Ecco perchè Israele ha perso ancora

La fragile tregua di questi giorni fra Israele e Gaza sembra perdurare soltanto grazie alla pazienza degli assediati. La resistenza palestinese canta vittoria avendo potuto mettere una pesante ipoteca tanto sul sionismo che sulla debole leadership dell’ANP. Il cambiamento dei rapporti di forza, militari e politici, sul campo può determinare i presupposti per una pace duratura e più equa.

Da 70 anni autorità locali, governi ed altri attori internazionali firmano decine di trattati, memorandum, intese… inutili pezzi di carta che in nulla hanno modificato la feroce occupazione sionista. Ogni promessa di pace è servita solo ad esasperare ed umiliare una volta di più i Palestinesi, ma sembra che ora siamo dinanzi ad un cambiamento vero.

Negli ultimi due lustri gli Israeliani hanno cercato diverse volte di espugnare Gaza, tentando o minacciando l’invasione con forze di terra. L’operazione, fallita miseramente già nel 2014, nei giorni scorsi è stata minacciata a parole, ma l’eroico esercito sionista ha preferito evitarne i rischi, per continuare invece a bombardare da lontano e indiscriminatamente la popolazione civile di Gaza.

Anzi, a rigor del vero, i bombardamenti sono stati assai mirati e coerenti con la politica israeliana: sono state colpite abitazioni civili, uffici commerciali e giornalistici, scuole (comprese alcune gestite dall’ONU), edifici di culto, cimiteri, terreni agricoli… Nemmeno i Palestinesi cristiani sono al riparo dalla follia razzista promossa e sostenuta dal governo israeliano: chiese e monasteri sono stati incendiati e tanti cristiani subiscono quotidiane intimidazioni e violenze se osano sostenere – anche solo a parole – i legittimi diritti della popolazione palestinese sulla propria terra.

Insieme alla macchina bellica, anche la propaganda mediatica sionista ha accusato un duro colpo nel corso di quest’ultimo conflitto. Moltissimi video e foto circolano in rete documentando i crimini dell’esercito e le malefatte della polizia sionista contro civili inermi e pacifici protestanti. Vale la pena rammentare che anche quest’ultimo conflitto non nasce dal nulla, ma è stato innescato dall’ennesima rimozione forzata e illegittima di alcune famiglie palestinesi da Gerusalemme Est, cui hanno fatto seguito numerose altre violazioni dei più elementari diritti umani da parte della polizia israeliana, dentro Israele e nei Territori Occupati, ai danni di civili inermi, inclusi donne e bambini..

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In tutto il mondo si sono levate voci di condanna contro il genocidio del popolo palestinese, di protesta contro la barbarie israeliana e di richieste per una pace giusta per il riconoscimento del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese. In Italia politici e giornalisti di primo piano sono stati duramente e diffusamente contestati per il loro acritico appoggio ad Israele. Gli stessi ebrei italiani non hanno reagito con la veemenza con cui sono soliti accusare falsamente di antisemitismo chiunque appoggia i palestinesi. Alcuni fra loro si sono nettamente opposti agli abusi ed all’occupazione militare firmando una lettera aperta indirizzata ai leader politici.

La pressione dell’opinione pubblica occidentale e di alcuni paesi a maggioranza musulmana ha dato frutti dal punto di vista mediatico e anche sul piano del boicottaggio e disinvestimento dei beni israeliani. La Lavazza, che aveva criticato un calciatore per aver difeso la Palestina, ha dovuto fare un passo indietro. Nonostante le difficoltà interne ed esterne i Palestinesi sono riusciti a riportare la loro questione al centro dell’iniziativa delle Nazioni Unite. Sostenuti da diverse organizzazioni internazionali stanno inoltre cercando di raccogliere evidenze e documenti necessari  per una condanna di Israele per crimini di guerra presso la corte Penale internazionale per crimini di guerra.

La vasta reazione internazionale, la ritrovata unità del popolo palestinese, la solidarietà ricevuta anche da parte di alcuni appartenenti al popolo ebraico, assieme a quanto riportato in alcune fonti tradizionali lasciano intendere che lo Stato sionista non sia lontano dal tracollo, e ravvivano la speranza di poter vedere il giorno in cui i palestinesi – musulmani, ebrei e cristiani – potranno tornare a vivere insieme in pace e libertà.