Parlar di statue e dimenticare la realtà della tratta di minorenni africane, così funziona la nuova contestazione

E’ inutile indignarsi di fronte alla schiavitù sessuale delle donne di colore in epoca fascista per poi sostenere la legalizzazione della prostituzione o dell’utero in affitto, come fa gran parte della sinistra progressista americana ed europea, e tacere a proposito delle donne nigeriane minorenni sbattute per strada.   

I fenomeni d’indignazione di massa seguono sempre lo stesso schema: dopo settimane o mesi di ascesa si incartano tutti su problemi secondari.
Il movimento antirazzista sembra essere andato a sbattere sul problema della distruzione di statue, come se la memoria storica si dovesse cancellare per ricostruire gli uomini e la società da zero.

L’errore principale commesso dalla maggioranza dei movimenti di contestazione contemporanei è quello di non andare a fondo, non incidere sul livello culturale della popolazione e non stimolare altre scelte virtuose di singoli individui, senza che tutto debba necessariamente essere normato.
Una volta spento lo spirito infuocato iniziale, quest’atteggiamento porterà ad autocondannarci all’irrilevanza.

In Italia oggi, i Sentinelli di Milano chiedono la rimozione della statua di Montanelli in contemporanea con la ripresa delle manifestazioni per lo Ius soli. Si rimane sempre agganciati al fenomeno mediatico, senza andare veramente a fondo nella questione, senza affrontare il problema della mercificazione dei corpi maschili e femminili (e non solo della figura delle donne indigene), senza chiedersi se sia ora di implementare un’etica che dia importanza alla persona in quanto tale, inserita nella sua comunità culturale, nazionale e religiosa e titolare di diritti universali.

Senza domandarci, infine, quanto sia viva ancora nella subcultura italiana l’immagine dell’altro come una specie di animale non evoluto e non come persona (ad esempio sentiamo apostrofare con la parola “scimmie” i braccianti).

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Prendersela con il commercio sessuale delle indigene durante la colonizzazione italiana del ‘900 serve a poco se non è parte di una riflessione sull’attuale commercio di carne umana africana e dell’est europeo, che va sotto il nome di tratta e di sistema prostituente. Solo in Italia abbiamo migliaia di schiave sessuali minorenni vittime di tratta, per le quali  nessuno o pochi scendono in piazza.

Eppure le loro condizioni sono ben peggiori di quelle delle schiave di un tempo, che almeno avevano vitto e alloggio garantiti. Ai giorni nostri le minorenni e le giovani donne sono sotto ricatto, ridotte a macchine per la soddisfazione sessuale degli uomini (in stragrande maggioranza bianchi) che per pochi euro se ne servono persino per strada dietro qualche cespuglio.

Un commercio degradante e disgustoso che in Europa si vuole legalizzare come “sex work”, in altre parole la legalizzazione della schiavitù.
In paesi come Germania, Olanda e Svizzera migliaia di immigrate senza istruzione o altre risorse si vendono nei bordelli nella legalità. 

Finché ci sarà questa aberrazione morale, sarà profondamente ipocrita indignarsi quando la vittima è  africana ed appartiene ad un altro contesto sociale, o ad un’altra epoca, e rimanere invece inerti quando la si ritrova sotto casa davanti agli occhi.

Restiamo Umani.