40 anni dopo, il sindaco comunista di Roma Petroselli è più attuale che mai

Il 24 settembre a Roma, nella sala Protomoteca del Campidoglio, è stata inaugurata una mostra per i 40 anni dall’elezione a Sindaco della Capitale di Luigi Petroselli , dirigente del Partito Comunista Italiano. Benché pianificato per tempo debito l’evento sembrava rispondere anche alle dinamiche politiche di queste ultime settimane, da quelle dell’Unione Europea a quelle nazionali e capitoline. La qual cosa non è del tutto casuale ma dipende anche dall’analisi di fase, e dall’elaborazione di una conseguente proposta politica, su cui si sta lavorando nel cantiere di Patria e Costituzione, il nuovo movimento politico promosso dal deputato Stefano Fassina che è anche consigliere comunale del gruppo consiliare Sinistra X Roma che ha promosso l’evento. Ironia della sorte, Petroselli è stato un politico ed un sindaco sempre vicino ai lavoratori, e ieri c’era una manifestazione dei lavoratori che stanno per perdere l’impiego con lo stop dei lavori di scavo della Metro C di Roma. Il presidio cercava di impedire l’ingresso nella sede della partecipata al delegato del Comune, che era lì per dare il via libera alla liquidazione decisa dalla giunta Raggi. Quindi era un po’ un “Lavoratori VS Sindaco”. Stefano Fassina era sul posto con i lavoratori ed è stato tra le vittime della forzatura del blocco da parte della Polizia, finendo in ospedale.

Vediamo ora quali sono queste dinamiche in corso, e vediamo anche qual è oggi la posizione del centro-sinistra rispetto ad esse, visto che l’evento in questione riguardava l’esperienza amministrativa di un sindaco del PCI. E vediamo perché dopo 40 anni l’esperienza amministrativa di Luigi Petroselli può risultare ancora illuminante.

Il 20 settembre l’Unione Europea ha approvato una riprovevole mozione di revisionismo storico che equipara nazifascismo e comunismo, e che riduce quest’ultimo ai regimi dell’est sorti da Stalin in poi. La cosa è perfettamente in linea col pensiero unico neo-liberista che ha appianato ogni dinamica politica, essendo esso il pensiero guida dominante nel centro-destra come nel centro-sinistra. In un momento di crisi dell’europeismo, come quello in corso, questo pensiero unico tende ad aggredire la “concorrenza” e, tra le altre cose, questa mozione “invita” gli stati membri dell’Unione Europea a valutare l’opportunità di avere negli spazi pubblici i simboli che richiamano alle esperienze che il documento condanna, quindi simboli come la falce e il martello, cosi come promuove un’analoga “riflessione” sull’intestazione di strade e piazze a leader comunisti. Questa mozione ha trovato la solita larga intesa anche nei partiti italiani rappresentati nel parlamento Europeo, cioè la Lega, Forza Italia e il PD, e mostra come questo pensiero unico tema ogni pensiero alternativo capace di smascherare la sua vera natura e di analizzare la sua crisi in corso.

In Italia il nuovo Partito Renzi, magicamente nato già al governo, ha inevitabilmente alimentato nell’elettorato PD le solite vane aspettative di una svolta a sinistra. Prontamente, per ribadire che non vi sarà alcuna svolta, il PD ha imbarcato Beatrice Lorenzin (19 settembre). Il vice di Zingaretti, Andrea Orlando, aveva comunque già dichiarato “non torneremo quelli di Bandiera Rossa” (10 settembre). Poi è stato un po’ corretto il tiro della campagna acquisti con Laura Boldrini (24 settembre), che è comunque una figura compliant col pensiero unico di cui sopra, l’avete mai sentita parlare di lavoro?.

A Roma poi si vive una situazione paradossale. Il fu candidato a sindaco del PD Roberto Giachetti si è dimesso dal consiglio comunale di Roma in occasione del suo passaggio al Partito Renzi. Quel che resta del PD capitolino sta smettendo di puntare il dito contro la giunta Raggi in nome della neo alleanza di governo tra M5S e PD, che andrà in replica alle prossime elezioni regionali. Eppure le prime piogge di settembre hanno subito nuovamente evidenziato gli insuperati limiti strutturali della rete stradale (e fognaria) della Capitale, e questo è sempre stato un cavallo di battaglia di ogni opposizione in consiglio comunale, contro qualsiasi amministrazione, ma stavolta non per il PD. Lo stesso M5S ha smesso di dare la colpa di queste cose alle passate gestioni del “PD di mafia capitale”, nonostante gli ergastoli con cui la Corte d’Assise (24 settembre) ha accertato l’associazione mafiosa nel Municipio di Ostia, che fu commissariato quando era a guida PD. Solo col rimpasto di giunta comunale (26 settembre), per il quale il M5S non ha “aperto” alla nuova alleanza, il PD romano ha mostrato qualche mal di pancia che la direzione nazionale sta provvedendo a curare.

Infine poi ieri, sempre a Roma, l’episodio che ha visto Fassina coinvolto dalla carica della Polizia. Solo un paio di mesi fa si sarebbe gridato all’odio seminato da Salvini ed al clima pericoloso nel paese, ma ora al Governo c’è il PD, ed al Viminale c’è un Ministro in quota PD, Lamorgese, e Zingaretti si è limitato a dichiarare che la cosa “è molo grave, si faccia immediata chiarezza”, spostando quindi la mira dal Viminale agli agenti coinvolti nella forzatura del blocco dei lavoratori. Comunque ieri non era proprio la giornata adatta per la tenuta M5S-PD in Campidoglio perché ci sono state, per l’ennesima volta, le dimissioni in blocco del CDA della municipalizzata che gestisce i rifiuti nella Capitale, ed al PD (solo localmente) è toccato ricordarsi che è all’opposizione in Comune, ma senza uscire troppo dal Grande Raccordo Anulare che poi la questione rifiuti arriva alle competenze della Regione Lazio guidata da Zingaretti, oltre al fatto che in questo momento l’alleanza di Governo M5S-PD si sta presentando alle Elezioni Regionali in Umbria.

Riflettere oggi sulla figura di Luigi Petroselli, sul ruolo dei partiti collettivi e sulle contrapposizioni politiche, in un momento di contrapposizioni anche urbane a cui corrispondono large intese di ceto politico, può essere utile per provare ad uscire dal circolo vizioso in cui si muove il rapporto tra politica e cittadini. Quella di Petroselli era una visione di città unificata, ed il suo obbiettivo era quello di ridurre “non solo il tempo di percorrenza, ma anche il tempo mentale e il tempo culturale, tra via dei Fori Imperiali e la periferia, e tra la periferia e via dei Fori Imperiali”.

In una visione anche urbanistica di questo tipo non v’è contraddizione, ne conflitto, nel perseguire contemporaneamente il risanamento delle borgate e la salvaguardia del centro storico. A patto però che come Petroselli si lavori per la città e non per gli interessi privati. Fu sindaco per soli due anni, e mori pochi giorni dopo la sua rielezione, riuscendo ad essere comunque uno dei sindaci più amati dai romani. La sua popolarità non dipendeva solo dal suo essere stato un sindaco sempre vicino alle persone, ed ai lavoratori, ma anche dal suo precedente ed incessante lavoro sul territorio come esponente del PCI.

Esistono ancora politici capaci di essere così in empatia con le persone? Chi sarebbe in grado oggi di raccogliere questa eredità politico-amministrativa per invertire la rotta che a Roma è stata indicata dalla speculazione edilizia e dalla sperequazione sociale tra diverse aree urbane? In vista delle prossime elezioni amministrative, che ci saranno tra meno di due anni e che a Roma coincideranno con i 150 anni dal decreto che ne fece la Capitale del Regno d’Italia, ma che si terranno anche in città come Milano e Napoli, forse è il momento opportuno per porsi queste domande.

Nessun commento

Lascia un commento sull'articolo