Dietro lo schermo nero: perché siamo in piena emergenza da abuso di social network

Al giorno d’oggi più della metà della popolazione mondiale utilizza Internet, di questi, circa il 42% è attiva sui social network.

Essendo costruiti secondo modelli sempre più sofisticati e all’avanguardia, i social network hanno stravolto il nostro modo di agire e di comunicare, tant’è che ci risulta sempre più difficile farne a meno. 

Dal momento della loro invenzione quindi, i social network hanno acquisito grande popolarità e ciò perché rappresentano uno strumento unico e questo proprio per delle loro caratteristiche intrinseche che li differenziano da tutto il resto. 

I social network hanno contribuito alla creazione di un mondo in cui le persone cercano di essere diverse da ciò che sono realmente, una società in cui ciò che conta è quanto gli altri dicono di noi.  Lo scopo primario diventa quello di guadagnarsi più like e follower possibili e impegnarsi affinché questo “numero” non scenda.  

Ma cosa li rende così tanto irresistibili?

Greg Hochmuth, uno degli ingegneri che hanno ideato Instagram, si rese conto che stava costruendo una macchina da guerra, in grado di creare dipendenza. “C’è sempre un altro hashtag su cui cliccare. A un certo punto il sistema assume una vita propria, e diventa un’ossessione per le persone.” Facebook, Instagram, ecc., sono una voragine senza fine in quanto c’è sempre un nuovo post da guardare o cui mettere “mi piace”. Inoltre, a mano a mano che l’esperienza tecnologica viene migliorata e aggiornata, questa diventa sempre più irresistibile, tanto da trasformarsi in una dipendenza.

Le cause che spingono gli individui verso la dipendenza dai social vanno ricercate nelle caratteristiche intrinseche dei social stessi, tra cui ad esempio il meccanismo del rinforzo variabile il cui elemento importante è rappresentato dall’effetto sorpresa, in quanto se le persone sapessero esattamente quanti like potrebbero ottenere da ciò che pubblicano, perderebbero l’interesse.

Ad incrementare ulteriormente questo meccanismo vi è la dopamina, detta anche ormone del piacere e della ricompensa. Questa è un neurotrasmettitore rilasciato dal cervello durante le situazioni piacevoli e stimola perciò la ricerca delle attività che possono procurare piacere, come ad esempio mangiare il nostro cibo preferito, o ascoltare una buona musica. 

Un ulteriore aspetto da sottolineare è che la dopamina viene spesso attivata anche nel momento dell’anticipazione del piacere. Avere quindi uno smartphone in tasca significa essere perennemente di fronte al bancone dei dolci.

Inoltre, Il nostro cervello è in grado di proseguire in un’attività finché dei segnali esterni non gli mostrano la fine, ed è questo che ha dimostrato Brian Wansink, insegnante alla Stanford University e capo del Food and Brand Lab, mediante l’esperimento della “zuppa senza fondo”.

L’esperimento consiste nell’offrire una zuppa a 54 persone, il pasto era però truccato: 27 individui mangiavano in dei piatti truccati, che venivano riempiti continuamente di nascosto grazia a un sistema di tubi a mano a mano che il piatto veniva consumato. Il risultato mostra come gli individui ingannate abbiano mangiato il 73% in più rispetto agli altri.

Allargando questo esperimento ad altri campi, si può affermare che anche i social media sono come il piatto di zuppa truccato. L’utente passa sui social più tempo di quanto aveva previsto proprio perché i contenuti non si esauriscono mai. Anzi, anche nel momento in cui si entra sui social per guardare un contenuto, subito ne viene suggerito un altro e così via potenzialmente all’infinito, senza dare nemmeno all’utente il tempo di decidere se effettivamente vuole vedere il post/foto suggerita o meno

Lo smartphone ad oggi più che un semplice strumento è diventato un prolungamento, non solo del nostro corpo, ma anche della nostra mente. Proprio per questo motivo è necessario è fondamentale ritagliarsi degli spazi intimi in cui allontanarsi dal proprio cellulare per concentrarsi su altre attività e ritrovare noi stessi.

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