Che cos’è il Meccanismo di Stabilità Europeo e perché dobbiamo preoccuparci

Il Meccanismo di stabilità europeo (MES) è un’organizzazione internazionale di carattere regionale europeo, nato all’indomani della crisi del debito privato (sistema creditizio) degli stati europei che, attraverso salvataggi statali, viene scaricato su quello pubblico. Quest’istituzione ha l’obiettivo di garantire la stabilità finanziaria della zona Euro.

Il MES è regolato da un trattato ad hoc, richiamato nel trattato del fiscal compact ma esterno al perimetro dell’Unione europea. Esso infatti ha sede a Lussemburgo e l’operato di tale organismo così come i suoi membri, i beni e gli atti ufficiali godono della totale immunità di qualsiasi entità giudiziaria nazionale e sovranazionale.

Fanno parte del MES tutti i paesi aderenti alla moneta unica (eurozona) ed essi contribuiscono al suo fondo sociale di 700 miliardi di euro. L’Italia fino ad ora ha versato 125 miliardi di euro, ossia il 17,19% dell’intero capitale. La governance di questo fondo è gestita dal consiglio dei governatori formato dai ministri finanziari dell’area euro, da un consiglio di amministrazione e da un direttore generale con diritto di voto.

Il commissario UE per gli affari economici monetari e il governatore della BCE hanno un ruolo solo di osservatori, le decisioni possono essere prese a maggioranza qualificata o semplice, il voto dei paesi membri è proporzionale al valore della quota versata.

Il MES così come una banca può emettere strumenti finanziari e titoli, può acquistare titoli di stato dell’area euro sul mercato primario (aste del tesoro) e secondario (mercati finanziari), aggirando le perdite dei titoli di stato dei paesi che hanno ricevuto in precedenza l’assistenza (Cipro, Spagna, Portogallo, Irlanda) di tale organismo in quanto, come ogni fondo (hedge fund), persegue il profitto.

Con la dichiarazione franco-tedesca a Meseberg, nello scorso 20 Giugno 2018, si apre un ulteriore rafforzamento del MES che prevede di spostare gran parte delle responsabilità dei bilanci degli Stati dalla Commissione Europea al MES, giudicata, quest’ultima, dai paesi nordici, troppo politicizzata. La bozza di modifica prevede:

  • L’introduzione delle Single Limb­­­­­­ Cacs, clausole di azione collettiva, per tutti i titoli di nuova emissione, che permettono la ristrutturazione di un debito pubblico con un voto collettivo unico dei creditori, e non per singola emissione, semplificando la procedura e rendendola spedita;
  • La precondizione che i debiti sovrani devono essere ristrutturati (tagli draconiani) prima di aver accesso al MES;
  • Il MES riassume tutti i poteri della Commissione europea per la politica di bilancio, e li esercita da “PRESTATORE”.

Nei fatti quindi il MES diviene un vero e proprio fondo monetario europeo con poteri assoluti e che agisce non nell’interesse degli stati (POPOLI), ma dei prestatori.

All’audizione presso la Commissione Bilancio della Camera, il 6 Novembre, il Prof. Giampaolo Galli, vicedirettore dell’osservatorio dei conti pubblici presso l’università Cattolica del Sacro Cuore ed ex parlamentare del PD, ha espresso forte preoccupazione qualora il prossimo dicembre la revisione del MES venisse approvata e ratificata dal parlamento italiano.

Intervenendo ha inoltre affermato che “in caso di ristrutturazione del debito in Italia sarebbe una calamità immensa, genererebbe distruzione di risparmi, fallimenti di banche e imprese, disoccupazione di massa e impoverimento della popolazione senza precedenti.”

Siamo, quindi, giunti al punto in cui persino dei fanatici europeisti come il Prof. Galli e Cottarelli denunciano tale scenario, il futuro non può essere roseo. Una catastrofe tale non si realizzerebbe neanche con una caotica uscita dell’Italia dall’Euro.

La via maestra in questo paese deve essere in primis quella di sviluppare una classe dirigente patriottica, degna, capace e competente per sovvertire il destino sociale ed economico di 60 milioni di persone. Questo è possibile solamente sganciandosi dall’intero sistemo giuridico economico europeo, che non esprime la centralità politica e il suo primato sull’economia finanziaria, ma mira alla dittatura dei cosiddetti mercati sulla politica e a porre le politiche di austerità come condizione per garantire la stabilità finanziaria.

Uscire dall’euro è una precondizione, ma non basta, in quanto, ci si trova a far fronte a questioni di economia reale, autosufficienza alimentare, sanitaria ed energetica ciò richiede un piano industriale, dato che gli asset strategici (farmaci, energia) per la sopravvivenza del paese sono in mano a forze esterne.

Se c’è una cosa che la Storia ci ha insegnato è che la libertà e l’indipendenza non calano

mai dall’alto.

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