Il femminismo di De Beauvoir come nemesi marxista. Il “Secondo sesso” e “l’invitée” rivisitati

Avventurarsi nei meandri de Il Secondo Sesso della madre del femminismo Simone De Beauvoir non è come lo si può immaginare. Il testo, pubblicato nel 1949, rappresenta una vera e propria ‘bibbia’ del femminismo filosofico e apre un’interessante finestra sul pensiero di De Beauvoir caratterizzato non tanto da dure e crude argomentazioni formali bensì da una esposizione intuitiva e piena di emozione che nonostante i suoi pregi e forza retorica lascia lo spazio anche a molti punti di criticità. 

I punti positivi de Il Secondo Sesso

Il testo di De Beauvoir non manca di spunti propositivi e basati sui fatti come la scarsa sensibilità della sua società nei confronti dei bisogni sessuali femminili all’interno del matrimonio, alla critica contro le “showgirl” del mondo dello spettacolo usate come specchietto per le allodole che De Beauvoir però assoggetta in modo ideologico agli uomini piuttosto che al sistema capitalista borghese. 

De Beauvoir sviluppa in modo interessante anche la componente economica vista come strumento di tutela per la donna. In passato le donne che entravano in una relazione matrimoniale si ritrovavano economicamente dipendenti dal marito. Anche nei rari casi in cui avveniva il divorzio, il rischio per la donna era di essere negativamente considerata e di non avere alcun ammortizzatore economico che la potesse proteggere in seguito. A ciò vi è da aggiungere sicuramente il fatto che la componente economica è solo una parte della questione, è più importante infatti  parlare di leggi che tutelino le donne. 

È utile anche ricordare che nonostante l’autrice consideri questi problemi come comuni a tutte le donne, la sua descrizione fa più riferimento a quelle della sua società e del suo contesto. In altre civiltà come quella islamica, ad esempio, le leggi e le misure economiche a tutela della donna sono state storicamente molto più forti e non esisteva la demonizzazione del divorzio come nella società occidentale.

La genesi della mitologia femminista

Non è tutto oro però quello che luccica. Per la De Beauvoir le donne sono un soggetto non autonomo e non autosufficiente e che, a suo dire,  si sono realizzate  storicamente realizzate solo attraverso l’uomo. Non esiste una struttura gerarchica fra uomo e donna e le naturali differenze psicofisiche, che in passato sono risultate in ruoli sociali, sono state cristallizzate dagli uomini in legge. De Beauvoir va oltre affermando che le differenze biologiche non hanno nessun impatto sulle gerarchie e negando che qualsiasi altra specie abbia trasformato le differenze biologiche in gerarchie sociali.

Questi primi punti sono fondamentali perché saranno la base epistemica su cui De Beauvoir costruirà il suo j’accuse nel Secondo sesso. Non è complicato notare già alcune criticità: a questo punto De Beauvoir non definirà il concetto di “realizzazione” lasciandolo vago. Questa vaghezza contribuisce a rendere il suo pensiero relazionabile con l’esterno ma al contempo apre le porte ad ambiguità come vedremo più avanti nella nostra riflessione.

Inoltre De Beauvoir immagina eventi storici creando, come con il caso del mito dello Stato di Natura, una vera e propria mitologia del femminismo. Senza un reale fondamento storico accademico lei immagina – e presenta come fatto storico – una situazione pseudo-storico (o sarebbe meglio dire metastorica) in cui gli uomini maliziosamente fin dall’alba dei tempi hanno creato leggi basate sulle differenze biologiche per definire i ruoli sociali. Questa mitologia si estende anche al funzionamento del regno animale in cui per l’autrice non esistono gerarchie dettate da differenze biologiche. Questo rappresenta una metastoria mitologica che non trova riscontro con la realtà – basti pensare a come la dimensione biologica in natura rappresenti,  secondo la scienza, un importante driver per la definizione delle gerarchie sociali nel regno animale – ma che ha una forte valenza narrativa.

Sempre sulla linea della metastoria mitologica De Beauvoir afferma che fin da sempre l’adulterio delle donne è stato punito dagli uomini per controllare la sessualità femminile. Mancano i dati storici per analizzare come fosse costituita nel dettaglio la società umana ai suoi albori ma analizzando testi importanti che hanno condizionato la nostra società odierna come la Bibbia vediamo invece che l’adulterio e la fornicazione vengono considerati come atti fortemente immorali sia se compiuti dall’uomo che dalla donna. Ancora una volta questo espediente narrativo da parte dell’autrice ha l’obiettivo di aumentare il carico epistemico fino al culmine dell’argomentazione nel testo.

La metanarrativa di De Beauvoir raggiunge poi un punto importante e controverso. L’autrice infatti menziona Sparta come esempio virtuoso in cui la parità fra uomini e donne viene realizzata grazie all’impostazione totalitaria statale che ha dunque la forza di imporre strutture societarie dall’alto. Per De Beauvoir questo è positivo in quanto contribuisce a subordinare al potere statale tutti i cittadini in modo equo. Non si considera però il rischio che comporti tale potere concesso all’entità governativa.

La mitologia debeauvoiriana è ricca nel Secondo Sesso, divenendo a tratti quasi complottistica e misandrica immaginando, ad esempio, che la donna sia da sempre stata simbolo delle paure dell’uomo, e che l’uomo abbia da sempre creato maliziosamente miti e storie per controllare le donne.

La chiave di lettura marxista

La componente ideologica si inizia poi a farsi sentire sempre più. Per l’autrice il padre di famiglia è l’unico ad avere un ruolo importante in virtù del denaro che guadagna con il lavoro. In una visione marxista al contrario – il marxismo era infatti un aspetto integrale dell’orientamento dell’autrice – il valore dell’individuo dipende strettamente dal profitto e dal suo valore nel mercato. Per De Beauvoir la figura della madre è considerata inutile proprio perché incapace di produrre profitto.

Per De Beauvoir le donne vengono cresciute pedagogicamente solo in vista del matrimonio ed il valore della donna e dei suoi percorsi educativi è legata esclusivamente all’aumento del suo valore come sposa. Questa visione pecca però di occidentalismo ignorando la relazione tra educazione e donne che troviamo in altre civiltà. In quella islamica, ad esempio, l’educazione prescinde dalla relazione matrimoniale ed è radicata invece nella crescita dell’individuo come agente etico e morale nel mondo e come vicario di Dio sulla Terra, uomo o donna che sia.

Secondo l’autrice  il naturale interesse delle donne su temi considerati propriamente “femminili” è completamente dipendente da costrutti sociali e non da qualche “essenza” intrinsecamente femminile che hanno le donne. Ancora una volta ci ritroviamo di fronte ad un nocciolo importante. Questa visione non basata su prove scientifiche dipende dall’aderenza di De Beauvoir all’esistenzialismo di Sartre, suo compagno di vita. Per Sartre infatti “l’esistenza precede l’essenza”, che, in breve, significa che non esistono valori o morali oggettivi che possano determinare l’azione nel mondo degli individui. È l’individuo a determinare la propria personale teleologia nel cosmo ed agire di conseguenza. 

Un altro elemento interessante del Secondo Sesso che spiana la porta ad una chiave di lettura misandrica del testo di De Beauvoir è quella che vede l’autrice affermare che solo le donne sono spinte a conformarsi al desiderio maschile. Le ricerche scientifiche oggi dimostrano invece che nella specie umana è principalmente la femmina a scegliere il proprio partner valutando alcune caratteristiche chiave ed in modo molto severo. La visione socio-filosofica più conservatrice a riguardo è quella secondo la quale sia le donne che gli uomini subiscano una forte pressione sociale per conformarsi al desiderio del sesso opposto. Dove però le caratteristiche preferite dalle donne negli uomini sono stabilità economica, forte competitività, e forza fisica, per gli uomini si tratta principalmente di bellezza e agreeableness psicometrica (cioè la piacevolezza piuttosto che la forte competitività).

Sempre in quest’ottica, solo la donna ha aspettative fantastiche sulla vita matrimoniale mentre l’uomo viene dipinto in chiave hegeliana come l’Altro ed in particolare la “nemesi” libero dalle sfide interiori che affrontano anche le donne e dunque con cui è impossibile empatizzare. Sarà questo a portare De Beauvoir a teorizzare una visione di classe per distinguere le donne da un lato nel ruolo del lavoratore marxiano contro gli uomini nel ruolo di borghese.

Decostruire e controbilanciare De Beauvoir

Le ricerche mostrano che la visione di De Beauvoir non è fattuale ma piuttosto  ideologica. Sabatelli dimostrò già, ad esempio, che vi sono forti aspettative pre e post- matrimoniali sia per le donne che per gli uomini tale da risultare in:

“Un tipo di dilemma del corteggiamento. Nello specifico, sono proprio l’eccitazione e l’entusiasmo che gli individui provano per le loro particolari relazioni che li aiutano a risolvere qualsiasi ambivalenza sulla transizione al matrimonio.” (Ronald Sabatelli, Exploring marital expectations,1988).

De Beauvoir taglia corto su queste aspettative affermando che saranno deluse e che la famiglia non è nulla di realizzante. Cos’è dunque che può realizzare le donne? Qui il cerchio si chiude aprendo la porta per un finale a sorpresa: per De Beauvoir la realizzazione della donna è espressa nel lavoro salariato e nella produzione capitalistica.

La “Donna” viene considerata forzatamente come classe marxista in chiave misandrica. La lotta di classe marxista contro la borghesia diviene lotta delle donne contro l’uomo. Le donne che sono soddisfatte nel loro essere donne, mogli, madri sono in un certo senso traditrici, ipnotizzate dal sistema patriarcale e senza un’opinione valida. La contraddizione avviene nel momento in cui a questo approccio controverso De Beauvoir offre come soluzione la “servitudine” alla borghesia ed al capitalismo. 

Questa visione rappresenta una sorpresa perché l’influenza marxiana su De Beauvoir avrebbe dovuto portare alla conclusione opposta, e cioè a vedere nell’intrusione capitalistica un sequestro delle donne dalla famiglia alle fabbriche come strategia borghese mirata ad aumentare la forza lavoro ed il profitto. Per De Beauvoir invece tale finale è da preferire perché per l’autrice – in pieno stile borghese – è esclusivamente nella produzione capitalistica che la donna si può realizzare. L’autrice è categorica: la donna non può (non deve persino) trovare ragione di vita nell’essere madre e moglie mentre l’uomo lo trova nel lavoro capitalistico. 

Un ulteriore punto interessante è quello che vede De Beauvoir cimentarsi con l’analisi di una ricerca fatta in Renault ed in cui la maggior parte delle donne affermò di preferire il prendersi cura della famiglia piuttosto che lavorare in una fabbrica per quaranta ore la settimana. Beauvoir non dà la colpa alle stremanti condizioni del lavoro ed incolpa invece la famiglia. In questa visione quasi distopica la donna si realizza più a lavorare in una fabbrica di automobili piuttosto che prendersi cura dei figli e vederli crescere dotati di senso etico e buona disposizione d’animo. Meglio produrre profitto che produrre altri essere umani senzienti. La soluzione a questo “problema” per De Beauvoir è l’aborto e l’affidare i bambini allo Stato per far lavorare le donne.

Infine per De Beauvoir bisogna azzerare ogni differenza fra uomo e donna e portare i due ad essere autonomi. Questo, si potrebbe argomentare, è l’inizio della visione costruzionista del genere. L’esperienza e le ricerche mostrano piuttosto che tutti dipendiamo dal prossimo, che le relazioni umane siano principalmente relazioni di dipendenza reciproca. L’uomo dipende dalla donna e la donna dall’uomo.

Tutti sulla stessa barca

Fuori dalla seducente narrativa dell’autrice de Il Secondo sesso, l’uomo non è una nemesi per la donna ma ha le sue aspirazioni, paure, timori, così come forze uniche a lui e così come la donna ha le sue. Il testo di De Beauvoir è un importante esercizio di riflessione sui diritti delle donne specificatamente in Occidente ma caratterizzato da elementi ideologici non trascurabili e che impattano la forza della sua argomentazione. È molto interessante anche la componente marxista che ironicamente viene utilizzata in chiave non antiborghese ma pro-borghese, pro-profitto ma ad un alto costo: la famiglia e l’affetto che da essa deriva così come il ruolo che ha ricoperto per millenni come fondamento e istituzione, un importante veicolo per l’umanità attraversando sfide enormi.

Nella vita dell’autrice l’aderenza a questa forma di proto-femminismo la porterà ad essere infelice. De Beauvoir, che era la compagna di Sartre, racconta nella sua autobiografia che per cercare di farlo contento assumesse spesso il ruolo di “donna di casa” pulendo per lui e considerandolo il suo superiore. De Beauvoir, che in chiave proto-femminista aveva accettato di essere in una relazione aperta con Sartre, era molto gelosa della situazione. Una parte del suo stress è espressa nel suo primo romanzo L’invitée in cu narra in modo romanzato la difficoltà di vivere in una relazione aperta e basata sulla sua situazione reale con Sartre. I personaggi del romanzo rappresentano una situazione di menage à trois fra Sartre (Pierre nel racconto), De Beauvoir (rappresentata da Francoise), e la diciassettenne Olga Kosakiewicz (che è rappresentata nel romanzo dalla giovane Xavier).  Francoise (De Beauvoir) ucciderà la donna esplicitando di desiderare una classica relazione piuttosto che la reazione aperta promossa dalla sua ideologia. 

Comparando  l’aspetto teorico del pensiero di De Beauvoir con quello pratico della sua vita e del risultato a cui l’aderenza al suo pensiero l’ha portata, la promozione di quella stessa ideologia da parte dell’autrice sembra più una vendetta contro tutte quelle donne che dalla famiglia riescono a sentirsi realizzate. Questa vendetta sembra ben riassunta da quella frase che ne L’invitée Francoise rivela a Gerbert affermando:

 “Adesso non ho più rimpianti, perché sento che le cose che non esistono per me non esistono assolutamente”.

L’ideologia che ha impedito a De Beauvoir di essere felice come donna diviene un’arma nelle sue mani: se lei non è potuta essere felice nessun altra può, assolutamente. Così il femminismo di De Beauvoir è simbolizzato dal gas che Francois aprirà segretamente in L’invitée  per far morire Xavier dolcemente nel sonno. Se lei non può avere Pierre nessun’altra lo avrà. Se lei non può essere felice nella famiglia e nel matrimonio nessun’ altra può esserlo.