Molti governi europei negano l’esistenza dell’Islamofobia e criminalizzano chi la studia

I governi di Francia, Austria e Germania ignorano la realtà del razzismo anti-musulmano e prendono di mira chi lo denuncia.

Negli ultimi anni in Francia, Austria e Germania è stata promossa una guerra culturale contro gli studi sull’islamofobia. Governi, partiti politici e ideologi europei hanno negato che l’islamofobia sia un problema nei loro paesi e nelle loro politiche nei confronti delle comunità islamiche.

Nei due decenni appena trascorsi, lo studio dell’islamofobia si è sempre più affermato come un settore accademico di ricerca che documenta e sfida il razzismo anti-musulmano, la discriminazione, i discorsi d’odio e la violenza nel mondo. Le informazioni sulle cause e sulle conseguenze dell’islamofobia sono state diffuse per mezzo di libri, giornali, conferenze, rapporti dei media e importanti inchieste, e tuttavia, numerosi governi europei stanno ancora cercando di negarne l’esistenza.

L’islamofobia è diventato un termine problematico per le autorità statali, mentre la repressione contro società civile musulmana e contro gli studiosi dissidenti continua.

In Francia, il governo ha represso nelle università la libertà di ricerca. Il presidente francese Emanuel Macron e con lui altri ministri importanti hanno sostenuto che l’”islamo-gauchisme” minaccia di corrompere la società francese, e in modo particolare le università. Il ministro dell’educazione Frederique Vidal ha accusato alcuni studiosi di promuovere idee “radicali” e “militanti” affermando che ci sono studiosi che guardano “ogni cosa attraverso il prisma della loro volontà di dividere, spezzare, individuare il nemico”. Il filosofo contemporaneo Pascal Bruckner afferma nel suo libro un razzismo immaginario: islamofobia e colpa, che l’islamofobia è un’invenzione, gonfiata dagli islamisti per un’intimidazione di massa. Conclude che gli anti-razzisti sono diventati razzisti essi stessi, e lancia appelli per la difesa dei “valoro occidentali”.

Questo genere di discorso islamofobico è stato usato dai governi e dai politici europei per mettere a tacere qualsiasi critica delle loro politiche di assimilazione verso le masse lavoratrici musulmane.  

‘Mentalità da assedio’

Lorenzo Vidino, uno studioso di diritto sotto accusa per aver promosso teorie complottiste circa la Fratellanza Musulmana, ha lavorato come consigliere dei governi europei ed è legato a numerosi think-tank anti-musulmani negli Stati Uniti e in Europa.

Il suprematista bianco norvegese e assassino di massa Anders Behring Breivik si è in parte basato sulle idee diffuse da Vidino circa la Fratellanza Musulmana che si starebbe “infiltrando” in Europa.

Vidino ha sostenuto che le organizzazioni dei fratelli musulmani sarebbero “moderni cavalli di Troia, impegnati in una specie di silenziosa opera di sovversione diretta ad indebolire dall’interno la società europea, minandone pazientemente le fondamenta per sostituirle con un ordine islamico”. Ha anche affermato che questa “nuova” rete della Fratellanza Musulmana ha una “notevole macchina di propaganda” che discredita gli oppositori con l’accusa di islamofobia.

Vidino, che ha lodato l’Austria come un “modello di repressione degli islamisti”, ha prodotto nel 2017 un report per il governo austriaco che denunciava, senza prove, che la Fratellanza Musulmana amplifica gli episodi di islamofobia “per promuovere una mentalità d’assedio nelle comunità musulmane locali, sostenendo che i governi del mondo occidentale sono ostili a loro e in generale all’Islam”. Ha affermato che la narrativa vittimistica costituisce il primo passo verso la radicalizzazione e la violenza.

Il rapporto ha fornito le basi ai rappresentanti del governo austriaco e ai suoi organismi per discreditare ogni discorso sull’islamofobia. Il partito di estrema destra Partito austriaco della libertà e il governativo Partito del popolo austriaco, sotto la guida di Sebastian Kurz, hanno una lunga storia di leggi e discorsi islamofobici. 

In Germania, i governativi partiti cristiani, CDU e CSU, hanno recentemente prodotto uno studio che cita il teologo musulmano Mouhanad Khorchide, che dice che “termini come islamofobia e razzismo anti-musulmano sono ora parole per la lotta dell’Islam politico”. Una lettera aperta che precede lo studio afferma l’importanza di non farsi “intimidire da infondate accuse di islamofobia”.

Pericolose ricadute

Basandosi su questa posizione contro lo studio e la consapevolezza dell’islamofobia, i politici in Austria, Germania e Francia hanno presentato “l’Islam politico”, “il separatismo islamico” o “l’islamismo” come la più grande minaccia che fronteggia la società europea. Questo ha permesso ai leader politici di giustificare drastiche misure contro supposti pericolosi gruppi di persone.

Come conseguenza, abbiamo assistito ad attacchi contro organizzazioni civili musulmane e moschee in nome della protezione dello Stato. Tuttavia, queste politiche minano le costituzionalmente garantite libertà di religione, di coscienza, di parola e di pensiero. Un recente esempio di pericolosa ricaduta di questa cultura di guerra è stato l’attacco che ha preso di mira 30 supposti terroristi in Austria lo scorso novembre. Il ministro degli interni Karl Nehammer ha sostenuto che questo attacco era stato diretto a “tagliare le radici dell’Islam politico”. Ma quando gli accusati sono stati interrogati, sono state chieste loro cose che poco hanno a che fare con la violenza, e invece hanno molto a che fare con una concezione orientalistica dell’Islam.

Le domande includevano: cosa intendi con il termine “islamofobia”? Secondo te, questo termine è giustificato? I musulmani sono repressi in Austria? Il terrorismo globale islamistico è la probabile ragione per la paura che emana l’Islam, o è invece l’oppressione, in particolare delle donne e della gente appartenente a fedi diverse, che è attuata secondo le regole della Sharia? Svegli tua moglie per la preghiera del mattino? Ai tuoi bambini è permesso fare musica? Hai amici non musulmani? Daresti il permesso a tua figlia per sposare un cristiano, un ebreo o un ateo? 

Queste domande rivelano fin dove il termine islamofobia sia diventato problematico per le autorità statali, e quanto ancora la repressione continui nei confronti della società civile musulmana e degli studiosi dissidenti. 

Articolo di John L. Esposito e Farid Hafez pubblicato su Middle East Eye

John L Esposito

John L Esposito [ Professore di Religione e Affari internazionali e Studi islamici alla Georgetown University, è anche direttore della ricerca presso il Prince Alwaleed Bin Talal Center for Muslim-Christian Understanding alla Georgetown’s Walsh School of Foreign Service. 

Farid Hafez

Farid Hafez è un politologo austriaco, ricercatore presso la Georgetown University’s The Bridge Initiative, dirige il report Islamophobia Studies Yearbook ed è coautore del Report Europeo annuale sull’Islamofobia.