Giù le mani dalle piazze No green pass, manifestare è un barlume di democrazia

Dopo mesi di cortei finalmente la stampa nazionale si accorge che c’è un grosso movimento di contestazione nei confronti del green pass e più in generale di come la pandemia è stata gestita politicamente per instaurare uno stato di emergenza permanente, ma lo fa per il motivo sbagliato.

Dopo aver derubricato per mesi cortei molto partecipati a cosa di poco conto, oppure di aver scavato per trovare e mettere in grande evidenza aspetti marginali della piazza, come possono essere uno striscione sguaiato o uno slogan più colorito, vediamo ora che le manifestazioni assurgono all’onore delle cronache dei TG e anche la politica si degna di esprimersi al riguardo. 

In realtà la politica, quella locale, si era già pronunciata, ricordo che dopo un corteo tenutosi a settembre a in un’importante città italiana, la segretaria cittadina del PD ebbe a dire di migliaia di uomini e donne in piazza, di lavoratori: ” Si tratta di una minoranza di estremisti, pericolosi e irresponsabili”, tant’è, questo è il livello dell’analisi degli apparatchik odierni.

Coi fatti di Roma si manifesta nella sua entità un problema noto: una politica esautorata dal suo ruolo che si risveglia dal torpore solo quando suona la campanella della ricreazione e può così tornare a svagarsi nel gioco che più le si addice, quello dell’eterna distrazione del fascismo e dell’antifascismo. 

Questo perchè da tempo ormai non esistono differenze sostanziali nè di cosmovisione né tantomeno di capacità di incidere sulle questioni di natura economica, la politica, ben conscia di questo, gioca sulle emozioni, per questo di gruppi come Forza Nuova l’establishment ha un disperato bisogno, così come ha bisogno di continue emergenze.

Ed è così che prima delle elezioni regionali del 2020 sembrava esistesse un’emergenza nazionale fascismo, sono spuntate le sardine e i sindaci italiani facevano a gara a concedere cittadinanze a Liliana Segre, fino a quando non è arrivata un’emergenza formidabile, quella causata dal Covid ed il fascismo è andato in soffitta per un po‘, ora la gente è sfinita e l’emergeza perde la sua sacralità venendo messa in discussione, ecco allora tornare in salvifico fascismo. 

Il nero sta bene su tutto e così copre perfettamente il tradimento della CGIL nei confronti del lavoratori e la grande ammucchiata che da Speranza a Salvini passando per Di Maio, Renzi e Berlusconi avvalla tutto ciò che decide un banchiere paracadutato a Palazzo Chigi dalle banche.

Tutti attendono come manna dal cielo i miliardi del PNRR (nuovo debito per il paese), per questo i governatori del Nord tengono a bada un Salvini che morde il freno e Landini si scioglie nel caldo abbraccio di Draghi. 

La politica emergenziale annulla la dialettica democratica, così come affossa la centralità del voto, lo ha capito la maggioranza degli italiani che a queste ultime amministrative si è astenuta, ma quello di manifestare, di riunirsi in piazza, resta uno dei diritti cardine garantiti dalla nostra Costituzione. Pretendere di limitarlo utilizzando la scusa dei disordini di sabato è un attacco alla democrazia. 

In piazza in questi mesi e compreso quest’ultimo sabato c’erano decine di migliaia di persone che hanno a cuore la libertà, che si vedono colpite nel proprio diritto a lavorare, a studiare, a muoversi, a vivere, trattati come potenziali minacce in conseguenza di un’approccio che non ha nessun fondamento scientifico e che scelgono di manifestare pacificamente le proprie idee, questo andrebbe riconosciuto da chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale. 

Le accuse di complicità verso gruppi assolutamente minoritari e violenti sono semplicemente ridicole, si tratta di un movimento spontaneo, trasversale, che non ha una linea di comando gerarchica, che non può essere monopolizzato da nessuno. 

Anche le accuse di ingenuità a carico dei manifestanti formulate con supponenza dai politici di mestiere, dagli attivisti di professione e di lungo corso sono il sintomo di una profonda incomprensione delle basi del vivere democratico.

La democrazia non dev’essere il regno delle elites organizzate e tantomeno è richiesto un patentino per avere il diritto di manifestare le proprie idee. Chi scende in piazza non ha il dovere o la responsabilità e nemmeno la possibilità di verificare le idee politiche di tutti coloro che condividono quella piazza.

Capisco anche che sia un concetto difficile da comprendere per i professionisti della piazza, per coloro che sono abituati a marcare il territorio con bandiere del partito o del proprio sindacato, che sono avvezzi a sgomitare per lo spazio sul palco, ma si vede che in queste piazze i professionisti non ci sono, sono tutti comodamente seduti dall’altra parte. In ogni caso molti di quelli che oggi parlano hanno dimenticato Genova e altri non si erano accorti quarant’anni fa di manifestare affianco a gente che poi andava a sparare.

Il compito di prevenire eventuali atti di violenza spetta alle forze di polizia che in queste piazze hanno sempre una presenza ingente. Le forze dell’ordine sono chiamate non solo a prevenire e gestire episodi di violenza di alcuni manifestanti, ma anche a proteggere i manifestanti da aggressioni esterne e salvaguardare il diritto di manifestare dalle azioni di infiltrati e violenti. 

Come mai se Castellino di Forza Nuova ha annunciato dal palco l’intenzione di “assediare la CGIL” la polizia non ha predisposto un cordone a presidio della sede sindacale?

Non è ammissibile che si pensi a limitare i cortei piuttosto che a questionare l’operato del ministro dell’Interno Lamorgese.