Nel suo recente editoriale, Il Giornale ha dimostrato ancora una volta una sorprendente miopia giornalistica, ignorando fatti documentati e confermati a livello internazionale, concentrandosi invece su una narrazione distorta e faziosa a favore di Israele. In particolare, il suo attacco contro la professoressa di Storia delle teorie del cinema presso UniBo che ha avuto il coraggio di difendere il popolo palestinese e criticare l’occupazione israeliana non è solo ingiustificato, ma dimostra una totale – forse voluta e maliziosa – mancanza di comprensione delle dinamiche reali del conflitto israelo-palestinese.
Partiamo da un fatto incontestabile: la resistenza palestinese. Quella che viene spesso definita “terrorismo” dai media filo-israeliani come Il Giornale non è altro che una lotta legittima di un popolo contro l’occupazione. È essenziale ricordare che la resistenza armata è riconosciuta dal diritto internazionale quando un popolo lotta per la sua autodeterminazione. È facile da una comoda poltrona occidentale bollare la resistenza palestinese come terrorismo, ignorando decenni di occupazione illegale, espropri di terre, insediamenti illegali e violazioni sistematiche dei diritti umani.
Lo stupro come arma di guerra: chi sono i veri colpevoli?
Il Giornale ha tentato di minimizzare, se non addirittura ignorare, le testimonianze sempre più numerose di crimini commessi dalle forze israeliane, inclusi stupri e violenze sessuali contro palestinesi. A differenza delle accuse vaghe e poco supportate di stupri attribuiti ai palestinesi, i crimini commessi dalle forze israeliane sono stati documentati in modo chiaro, con video verificati, testimonianze dirette e rapporti di organizzazioni internazionali. Il caso della violenza sessuale brutale avvenuta nel centro di detenzione di Sde Teiman è solo uno dei numerosi esempi che mettono in luce l’uso dello stupro come strumento di sottomissione e umiliazione da parte delle forze israeliane.
Le immagini strazianti di prigionieri palestinesi violentati dalle guardie israeliane non sono invenzioni di propaganda, ma fatti confermati da video e testimonianze. Al contrario, le accuse di stupro contro i militanti palestinesi sono al meglio dubbiose, e non hanno trovato conferme altrettanto solide. Eppure, la stampa italiana continua a dare peso a queste accuse inconsistenti, mentre ignora o minimizza i crimini documentati commessi da Israele.
Israele e il suo regime di apartheid
Difendere Israele come una “democrazia” diventa sempre più difficile quando ci si confronta con la realtà del suo regime. L’occupazione militare, l’esproprio delle terre palestinesi e la violenza sistematica contro i civili non sono aspetti marginali o occasionali: fanno parte di una strategia ben precisa di sottomissione e controllo che Israele porta avanti da decenni. Il rapporto della Commissione d’Inchiesta dell’ONU pubblicato nel giugno 2024 conferma che Israele ha commesso crimini di guerra, inclusi omicidi, torture e trasferimenti forzati. Eppure, nei media occidentali, questi crimini vengono spesso trattati come note a margine, mentre si continua a demonizzare la resistenza palestinese.
Inoltre, la pratica dello stupro non è solo un’azione criminale, ma una tattica di guerra volta a umiliare e dominare l’altro, come confermato da numerose testimonianze di prigionieri palestinesi. L’uso di violenze sessuali contro i detenuti palestinesi da parte delle forze israeliane è descritto non solo nei rapporti di B’Tselem, ma anche da organizzazioni internazionali come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR), che ha recentemente pubblicato documenti a sostegno di queste affermazioni.
Il silenzio dei media italiani e la narrazione distorta
Mentre il mondo guarda con crescente orrore ai crimini commessi contro i palestinesi, i media italiani come *Il Giornale* preferiscono volgere lo sguardo altrove, costruendo una narrazione che oscura i fatti e sposta il focus sulle presunte colpe della resistenza palestinese. Questa manipolazione della realtà è particolarmente pericolosa, poiché contribuisce a giustificare le azioni criminali di uno Stato che continua a violare il diritto internazionale con impunità.
Il Giornale, nel suo tentativo di difendere Israele, non solo ignora queste violazioni, ma attacca anche chi ha il coraggio di denunciare queste ingiustizie. La professoressa criticata ha semplicemente esposto una verità che molti non vogliono sentire: Israele, in qualità di occupante, ha responsabilità enormi per il ciclo di violenza che continua a devastare la Palestina. Attaccare chi denuncia questi crimini, invece di concentrarsi sui veri colpevoli, è un tradimento della missione stessa del giornalismo.
La resistenza palestinese è legittima
Difendere la resistenza palestinese non significa sostenere la violenza indiscriminata, ma riconoscere il diritto di un popolo oppresso a difendersi. Il diritto internazionale è chiaro su questo punto: un popolo occupato ha il diritto di resistere, e le azioni della resistenza palestinese vanno viste in questo contesto. D’altra parte, le azioni di Israele sono sistematiche, pianificate e rivolte a perpetuare un sistema di occupazione e apartheid.
Non possiamo continuare a ignorare i crimini commessi in nome della “sicurezza” di uno Stato che, da decenni, pratica politiche di oppressione, segregazione e violenza contro un intero popolo. La verità, per quanto scomoda possa essere per alcuni, è che Israele è un regime coloniale che utilizza la forza bruta, inclusi crimini sessuali, per mantenere il controllo su una popolazione privata dei suoi diritti fondamentali.
Invece di attaccare coloro che denunciano queste ingiustizie, come la professoressa, i media italiani dovrebbero fare il proprio lavoro e riportare la verità. Una verità che non è difficile da trovare, se solo si scegliesse di guardare oltre la propaganda e le narrazioni di parte. Israele deve essere ritenuto responsabile per i crimini di guerra che ha commesso, e la resistenza palestinese deve essere vista per quello che è: una lotta legittima contro un’occupazione ingiusta e illegale.