Gideon Levy: gli omicidi di Stato sono l’orgoglio di Israele

Oltre all’irrigazione goccia a goccia e ai pomodorini, vi sono poche cose per le quali Israele può essere più orgoglioso di ciò che chiama “uccisioni mirate,” che sono di fatto assassinii di Stato. Con l’eccezione degli Stati Uniti, dell’Arabia Saudita e della Russia, vi sono pochi stati che assassinano i loro avversari o i loro nemici, sicuramente non nella generosa misura praticata da Israele.

Dal 2000, le forze israeliane hanno assassinato 70 palestinesi, alcuni dei quali erano chiaramente attivisti politici e non combattenti, nel corso di pianificate e mirate uccisioni.

L’assassinio di venerdì del professor Mohsen Fakhrizadeh, sul boulevard Komehini alla periferia di Tehran, non è stato il primo assassinio di uno scienziato nucleare iraniano. Prima di lui una dozzina di scienziati sono stati assassinati- la maggior parte, se non tutti, da Israele. Come ha detto il primo ministro Benjamin Netanyahu venerdì, con un furbo, e saccente sorriso? “È stata una settimana di successi.”

Questi “successi” accendono davvero l’immaginazione. Nel programma Le notizie di venerdì notte su Channel 12, un gruppo di giganti del pensiero ha discusso se si fosse trattato di “pistoleri”, come sostenevano gli analisti militari, o di un potente ordigno esplosivo, come invece diceva l’esperto di affari arabi.

C’è stata una sola questione che non è stata sollevata in questo, come in nessun’altro forum: se questi omicidi programmati siano legittimi.

Il solo porre la questione viene considerato eresia, tradimento. Non fu legittimo prendere e portar via il dottor Thabet Thabet, un dentista a capo di Fatah in Tul Karm, nel dicembre del 2000? Non fu permesso assassinare Khalil al Wazir (noto come Abu Jihad) nel suo letto di fronte a sua moglie e i suoi figli a Tunisi nel 1988? Non fate ridere la mitica Sicurezza di Israele. Certo che era permesso. A Israele tutto è permesso.

I palestinesi che pianificarono l’assassinio del ministro del turismo Rehavam Ze’eviwere sono stati condannati all’ergastolo. Gli assassini di Abu Jihad sono diventati ministri ed eroi. Ze’evi sparse più sangue innocente di quanto ne avesse mai sparso Abu Jihad. 

La questione dello scopo e dell’utilità degli omicidi è anch’essa scarsamente discussa. Il fatto che le operazioni siano così Jamesbondiane e che i gloriosi Mossad e Shin Bet vi si celino dietro è ragione sufficiente per mettere fine alle discussioni. Se un’operazione è un successo, come lo è stata quella di venerdì, è di per sé segno che doveva essere permessa e che ne valesse anche la pena. Qualsiasi altra obiezione è semplicemente sovversiva.

E tuttavia ci si dovrebbe chiedere: cosa sarebbe successo se degli agenti stranieri avessero eliminato i professori Israel Dostrovsky e David Bergmann, Shalhevet Freier o Shaul Horev, gli storici equivalenti israeliani di Fakhrizadeh? Che avrebbe detto Israele? E in che modo lo Stato avrebbe risposto? Avrebbe fermato il suo programma nucleare? Non avrebbe lanciato una campagna di vendetta in tutto il mondo?

Amos Yadlin, un generale della forza aerea israeliana a riposo, direttore esecutivo dell’istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale dell’università di Tel Aviv, ha tweettato nel week end a proposito di Fakhrizadeh: “L’uomo era implicato in tutti gli aspetti delle illegittime attività nucleari iraniane.” Una domanda: esistono le “illegittime attività nucleari” di Israele? Se così fosse, chi le porta avanti merita di essere ucciso? Se invece non è così, questo significa che a Israele tutto è permesso, comprese cose non permesse a qualsiasi altro stato?

La Bulgaria comunista faceva assassinare le persone con ombrelli avvelenati. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, il più recente interlocutore di Netanyahu, ha assassinato un uomo facendolo fare a pezzi. Il mondo considera spregevoli entrambe le azioni opera di agenti dello Stato. A Israele è permesso. Ma Israele ha carta bianca. Noi abbiamo scherzato sul “Black Friday” iraniano. A Israele è permesso cancellare il “padre del programma nucleare iraniano” – certo, lui questo era, così come ogni membro assassinato di Hamas era una “figura importante” dell’organizzazione- così come è permesso usare armi e munizioni proibite ad altri stati.

Resta il quesito se l’omicidio di venerdì fermerà il programma nucleare iraniano o, magari, al contrario, lo accelererà. Porterà ad una dura rappresaglia? Su questo, gli esperti sono concordi: l’Iran sicuramente si vendicherà. E allora? Ne sarà dunque valsa la pena? Ma certo. Dopotutto, ancora una volta gli abbiamo fatto vedere quello che a noi riesce meglio, con l’eccezione dell’irrigazione goccia a goccia e dei pomodorini. Uccidere e distruggere. 

 

Articolo di Gideon Levy pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz