Vent’anni dopo La rabbia e l’orgoglio resta un volgare sproloquio

Fra le conseguenze funeste dell’ attentato alle torri gemelle dell’ 11 settembre del 2001, oltre ai quasi tremila esseri umani che vi persero la vita per essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, alle guerre sanguinose che ne seguirono, all’inaugurazione di una nuova era di odio e di sospetto nei confronti di quasi due miliardi di esseri umani che hanno abbracciato l’Islam, vi è stato il fiorire di una letteratura anti-islamica tra cui spicca l’invettiva di Oriana Fallaci.

Apparsa il 29 settembre del 2001 sotto forma di un lungo articolo pubblicato dal Corriere della sera, è divenuta in seguito un volumetto di grande successo editoriale, venduto in edicola e nei supermarket come fosse un pacco di biscotti, che ha per titolo La rabbia e l’orgoglio.  

Ho riletto questo scritto della giornalista fiorentina per una questione di anniversario; perché cade in questi giorni il ventennale dell’attentato, e un po’ anche per una malsana curiosità, e forse perché volevo farmi del male. E lo lessi anche allora, ormai vent’anni orsono, quando l’Islam era ancora molto lontano dalla mia vita e gli avvenimenti che l’avrebbero completamente cambiata dovevano ancora accadere. 

Anche allora benché anch’io fossi scioccato e triste per le vittime, per quel colpo brutale assestato alle nostre incrollabili sicurezze occidentali, quello scritto che pure faceva furore mi piacque poco, anzi non mi piacque punto. C’era in quella prosa, in quel profluvio di parole quasi urlate, qualcosa di troppo forte, un puzzo d’odio che mi inquietava e mi respingeva.

La rabbia e l’orgoglio, questo sproloquio d’autore, anzi d’autrice, è soprattutto rabbia, rabbia che straborda da quelle pagine, e che si fa odio duro e concreto come un pugno allo stomaco. La Rabbia e l’orgoglio è uno scritto relativamente lungo, un’invettiva volgare e violenta che aveva per oggetto, non tanto gli autori di quel terribile gesto-un gruppo di uomini votati alla morte propria e altrui, al servizio di un’organizzazione clandestina denominata Al Qaeda-, ma quasi un quarto dell’intero genere umano: i musulmani.

Ci sono in quelle pagine alcune frasi che più di altre, a rileggerle ora, colpiscono e feriscono; perché per quanto indubbiamente quello che successe a New York quel giorno di settembre di vent’anni fa fosse atroce, perché la morte e in particolare la morte di persone innocenti è sempre atroce, quelle parole, quelle frasi erano e restano inaccettabili. 

Inaccettabile per esempio quella frase, quel …l’urlo sguaiato del Muezzim che soffoca il suono delle campane davvero? Strano, a me, e all’epoca, sto parlando dei primi anni ottanta, consideravo l’Islam un credo lontano da me quanto la costellazione di Andromeda, quando per la prima volta ascoltai il richiamo alla preghiera di fronte alla grande moschea di Kano, nel nord della Nigeria, e vedevo gli Hausa e i Fulani nei loro variopinti mantelli affrettarsi all’entrata, tutto mi sembrò quel richiamo tranne che un urlo sguaiato. 

Al contrario avvertii come un brivido alla schiena, una strana emozione che sul momento attribuii al contesto particolarmente pittoresco di quei tropici. Ma quell’emozione mi ha ripreso ancora in seguito ogniqualvolta ho sentito quello che la Fallaci chiama l’urlo sguaiato del muezzim nel tempo trascorso nei paesi del Maghreb, in Libia, in Algeria, in Marocco, in Tunisia. E mi manca qui in Italia quel richiamo, e trovo ingiusto non poterlo ascoltare anche qui, dove in teoria il diritto a praticare la mia fede dovrebbe essere garantito da un libro che non è il Corano, ma che ha nome Costituzione. 

E quanta colpevole ignoranza, quanta malafede, quanta falsa banalità quando si parla di Torino che ormai sembra Dacca, Nairobi, Il Cairo, Algeri ecc…oppure quando, e qui io posso dare testimonianza diretta perché Genova è la mia città e lei scrive testuale, Quella Genova dove i meravigliosi palazzi che Rubens ammirava tanto sono stati sequestrati da loro (gli immigrati musulmani, n.d.a) e deperiscono come belle donne stuprate. 

Ma non è vero! I meravigliosi palazzi di Genova che Rubens ammirava nessuno li ha mai sequestrati, né tantomeno stuprati, a meno che non si parli delle banche che li hanno comprati e ne hanno fatto la loro prestigiosa sede, o di quelli che ancora sono gestiti dal comune e sono stupendi musei. E delle belle donne stuprate proprio non hanno nulla. Ma di cosa sta parlando, signora Fallaci?

E ancora: Un’ondata migratoria di persone che in un modo o nell’altro vogliono cambiare il nostro sistema di vita?

Sto dicendoti che, proprio perché è definita da molti secoli e molto precisa, la nostra identità culturale non può sopportare un’ondata migratoria composta da persone che in un modo o nell’ altro vogliono cambiare il nostro sistema di vita. I nostri valori. Sto dicendoti che da noi non c’ è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador.

Questa è un’altra cosa che mi fa letteralmente impazzire, questo parlare dei migranti musulmani, come di persone che dopo aver speso dieci milioni, testuale, per venire a deturpare l’Italia, avrebbero la pretesa di imporci il loro sistema di vita, i loro valori, e via offendendo. No, i migranti, nella loro stragrande maggioranza, non solo quelli musulmani, non hanno pretese se non quella legittima di voler vivere dignitosamente in un paese che li accolga dando loro un lavoro e un alloggio, esattamente quello che hanno desiderato in ogni epoca e in ogni tempo tutti coloro che per un’infinità di ragioni hanno dovuto lasciare la terra che li ha visti nascere, compresi i nostri migranti italiani, e non è assolutamente vero, come dice la signora,  che andavano solo in terre spopolate come l’America o l’Australia dove erano attesi e rispettati.

No, i nostri migranti si sono diretti anche in paesi europei molto ben popolati come l’Inghilterra, la Francia, la Svizzera, il Belgio, la Germania dove poveri e ignoranti com’erano non erano ben accolti, e dove non mancavano agli ingressi dei bar, e delle sale d’attesa delle stazioni, cartelli che avvisavano che l’ingresso non era consentito ai cani e agli italiani. 

E poi questo leit motiv che accompagna come un invisibile filo nero tutto il testo della Rabbia e l’orgoglio, la contrapposizione tra cultura occidentale che la inorgoglisce e l’emoziona e invece quella islamica che suppone povera, misera, limitata, per cui Averroè a parte, ma dimentica Avicenna e non solo, il mondo islamico non avrebbe apportato praticamente nulla alla cultura dell’umanità, e giù un gran riempirsi la bocca, mi par di sentirla, con Platone, Aristotele, Galilei e bla bla e la cupola del Brunelleschi, e il cognac che vuoi mettere col latte di cammella. 

Evidentemente la signora Fallaci conosceva molto poco e solo per sentito dire la cultura musulmana, e dubito che, show off a parte, fosse una profonda conoscitrice di quella occidentale, per cui per lei il tutto si ridurrebbe ad un mondo che si contrappone all’altro, e neppure per un attimo la sfiora l’idea di pensare a questa storia, alla storia umana, come a un unico mare alimentato e arricchito da mille fiumi, da mille pensieri e da mille storie che non confliggono, ma che vicendevolmente si arricchiscono.