Una nuova ricerca suggerisce: la gravità come algoritmo in un universo simulato

Immaginate un universo “pigro”. Un universo che, come noi alla fine di una giornata lavorativa, cerca di mettere in ordine la scrivania per non impazzire. Ecco, secondo una recente ricerca pubblicata su AIP Advances dal fisico Melvin Vopson, la gravità — quella misteriosa attrazione che fa cadere le mele e tiene insieme le galassie — non sarebbe una “forza” nel senso classico, ma qualcosa di molto più sottile: un algoritmo per ottimizzare lo spazio.

Da Newton al codice sorgente
La teoria non è solo un’idea: le equazioni di Vopson mostrano che la legge di gravità di Newton (quella con la G, le masse e la distanza al quadrato) emerge naturalmente da questo meccanismo di ottimizzazione. Se lo spazio fosse una griglia di pixel, come in un videogioco, spostare un oggetto verso un altro ridurrebbe i pixel occupati, semplificando i calcoli. Ecco perché tutto cade verso il centro: è il sistema più efficiente.

Un’idea che richiama il lavoro di Erik Verlinde, che nel 2011 definì la gravità una “forza entropica”. Ma c’è una svolta: per Vopson, l’universo non solo segue regole, ma le aggiorna in tempo reale, come un software che si ottimizza da solo.

Il mistero delle simmetrie (e dei buchi neri)
Lo studio svela anche perché l’universo pullula di forme simmetriche: stelle, fiocchi di neve, cristalli. La simmetria, spiega Vopson, è un modo per risparmiare energia computazionale. Una forma simmetrica richiede meno informazioni. In sostanza, è come disegnare un cerchio invece di una nuvola: serve meno codice.

Persino i buchi neri avrebbero un ruolo: secondo la teoria, sono gli zip file del cosmo, pacchetti supercompatti dove l’informazione viene stipata all’estremo.

Domande scomode: chi ha scritto il codice?
C’è chi si spinge oltre: se l’universo obbedisce a logiche da software, chi è il programmatore? Le leggi fisiche sembrano istruzioni di un codice. Perché? Se da un lato la filosofia pullula di argomentazioni e riflessioni in proposito, la comunità scientifica resta in attesa di ulteriori prove sperimentali parlando di ipotesi affascinante – promossa anche da personaggi come Elon Musk. Se confermata, però, rivoluzionerebbe il metodo scientifico contemporaneo: dalla cosmologia all’intelligenza artificiale.

Cosa ci insegna questa teoria?
Il lavoro di Vopson ricorda una verità semplice: l’universo è elegante. Non spreca energie, non fa mosse inutili. E se fosse davvero un sistema che si auto-organizza per restare efficiente dal punto di vista computazionale, allora forse abbiamo solo scalfito il suo manuale d’istruzioni. La bellezza della fisica – del resto – è che più scopriamo, più troviamo risposte scritte nel linguaggio della matematica. Dobbiamo solo imparare a leggerle.

O, forse, a decomprimerle.