Ecco come i media gettano benzina sul fuoco dell’Islamofobia nel Regno Unito

I musulmani che vivono in Occidente, sono stati rappresentati come una minaccia ai valori democratici occidentali e come “l’altro” pericoloso, facendo il gioco di gruppi estremisti che propagandano l’idea che i musulmani siano indesiderabili in Occidente.

Dall’11 settembre 2001, l’obbiettivo dei soggetti violenti tra gli islamisti e dei bigotti razzisti anti-musulmani è stato quello di rendere le vite dei musulmani che vivono in Occidente le più disagiate possibile.

Per oltre dieci anni abbiamo assistito ad una serie convergente di circostanze e di eventi non solo per rappresentare 1.6 miliardi di musulmani come una entità sociale, culturale e politica monolitica, ma anche sinonimo di violenza nichilista e psicopatica di gruppi estremisti, come il gruppo del sedicente Stato Islamico.

Dai notiziari televisivi ai blog di destra, dalle campagne presidenziali alla nuda propaganda filo-israeliana, i musulmani occidentali sono stati descritti come una minaccia ai valori democratici della società liberale e come il pericoloso “altro”.

La normalizzazione della paura e della visione scorretta dei musulmani, ha portato ad una miriade di impatti negativi sulle stesse comunità islamiche: politiche anti-terrorismo draconiane, che hanno creato nuovi quadri giuridici attorno a pratiche illegali ed incostituzionali di sorveglianza, profilazione, detenzione, tortura e molestie e fino al discorso pubblico che incoraggia in maniera sottile la violenza nelle strade contro i musulmani e contro tutti coloro che potrebbero essere percepiti come musulmani.

L’ondata di crimini d’odio contro i musulmani in Europa e negli Stati Uniti è stata ben documentata. Ad esempio il Regno Unito non ha visto solamente un innalzamento dei crimini d’odio del 40% su base annuale, ma anche un aumento di oltre il 50% dei crimini d’odio contro i musulmani nella settimana successiva all’attacco terroristico del London Bridge, ispirato dallo Stato Islamico. Allo stesso tempo i crimini d’odio contro i musulmani sono raddoppiati negli Stati Uniti nella prima metà del 2017, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Mentre i crimini d’odio contro i musulmani, così come le misure controverse e controproducenti contro il terrorismo, hanno ricevuto scarsa attenzione da parte dei media, si conoscono bene gli affetti a cascata che questi avvenimenti hanno prodotto nei confronti delle comunità musulmane d’Occidente, già vittime di oppressione.

Un nuovo Rapporto pubblicato dal Governo del Regno Unito mette in luce gli impatti socio economici dell’islamofobia sulla società britannica.

Le conclusioni sono le seguenti :

  • I musulmani sono il gruppo della società britannica economicamente più svantaggiato.
  • E’ più probabile che i musulmani, rispetto ai non musulmani vivano nei quartieri svantaggiati, soffrano disabilità abitative, educative e sanitarie e siano colpiti dalla disoccupazione;
  • La speranza di “mobilità sociale” per i musulmani è illusoria al punto che per i loro giovani il successo accademico non si traduce in migliori opportunità sul mercato del lavoro;
  • I musulmani britannici vivono nei quartieri più poveri, guadagnano i salari più bassi, hanno meno accesso all’istruzione superiore e sperimentano livelli sproporzionati di discriminazione;
  • Gli autori osservano, che nel loro insieme “questi fattori che si intrecciano hanno implicazioni negative per la mobilità sociale” Concludono che: “i musulmani sono esclusi, discriminati o espulsi in tutta la fase che va dall’istruzione all’occupazione (o sottoccupazione/disoccupazione)”.
  • Parallelamente, un Rapporto, pubblicato nel 2015 dalla Commissione per i diritti delle donne e la parità di genere della Camera dei Comuni ha rivelato che le criticità che inficiano il successo professionale dei musulmani britannici, sono effetto di una molteplicità  di fattori; vale a dire: “il razzismo e l’islamofobia, gli stereotipi, la pressione delle famiglie tradizionali, la mancanza di consulenza personalizzata sull’orientamento nell’istruzione superiore e la mancanza di modelli di ruolo nel mondo dell’istruzione e dell’occupazione’’

Quando ai giovani musulmani britannici viene chiesto di descrivere la loro realtà dichiarano di sentirsi in dovere di lavorare “dieci volte più duramente” dei non musulmani a causa della discriminazione anti-musulmana e che ‘’ discriminazione, islamofobia e il razzismo sono molto presenti e diffusi, vissuto in forma diretta e indiretta e sopportato a scuola e al lavoro”.

A scuola i giovani musulmani britannici ritengono che “gli insegnanti hanno aspettative stereotipate o eccessivamente deboli nei confronti dei giovani musulmani”, “mentre svolgono il loro lavoro affiggono idee sbagliate e stereotipate riguardanti l’islam”, mentre le aspettative stereotipate riguardanti l’inserimento lavorativo in base al genere, rendono più difficile l’ingresso al lavoro dei giovani.

E’ importante sottolineare che queste idee scorrette e queste aspettative stereotipate riguardanti i giovani musulmani non esistono per caso, ma sono spesso il risultato di una serie di “eventi politici interconnessi, iniziative, cambiamenti nell’opinione pubblica, e retorica mirata”,secondo un recente rapporto dell’Istituto Haas intitolato “La legalizzazione della discriminazione. Gli Stati Uniti dell’islamofobia”.

Tracciando le origini dell’ attuale isteria anti-musulmana, in un articolo del 1990 da The Atlantic Monthly, scritto da Bernard Lewis, che ha erroneamente descritto l islam come contrario ai valori occidentali, gli Autori notano che questa tesi dello “scontro di civiltà” è stata proposta da accademici come Samuel Huntington, esperti dei media come Bill Maher e personaggi politici come Donald Trump.

Gli attentati dell’11 settembre sono essenzialmente serviti ad estendere questa dicotomia “noi contro loro” nel discorso pubblico, rappresentando per sempre musulmani e arabi “come i principali demoni delle nostre fantasie più paranoiche”. Secondo questo rapporto, l’islamofobia, si è infiltrata ai margini della società occidentale durante il primo decennio che ha seguito l’11 settembre ma è stata parte dell’establishment in tempi successivi a causa degli estremisti ultra islamofobi Pamela Geller e Robert Spencer, a partire dalle proteste inscenate contro la cosiddetta “moschea di Ground Zero”nel 2010.

L’indignazione isterica che queste proteste hanno generato attraverso i media di destra, ha dato vita ad un gruppo di estremisti islamofobici legati e finanziati da settori pro-Israele, sdoganando cosi una cultura di sospetto ed odio anti musulmano.

Allo stesso tempo, diversi gruppi ed organizzazioni che coltivavano da anni l’odio contro i musulmani, sono emersi cercando di trarre vantaggio dalla crescente antipatia pubblica nei loro confronti. Tra questi Act4America guidata dalla famosa islamofoba Brigitte Gabriel e da “Leggi americane per Corti Americane ALAC” guidata da David Yerushalmi un attivista del movimento di sostegno ai coloni israeliani che è stato descritto come “l’ uomo che sta dietro il movimento anti Sharia”.

Questi individui e gruppi islamofobi, si sono uniti non solo per inventare storie che dipingono i musulmani come terroristi, ma anche per sponsorizzare una legislazione che emargina i musulmani, etichettandoli come “altri” pericolosi e quindi contribuendo ad introdurre centinaia di leggi anti Sharia e anti Burqa nei paesi occidentali.

Alla fine, sono state queste forze a convergere, per aprire la strada ad una maggiore emarginazione socio economica e politica dei musulmani d’Occidente che non solo mina la coesione sociale, ma fa al contempo il gioco degli estremisti che veicolano l’dea secondo la quale i musulmani sarebbero indesiderabil in Occidente.

 

Articolo originale di C.J Werlemann apparso su Middle East Eye

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