Draghi l’uomo della provvidenza bancaria e la democrazia sotto tutela

Il 25 luglio del 1943, Benito Mussolini il Duce, a seguito del voto del Gran Consiglio del Fascismo, ma di fatto vittima di un colpo di Stato ordito dalla monarchia sabauda, fu fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III, quello stesso piccolo re- piccolo in tutti i sensi- che una ventina circa di anni prima, il 30 ottobre del 1922, lo aveva nominato presidente del Consiglio, dando così inizio al ventennio della dittatura fascista. 

Nell’Italia attuale, l’Italia di questi caldissimi giorni del luglio del 2022, le analogie con quegli anni tragici non sono del tutto assenti, anche se grazie a Dio siamo ben lontani da quella catastrofe epocale che fu per il nostro paese la seconda guerra mondiale. Però, allora come oggi, è un uomo della provvidenza a cadere. 

L’attuale uomo della provvidenza, metaforicamente pugnalato in parlamento da alleati rivelatisi infidi e vendicativi, si chiama Mario Draghi, e di professione, prima di essere prestato alla politica, faceva il banchiere. Non un banchiere qualsiasi, ma il rappresentante e l’agente di potentissime entità finanziarie: Goldman & Sachs, Banca d’Italia, BCE. 

Mario Draghi non è certo un dittatore in orbace osannato da masse oceaniche; non calza stivali di cuoio, non rotea e non strabuzza gli occhi magnetici mentre dà sfogo ad un’oratoria rimbombante e ridondante. No. Nulla di tutto questo. 

Mario Draghi veste in scuro o in grisaglia, le sue cravatte hanno colori e toni piuttosto sobri, le sue camicie sono rigorosamente bianche, e la sua oratoria e la sua gestualità nulla hanno a che fare con quelle di colui che fu il Duce del Fascismo. Siamo nel 2022, tanto tempo è trascorso dagli anni del secondo conflitto mondiale, ci mancherebbe. 

Tuttavia, dicevamo, le analogie non mancano. L’attuale presidente del Consiglio dimissionario è stato ed è oggetto di culto. Nei suoi confronti le iperboli si sono sprecate e si sprecano: un gigante, l’uomo del whatever it takes, il salvatore dell’Euro, super Mario, l’italiano più rispettato al mondo e via cantando. 

E ora che il suo addio almeno momentaneo alla politica sembra certo, qualcuno si è spinto a dire che senza di lui questa terribile siccità continuerà, e pare che addirittura i clochard del bel paese insieme a migliaia di sindaci avrebbero voluto farlo rimanere al suo posto. Insomma, roba che a ben pensare, poco ha da invidiare a Kim Jo Un e alla sua Corea del Nord. 

Oddio, in effetti l’uomo una sua caratura importante ce l’ha, e senza dubbio è un conoscitore dei meccanismi più profondi che stanno alla base del mondo moderno e lo fanno funzionare: la finanza e le sue alchimie innanzitutto. 

La prima e la più importante, l’architrave principale di queste alchimie, è il denaro che, senza passare per la produzione e per il lavoro, come per magia, produce altro denaro. La finanza nella sostanza è questo, e Mario Draghi ne è un gran sacerdote. 

Molto significativo è il fatto che nell’Italia contemporanea, dopo la fine della prima Repubblica e dei partiti che ne furono protagonisti, alcuni governi tra quelli che si sono succeduti da allora siano stati presieduti da uomini che, come Mario Draghi, provenivano dal mondo delle banche e della finanza: Lamberto Dini, Carlo Azeglio Ciampi, Mario Monti. Ciampi sarebbe poi diventato anche presidente della Repubblica, carica alla quale, non è un mistero, anche l’ex presidente della BCE aspirava e forse ancora aspira. 

L’Italia, ci viene ripetuto senza sosta, quasi ossessivamente, sui principali media, è un paese democratico, con un parlamento e una costituzione, anche questo ci dicono, la più bella del mondo. 

Ma è veramente democratico e libero un paese che ha bisogno della tutela dei grandi potentati economici? Già, perché in un paese democratico, almeno in teoria e forse anche in pratica, dovrebbe essere il popolo attraverso i suoi rappresentanti, non le banche, ad esercitare il potere. 

Ora, sciolte le camere, ecco incombere le elezioni. Elezioni che, almeno a sentire il tam tam mediatico, dovrebbero tenersi a fine settembre, al massimo ai primi di ottobre. I musulmani si troveranno così di fronte ad un nodo non facile da sciogliere. Votare? E se sì, per chi votare? 

Queste elezioni seguono ad anni in cui siamo stati investiti dalla pandemia di Covid19 e dal febbraio di quest’anno, dall’orrenda guerra tra Russia e Ucraina. Nella gestione della pandemia i governi che si sono succeduti hanno dato prova di uno spirito autoritario inquietante e di una totale e acritica sottomissione ai voleri della grande industria farmaceutica. Per quanto riguarda la guerra, l’Italia si è schierata totalmente e senza la minima esitazione dalla parte della Nato, tanto da essere specularmente paragonata ad una Bielorussia occidentale. 

La sinistra, che tale è rimasta solo di nome, nei fatti si fa sostenitrice di un Mondo Nuovo, in cui aborto, femminismo e omosessualità sdoganata e promossa ne costituiscono i principali punti caratterizzanti. La destra invece non riesce ad uscire dagli stereotipi della paura del migrante e dell’Islam.  Davvero non sarà facile recarsi alle urne e decidere per il meno peggio.