Un venerdì nero senza biscotti alla nutella

Nella sovrabbondanza del black Friday spicca l’introvabilità del nuovo prodotto con marchio Nutella.

È il mantra di fine novembre: black Friday! Immaginatevi di esser in un grande mercato all’interno di una medina con venditori di ogni sorta che gridano persuasivi e commossi le loro irrinunciabili offerte. Carni, vestiti, verdure, oggetti. Cose recenti e cose vecchie, di qualità o dozzinali. Un’unica matassa di merce presentata e offerta come l’occasione dell’anno da non poter assolutamente perdere. In un angolo c’è un venditore di biscotti, dal tono dimesso e allo stesso tempo aristocratico.

Gliene restano pochi e lui non urla, non parla, non offre. Aspetta silenzioso che qualcuno si avvicini e si informi del prezzo. I passanti, bombardati da suoni, colori e gesti, camminano in parte storditi, in parte desiderosi di realizzare il grande affare del giorno, finché il loro sguardo non cade su quel venditore solitario, presso il quale si forma gradualmente una folla di persone. I biscotti finiscono, il venditore se ne va silenzioso e misterioso, mentre intorno tutti gli altri continuano a urlare e a promettere l’affare del secolo.

È quello che sta succedendo in questi giorni di fine novembre, in cui lo sguardo dovunque si volga non può far a meno di leggere la scritta black Friday, seguita sempre dal sostantivo offerta e da aggettivi come imperdibile, unica e altri simili. Tolto il teatro dei gesti e della compresenza che caratterizza un mercato all’aperto, resta l’infinito mercato della merce in eccesso che prova ad approfittarsene di uno degli ultimi meccanismi antropologici esistenti, quello del dono trasformato in regalo.

Fin qui nulla di nuovo, se non il caso particolare che sta riguardando i Nutella biscuits. Dopo anni d’attesa la solida azienda italiana, stufa delle continue invasioni di campo di altre aziende nel suo settore, ha deciso di avvelenare il mercato dolciario, lanciando un nuovo prodotto per occupare un altro segmento commerciale. Il risultato è stato di creare una enorme attesa, che non ha avuto bisogno di un marketing aggressivo.

Cosa è accaduto allora? La domanda del prodotto è stata così elevata che le scorte di biscotti si sono esaurite in pochi giorni, con l’effetto di creare così una vera e propria caccia ai biscotti. Volontario o no, un tale processo di marketing si è rivelato impeccabile nell’alimentare un vero e proprio bisogno nell’immaginario commerciale. Non c’è bisogno di urlare offerte incredibili quando la domanda si genera da sola.

Torniamo al mercato. Un padre di famiglia è riuscito a comprare tutto il necessario tranne i celebri biscotti richiesti dal figlio. Per non deluderlo si reca in diversi supermercati senza alcun risultato. Dolci dappertutto e di ogni marca ma niente, nessuna traccia di quelli desiderati dal figlio. Fuori ad un grande supermercato scorge un venditore con un piccolo banco e delle buste, di cui non si riesce a intravedere il contenuto. Il padre si avvicina, il venditore sussurra qualcosa, l’acquisto è fatto. I biscotti sono stati pagati tre volte il loro prezzo, ma il padre sebbene infastidito, non vede l’ora di tornare a casa per mostrare la gradita sorpresa. Una volta rientrato trova il figlio con lo sguardo sospeso a metà tra lo schermo della tv e dello smartphone. “Papà, oggi è il black Friday! Mi compri…” Inizia un elenco di cose e desideri, interrotto dal padre che gli porge con gesto da mago il pacco di biscotti. Il figlio ringrazia con un sorriso, apre e assaggia. Dopo poco tempo il padre gli domanda: “allora come sono questi biscotti?”

Il figlio con l’aria distratta, dopo averci pensato un po’: “buoni, sono biscotti.”

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