Appello di 50 ex ministri europeii: no al piano Trump per la Palestina

50 ex ministri ed altissimi esponenti della politica europea hanno sottoscritto e inviato alla stampa internazionale una lettera aperta nella quale esprimono tutta la loro “profonda preoccupazione” per le conseguenze del piano proposto da Trump in merito alla soluzione del conflitto israelo-palestinese.

Nel documento vengono ribadite tutte le criticità del “deal” a partire da quelle che confliggono in modo clamoroso con i princìpi del diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite ( nella scheda le risoluzioni ignorate o stravolte da Israele) e si chiede che la comunità internazionale e l’Unione Europea intervengano per “impedire che questo scenario si verifichi, al fine di preservare la dignità e i diritti dei palestinesi, il futuro della democrazia israeliana e l’ordine internazionale basato sul diritto”

Scorrendo l’elenco che vede i nomi di molti protagonisti della politica estera europea degli ultimi vent’anni, sorgono due interrogativi: dove erano questi eminenti personaggi mentre la situazione in Palestina si deteriorava al punto che potesse essere anche solo pensabile un piano come quello che stanno, giustamente, contestando? E poi, desolante, l’esiguità della presenza italiana limitata a Massimo D’Alema

Il piano Trump potrebbe alimentare il conflitto piuttosto che promuovere la pace

Come europei dediti a promuovere il diritto internazionale, la pace e la sicurezza in tutto il mondo, esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per il piano del presidente Trump per il Medio Oriente che porta il nome di Peace to Prosperity.

Il piano contraddice i parametri concordati a livello internazionale per il processo di pace in Medio Oriente, le risoluzioni delle Nazioni Unite pertinenti, compresa la risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza, e i principi fondamentali del diritto internazionale. Invece di promuovere la pace, rischia di alimentare il conflitto, a spese dei civili israeliani e palestinesi e con gravi implicazioni per la Giordania e per l’intera regione, dove ha trovato, così come in Europa e negli Stati Uniti, una diffusa opposizione.

Il piano concede l’annessione di parti ampie e vitali del territorio palestinese occupato e legittima e incoraggia l’attività illegale degli insediamenti israeliani. Riconosce solo le rivendicazioni di una parte su Gerusalemme e non offre una soluzione giusta alla questione dei rifugiati palestinesi. Prevede un futuro “Stato” palestinese senza controllo né sovranità sul suo frammentato territorio. La mappa presentata nel piano propone delle enclave palestinesi sotto il controllo militare israeliano permanente, che evocano agghiaccianti associazioni con i bantustan del Sudafrica.

“Peace to Prosperity” non è una roadmap in grado di portare alla soluzione dei due Stati, né a qualsiasi altra soluzione legittima del conflitto. Il piano prevede una formalizzazione della realtà attuale nei territori palestinesi occupati, dove due popoli vivono fianco a fianco senza godere di pari diritti. Un esito con caratteristiche simili all’apartheid – un termine che non usiamo con leggerezza.

L’appello continua affermando:

La comunità internazionale, in particolare l’Unione Europea, deve impedire che questo scenario si verifichi, al fine di preservare la dignità e i diritti dei palestinesi, il futuro della democrazia israeliana e l’ordine internazionale basato sul diritto.

Accogliamo con favore la dichiarazione dell’Alto Rappresentante dell’Ue Josep Borrell che sottolinea il costante impegno dell’Ue a favore di una soluzione a due Stati basata sui confini del 1967, in conformità con i parametri internazionali.

Siamo pienamente d’accordo con l’Ue sul fatto che i “passi di Israele verso l’annessione, se messi in atto, non potrebbero rimanere impuniti”, in quanto comprometterebbero la norma internazionale fondamentale che vieta l’acquisizione di territori con la forza.

Considerata l’urgenza della situazione, chiediamo all’Europa di respingere il piano degli Stati Uniti come base per i negoziati e di prendere misure immediate ed efficaci per contrastare la minaccia dell’annessione, preservando così l’ordine internazionale basato sul diritto .

Ecco la lista dei firmatari: 

Douglas Alexander, ex ministro di Stato per l’Europa, Regno Unito

Ben Bradshaw, ex ministro del Regno Unito per il Medio Oriente

Gro Harlem Brundtland, ex primo ministro, Norvegia

John Bruton, ex primo ministro, Irlanda

Micheline Calmy-Rey, ex consigliera federale (capo del Dipartimento federale degli affari esteri), ex presidente della Confederazione, Svizzera

Ingvar Carlsson, ex primo ministro, Svezia

Wlodzimierz Cimoszewicz, ex ministro degli Esteri e primo ministro, Polonia

Daniel Cohn-Bendit, ex co-presidente del gruppo Verdi Europei-Alleanza Libera Europea al Parlamento Europeo

Joe Costello, ex Ministro del Commercio e dello Sviluppo ed ex Presidente della Commissione Affari Europei, Irlanda

Willy Claes, ex ministro degli Esteri e segretario generale della NATO, Belgio

Massimo d’Alema, ex ministro degli Esteri e primo ministro, Italia

Teresa Patrício de Gouveia, ex ministro degli Esteri, Portogallo

Dominique de Villepin, ex ministro degli Esteri e Primo ministro francese

Ruth Dreifuss, ex consigliera federale e presidente della Confederazione, Svizzera

Alan Duncan, ex ministro di Stato per lo Sviluppo internazionale, Regno Unito

Espen Barth Eide, ex ministro degli esteri, Norvegia

Sigmar Gabriel, ex ministro degli Esteri e vice cancelliere, Germania

Jan Eliasson, ex ministro degli Esteri e presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Svezia

Uffe Ellemann-Jensen, ex ministro degli Esteri e presidente dei liberali europei, Danimarca

Benita Ferrero-Waldner, ex ministro degli Esteri e commissario europeo per le relazioni esterne, Austria

Sigmar Gabriel, ex ministro degli Esteri e vice cancelliere, Germania

Peter Hain, ex ministro di Stato per il medio oriente, Regno Unito

Lena Hjelm-Wallén, ex ministro degli Esteri, Svezia

Trinidad Jiménez, ex ministro degli Esteri, Spagna

Tom Kitt, ex ministro di Stato per lo Sviluppo d’oltremare e i diritti umani, Irlanda

Bert Koenders, ex ministro degli esteri, Paesi Bassi

Martin Liedegaard, ex ministro degli Esteri, Danimarca

Mogens Lykketoft, ex ministro degli Esteri e presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite

Sven Mikser, ex ministro degli Esteri, Estonia

Per Stig Møller, ex ministro degli Esteri, Danimarca

Holger K. Nielsen, ex ministro degli Esteri, Danimarca

Andrzej Olechowski, ex primo ministro degli Esteri, Polonia

Marc Otte, ex rappresentante speciale dell’Ue per il processo di pace in Medio Oriente, Belgio

Chris Patten, ex vicepresidente della Commissione europea

Hans-Gert Pöttering, ex presidente del Parlamento europeo, Germania

Jacques Poos, ex ministro degli Esteri, Lussemburgo

Vesna Pusic, ex ministro degli Esteri e vice primo ministro, Croazia

Mary Robinson, ex presidente e Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani

Jacques Santer, ex primo ministro e presidente della Commissione Ue, Lussemburgo

Karel Schwarzenberg, ex ministro degli Esteri e vice primo ministro, Repubblica Ceca

Robert Serry, ex coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente

Javier Solana, ex ministro degli Esteri, segretario generale della NATO e alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera e di sicurezza comune, Spagna

Michael Spindelegger, ex ministro degli Esteri e vicecancelliere, Austria

Jack Straw, ex segretario agli Esteri, Regno Unito

Erkki Tuomioja, ex ministro degli Esteri, Finlandia

Ivo Vajgl, ex ministro degli Esteri, Slovenia

Jozias van Aartsen, ex ministro degli Esteri, Paesi Bassi

Frank Vandenbroucke, ex ministro degli Esteri, Belgio

Hubert Vedrine, ex ministro degli Esteri, Francia

Sayeeda Warsi, ex capo di Gabinetto e ministro Affari Esteri UK

Tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite in merito al conflitto israelo-palestinese

– Assemblea Generale risoluzione 194 (1947): profughi palestinesi hanno il diritto di tornare alle loro case in Israele;

– Risoluzione 106 (1955): Condanna Israele per l’attacco a Gaza;

– Risoluzione 111 (1956): condanna Israele per l’attacco alla Siria, che ha ucciso cinquanta-sei persone;

– Risoluzione 127 (1958): raccomanda a Israele di sospendere la sua zona “no man” (di nessuno) a Gerusalemme;

– Risoluzione 162 (1961): chiede a Israele di rispettare le decisioni delle Nazioni Unite;

– Risoluzione 171 (1962): indica brutali violazioni del diritto internazionale da parte di Israele nel suo attacco alla Siria;

– Risoluzione 228 (1966): censura Israele per il suo attacco a Samu in Cisgiordania, allora sotto il controllo giordano;

– Risoluzione 237 (1967): chiede con urgenza a Israele di consentire il ritorno dei profughi palestinesi;

– Risoluzione 242 (1967): l’occupazione israeliana della Palestina è illegale;

– Risoluzione 248 (1968): condanna Israele per il suo attacco massiccio su Karameh in Giordania;

– Risoluzione 250 (1968): chiede a Israele di astenersi dal dispiegamento militare (parata) a Gerusalemme;

– Risoluzione 251 (1968): deplora profondamente il dispiegamento militare (parata) israeliano a Gerusalemme, in spregio della risoluzione 250;

– Risoluzione 252 (1968): dichiara nulli gli atti di Israele volti a unificare Gerusalemme come capitale ebraica;

– Risoluzione 256 (1968): condanna del raid israeliano sulla Giordania e delle palesi violazioni del diritto internazionale;

– Risoluzione 259 (1968): deplora il rifiuto di Israele di accettare la missione delle Nazioni Unite per valutare l’occupazione dei territori;

– Risoluzione 262 (1968): condanna Israele per l’attacco sull’aeroporto di Beirut;

– Risoluzione 265 (1969): condanna Israele per gli attacchi aerei di Salt in Giordania;

– Risoluzione 267 (1969): censura Israele per gli atti amministrativi atti a modificare lo status di Gerusalemme;

– Risoluzione 270 (1969): condanna Israele per gli attacchi aerei sui villaggi nel sud del Libano;

– Risoluzione 271 (1969): condanna Israele per la mancata esecuzione delle risoluzioni delle Nazioni Unite su Gerusalemme;

– Risoluzione 279 (1970): chiede il ritiro delle forze israeliane dal Libano;

– Risoluzione 280 (1970): condanna gli attacchi israeliani contro il Libano;

-Risoluzione 285 (1970): richiesta dell’immediato ritiro israeliano dal Libano;

– Risoluzione 298 (1971): deplora il cambiamento dello status di Gerusalemme ad opera di Israele;

– Risoluzione 313 (1972): chiede ad Israele di fermare gli attacchi contro il Libano;

– Risoluzione 316 (1972): condanna Israele per i ripetuti attacchi sul Libano;

– Risoluzione 317 (1972): deplora il rifiuto di Israele di ritirarsi dagli attacchi;

– Risoluzione 332 (1973): condanna di Israele ripetuti attacchi contro il Libano;

– Risoluzione 337 (1973): condanna Israele per aver violato la sovranità del Libano;

– Risoluzione 347 (1974): condanna gli attacchi israeliani sul Libano;

– Assemblea Generale risoluzione 3236 (1974): sancisce i diritti inalienabili del popolo palestinese in Palestina all’autodeterminazione senza interferenze esterne, all’indipendenza e alla sovranità nazionale;

– Risoluzione 425 (1978): chiede a Israele di ritirare le sue forze dal Libano;

– Risoluzione 427 (1978): chiede a Israele di completare il suo ritiro dal Libano;

– Risoluzione 444 (1979): si rammarica della mancanza di cooperazione con le forze di pace delle Nazioni Unite da parte di Israele;

– Risoluzione 446 (1979): stabilisce che gli insediamenti israeliani sono un grave ostacolo per la pace e chiede a Israele di rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra;

– Risoluzione 450 (1979): chiede a Israele di smettere di attaccare il Libano;

– Risoluzione 452 (1979): chiede a Israele di cessare la costruzione di insediamenti nei territori occupati;

– Risoluzione 465 (1980): deplora gli insediamenti di Israele e chiede a tutti gli Stati membri di non dare assistenza agli insediamenti in programma;

– Risoluzione 467 (1980): deplora vivamente l’intervento militare di Israele in Libano;

– Risoluzione 468 (1980): chiede a Israele di annullare le espulsioni illegali di due sindaci palestinesi e di un giudice, e di facilitare il loro rientro;

– Risoluzione 469 (1980): deplora vivamente la mancata osservanza da parte di Israele dell’ordine del Consiglio di non deportare i palestinesi;

– Risoluzione 471 (1980): esprime profonda preoccupazione per il mancato rispetto della Quarta Convenzione di Ginevra da parte di Israele;

– Risoluzione 476 (1980): ribadisce che la richiesta di Gerusalemme da parte di Israele è nulla;

– Risoluzione 478 (1980): censura Israele, nei termini più energici, per la sua pretesa di porre Gerusalemme sotto la propria legge fondamentale;

– Risoluzione 484 (1980): dichiara imperativamente che Israele rilasci i due sindaci palestinesi deportati;

– Risoluzione 487 (1981): condanna con forza Israele per il suo attacco contro l’impianto per la produzione di energia nucleare in Iraq;

– Risoluzione 497 (1981): dichiara che l’annessione israeliana del Golan siriano è nulla e chiede che Israele revochi immediatamente la sua decisione;

– Risoluzione 498 (1981): chiede a Israele di ritirarsi dal Libano;

– Risoluzione 501 (1982): chiede a Israele di fermare gli attacchi contro il Libano e di ritirare le sue truppe;

– Risoluzione 509 (1982): chiede ad Israele di ritirare immediatamente e incondizionatamente le sue forze dal Libano;

– Risoluzione 515 (1982): chiede ad Israele di allentare l’assedio di Beirut e di consentire l’ingresso di approvvigionamenti alimentari;

– Risoluzione 517 (1982): censura Israele per non obbedire alle risoluzioni ONU e gli chiede di ritirare le sue forze dal Libano;

– Risoluzione 518 (1982): chiede che Israele cooperi pienamente con le forze delle Nazioni Unite in Libano;

– Risoluzione 520 (1982): condanna l’attacco di Israele a Beirut Ovest;

– Risoluzione 573 (1985): condanna vigorosamente Israele per i bombardamenti in Tunisia durante l’attacco alla sede dell’OLP;

– Risoluzione 587 (1986): prende atto della precedente richiesta a Israele di ritirare le sue forze dal Libano ed esorta tutte le parti a ritirarsi;

– Risoluzione 592 (1986): deplora vivamente l’uccisione di studenti palestinesi all’università di Bir Zeit ad opera di truppe israeliane;

– Risoluzione 605 (1987): deplora vivamente le politiche e le prassi israeliane che negano i diritti umani dei palestinesi;

– Risoluzione 607 (1988): chiede ad Israele di non espellere i palestinesi e di rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra;

– Risoluzione 608 (1988): si rammarica profondamente del fatto che Israele ha sfidato le Nazioni Unite e deportato civili palestinesi;

– Risoluzione 636 (1989): si rammarica profondamente della deportazione di civili palestinesi ad opera di Israele;

– Risoluzione 641 (1989): continua a deplorare la deportazione israeliana dei palestinesi;

– Risoluzione 672 (1990): condanna Israele per le violenze contro i Palestinesi a Haram Al-Sharif/Temple Monte;

– Risoluzione 673 (1990): deplora il rifiuto israeliano a cooperare con le Nazioni Unite;

– Risoluzione 681 (1990): deplora la ripresa israeliana della deportazione dei palestinesi;

– Risoluzione 694 (1991): si rammarica della deportazione dei palestinesi e chiede ad Israele di garantire la loro sicurezza e il ritorno immediato;

– Risoluzione 726 (1992): condanna fermamente la deportazione dei palestinesi ad opera di Israele;

– Risoluzione 799 (1992): condanna fermamente la deportazione di 413 palestinesi e chiede ad Israele il loro immediato ritorno;

– Risoluzione 1397 (2002): afferma una visione di una regione in cui due Stati, Israele e Palestina, vivono fianco a fianco all’interno di frontiere sicure e riconosciute;

– La risoluzione dell’Assemblea generale ES-10/15 (2004): dichiara che il muro costruito all’interno dei territori occupati è contrario al diritto internazionale e chiede a Israele di demolirlo.

Nessun commento

Lascia un commento sull'articolo