due giorni prima del mio interrogatorio, ha prima detto chiaramente alla polizia che si trattava di un “rapporto consensuale” per poi fornire una nuova versione, identica, parola per parola, a quella delle due prime accusatrici.

In presenza di un dossier senza alcuna prova, i giudici hanno introdotto il concetto di “emprise” (influenza, controllo, plagio) che sembra essere l’ultima risorsa per salvare questa istruzione dal naufragio. Si tratta di dare una nuova definizione di stupro che si applicherà quindi solo a me, dal momento che è chiaramente un significato più restrittivo e un’altra interpretazione della legge che ha reso possibile l’archiviazione dei casi di MM. Darmanin, Hulot, Besson, Depardieu, ecc.

Le sembra plausibile, sig.ra Ministro, che le donne che hanno cambiato versione tre volte, che si copiano, che hanno mentito, che si conoscono, che sono in contatto con i miei nemici, che hanno in programma di intrappolarmi (come rivelato dai rapporti della Brigade Criminelle ); crede sia sia plausibile, come stavo dicendo, che queste donne siano “plagiate, sotto controllo”? È folle, eppure i giudici hanno incaricato il dott. Daniel Zagury di studiare la rilevanza di questo concetto nel caso in oggetto.

Non solo l’incarico è sconcertante, ma la scelta del Dr. Daniel Zagury è preoccupante. Quest’ultimo è membro del comitato scientifico dell’associazione “Schibboleth” che organizza le sue attività tra Francia e Israele. Il suo orientamento ideologico e almeno 16 dei suoi membri hanno preso pubblicamente una posizione contro di me, associandomi alla “Fratellanza Musulmana” che considerano una setta, fascista e terrorista. Come membro del comitato scientifico, il Dr. Zagury sostiene la produzione intellettuale che risulta dalle conferenze organizzate da Schibboleth che invariabilmente mi considera un nemico. Come ha potuto il Dr. Zagury accettare questo incarico?

In che modo i giudici potrebbero averlo scelto tra centinaia di psichiatri o psicologi che erano altrettanto competenti e necessariamente più ideologicamente neutrali? Come ho ripetuto ai giudici, a nessun giudice imparziale non verrebbe mai in mente di chiedere un parere di esperti, relativo a un dissidente pacifista tibetano, ad uno psichiatra membro di un’associazione affiliata al governo cinese che lo considera, di fatto, un terrorista.

La giustizia francese è spesso criticata, a livello europeo, per l’intrusione troppo frequente della politica in campo legale. A questa realtà si aggiunge il pericolo di deriva a causa del potere quasi discrezionale esercitato dai giudici e di cui gli avvocati, giustamente, si lamentano. Per questi due motivi, e alla luce di tutti i fatti esposti, Le chiedo di agire per garantire il rispetto dei miei diritti. Non pretendo alcun favore, ma credo che mi spetti un trattamento imparziale, equo ed egualitario. L’istruzione deve tenere conto di tutti gli elementi per la difesa e tutte le persone nominate e implicate nel caso devono essere ascoltate al più presto.

Il presidente Emmanuel Macron ha recentemente difeso il diritto alla blasfemia, affermando nel caso Milla che “l’ordine repubblicano non è un ordine morale”. Sarebbe grave e inaccettabile che, nel mio caso, la strumentalizzazione dell’ “ordine morale”, per quanto riguarda l’apprezzamento della mia persona, i miei pensieri e le mie azioni, giustifichi il non rispetto dell’ordine repubblicano che chiede la parità di trattamento di tutti i cittadini indipendentemente dalla loro origine, colore, religione o stato sociale.

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