Sputo d’odio sul cadavere di un pontefice: la degenerazione sionista italiana arriva fino alla dissacrazione della morte di Bergoglio

Nel giorno in cui il mondo intero si ferma per la scomparsa di Papa Francesco – uomo di pace, di parola, di dialogo – una frangia estremista e sionista infanga la memoria, l’umanità e la coscienza. Non è solo odio: è strategia. È il volto scoperto del fanatismo israeliano in Europa, ed è tempo di chiamarlo per nome: terrorismo ideologico sionista.

Nessun rispetto per la morte, nessuna umanità per un anziano deceduto. Solo rabbia, livore, propaganda. A gettare benzina sul rogo ideologico è il gruppo Israele Senza Filtri, che conta migliaia di membri e che già fu al centro di un’inchiesta esplosiva pubblicata da La Luce News, che ne ha documentato i contenuti tossici, l’incitamento all’omicidio e i collegamenti con figure pubbliche italiane ed israeliane.

Un veleno a cielo aperto

Il gruppo Telegram Israele Senza Filtri, amministrato da Dario Sanchez e Mikael Sfaradi — rispettivamente fotografo con doppia cittadinanza italo-israeliana e giornalista attivo su testate italiane — non ha atteso nemmeno un’ora dalla notizia della morte del Papa per riversare disprezzo e dileggio. “Morto un Papa se ne fa un altro”, scrive il direttore, mentre altri membri ironizzano sull’aspetto fisico del defunto Pontefice, sulla sua empatia verso i palestinesi, e arrivano persino a evocare l’inferno come sua destinazione.

Questi messaggi non possono essere archiviati come provocazioni satiriche. Non sono opinioni, né espressioni di cordoglio controverso: sono contenuti chiaramente riconducibili a propaganda d’odio, diffamazione religiosa e, in alcuni casi, aperto incitamento alla violenza e alla disumanizzazione.

La disparità di trattamento è evidente. Se contenuti simili — a parti invertite — fossero stati pubblicati da un gruppo islamico all’indirizzo di un rappresentante ebraico, le reazioni istituzionali e mediatiche sarebbero state immediate e severe: denunce, chiusure, procedimenti legali, condanne unanimi.

Perché allora questo gruppo continua ad agire indisturbato?
Perché l’estremismo sionista ha imparato a travestirsi da legittima difesa, a nascondersi dietro le formule della libertà d’opinione, a fare leva su una retorica vittimistica sistematica che sterilizza ogni critica e paralizza ogni reazione.

Ma la libertà d’espressione non può diventare scudo per l’odio, né tantomeno lasciapassare per l’oltraggio ai morti, alla dignità umana, e alla convivenza civile.

Dal Papa all’attivista: nessuno è al sicuro

Lo stesso gruppo, già noto per aver lanciato un sondaggio su Telegram in cui si chiedeva agli iscritti se i servizi israeliani dovessero assassinare “supporter pro-pal” in Europa, oggi insulta un capo spirituale che ha osato piangere i bambini di Gaza. Papa Francesco – colpevole, a loro dire, di “aver rotto i coglioni” con le chiamate alla parrocchia cristiana di Gaza. Colpevole di empatia. Colpevole di compassione. Colpevole di umanità.

Nel gruppo -ricordiamolo – si invocavano pochi mesi fa “cecchini sui tetti”, “ripulisti in Europa”, si denigrano giornalisti e attivisti, si gioisce per pestaggi (come quello a Chef Rubio), si insultano artisti come Ghali, si minacciano figure pubbliche che chiedono il riconoscimento della Palestina, come Alessandro Di Battista. Cecilia Parodi, scrittrice e attivista, che venne apertamente minacciata di morte.

L’Italia connivente, il giornalismo muto

Non si tratta di Ebrei – loro che nulla hanno in comune con gli insegnamenti di Mosè, Davide, ed Isaia. Si tratta di Israele (paese da cui Sfaradi e Sanchez operano la loro psy-ops). Si tratta del sionismo estremista, che ha usurpato identità, religione e umanità per trasformarle in strumento di dominio, insulto, sterminio culturale e morale.

Chiunque oggi, in Italia, rifiuti di denunciare questa realtà, è complice.

La morte di un Papa, qualunque siano le opinioni sul suo pontificato, dovrebbe rappresentare un momento di sospensione, un’occasione per il silenzio, per la riflessione, per un rispetto che trascende le appartenenze. Invece, per il gruppo Israele Senza Filtri, si è trasformata nell’ennesimo pretesto per diffondere insulti, sarcasmi e livore ideologico.

Non si tratta di una semplice mancanza di tatto. È l’espressione strutturale di un odio elevato a sistema, sacralizzato, autorizzato e diffuso con metodo. Un odio che non tollera la pietà, che demonizza chi piange le vittime civili palestinesi, che trasforma la denuncia dell’occupazione o della violenza in un atto sospetto da colpire e zittire.

È proprio per questo che non si può tacere.

Perché dietro le battute si celano minacce. Dietro i meme e i sondaggi, una pedagogia dell’intimidazione. Dietro ogni chat condivisa si intravede l’ombra lunga delle liste, delle denunce preventive, della costruzione di un “nemico interno” da neutralizzare.

In questo scenario, il giornalismo che si rispetti non può rifugiarsi nella neutralità. Deve scegliere da che parte stare. Deve accendere i riflettori, non abbassarli. Deve alzare la voce quando altri vorrebbero che si tacesse. Deve scrivere con fermezza, anche quando il linguaggio brucia.

Oggi questo dovere si impone con urgenza:
basta complicità, basta impunità, basta estremismi travestiti da opinione.

E a chi deride la morte di un uomo che ha cercato di tenere viva la fiamma dell’umanità anche nelle tenebre più fitte, occorre ricordare una verità ineludibile: anche le loro ceneri, un giorno, saranno vento.

Il vomito testuale del sionismo italiano: cosa hanno davvero detto

A dimostrare l’estremismo del gruppo di sionisti italiani sono dunque le parole – vere, pubbliche, firmate – dei membri del gruppo Telegram. Non si tratta di illazioni. Non si tratta di interpretazioni. Si tratta di prove dirette, visibili, documentate.

Ecco come si sono espressi, a cadavere ancora caldo, i fanatici del gruppo:

In questo modo la direzione del gruppo manifesta un odio senza dignità, una bestemmia laica contro il concetto stesso di rispetto umano. Il Papa non viene neppure citato con il suo nome: è ridotto a un “vecchio”, spazzato via come spazzatura nella logica del “se ne fa un altro”.

Ma la lista è lunga e fondata ovviamente in un’odio che ricorda il nazismo nei confronti dei palestinesi. La compassione per i palestinesi diviene una colpa, e viene insinuata un’accusa blasfema contro la Natività stessa. Chiaramente si va oltre il dissenso politico arrivando al terrorismo simbolico ed ideologico, nel tentativo di sabotare ogni ponte fra le fedi.

Si arriva poi a definire “imam” il Papa con la chiara intenzione di insulto, delegittimazione, disumanizzazione. È un’accusa settaria, un anatema ideologico che svela la pulsione razzista islamofoba dietro la retorica di questo gruppo.

 

I commenti cinici, sadici, sprezzanti. La morte del Papa viene celebrata con giochi di parole da necrofili ideologici. Nessuna compassione. Solo veleno.

“Chi è il prossimo che Vance va a visitare?” e poi “Speriamo vada in Iran e incontri un po’ tutti :).” Queste minacce mascherate da ironia sono uno stilema retorico usato nelle mafie, nei regimi, nei gruppi terroristici. Si chiama “avvertimento”. Questo gruppo lo fa pubblicamente.

Condanne escatologiche, lanciate con la stessa sicurezza con cui si giudica un criminale. Ma il Papa non è stato processato. Il Papa è stato insultato da vivi, calpestato da morto, da chi si arroga il diritto di decidere chi entra in paradiso. 

Il linguaggio è volgare, ma la sostanza è ancora peggiore: la riduzione del Papa a un “fastidio personale”, equiparato ad agenti storici dell’antisemitismo  secondo la loro retorica, mentre viene deriso per la sua compassione verso i palestinesi.

 

Quanto emerso nel gruppo Israele Senza Filtri non appartiene al campo delle opinioni legittime, né può essere derubricato a provocazioni isolate. Le frasi pronunciate — pubbliche, tracciabili, spesso accompagnate da consensi espliciti — delineano un linguaggio normalizzato dell’odio, condiviso, rilanciato, approvato. Si tratta di affermazioni gravi, sistemiche, che configurano una precisa ideologia di disprezzo.

Non siamo di fronte a eccessi da moderare. Siamo davanti a una forma compiuta di degenerazione morale e culturale. Una visione del mondo in cui la morte di un pontefice è occasione per sarcasmi, ingiurie e rivendicazioni ideologiche. In cui la compassione viene dipinta come colpa, e il lutto diventa pretesto per riattivare la propaganda.

A chi sa leggere, è evidente: questo è fanatismo. È estremismo travestito da discussione. È una strategia dell’intimidazione emotiva, che mira a delegittimare ogni dissenso, anche postumo.

Israele Senza Filtri non è solo un gruppo Telegram: è il terminale comunicativo di un estremismo sionista che ha perso ogni contatto con l’etica e la misura. Un aggregatore di retoriche violente che si nutre di disprezzo per l’altro, in particolare se palestinese, musulmano o semplicemente empatico.

Denunciarlo non è una posizione politica, è un dovere civile.

Perché chi ride della morte di un uomo di pace, chi trasforma il lutto in occasione per l’odio, si colloca fuori da ogni orizzonte di civiltà.