Il patto tra Emirati e Israele mira alla fine del mondo arabo

Il 15 settembre 2020, Israele e due paesi del Golfo, il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti (EAU), sotto il patrocinio del presidente degli Stati Uniti Trump, hanno firmato accordo che definiscono storico. Trump, che ha ossessioni evangeliche, ha menzionato per la prima volta questo accordo il 13 agosto 2020. Nella cerimonia della firma di oggi, Trump ha elogiato l’accordo, dicendo che “cambierà il corso della Storia dopo decenni di conflitti e divisioni”.

Essendo stato un ardente sostenitore dell’evangelismo, che desidera stabilire la Gerusalemme celeste prima della venuta di Gesù Cristo, come menzionato nell’Apocalisse di Giovanni, Trump è consapevole del fatto che la figura di Abramo, il comune antenato degli ebrei e degli arabi, giochi un ruolo di primaria importanza. Gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto stanno prendendo iniziative che apriranno le porte anche ai desideri teopolitici del Vaticano già espressi nelle loro attività di dialogo interreligioso. 

Nel frattempo, il 3 ottobre 2020 ad Assisi, in Italia, Papa Francesco condividerà un nuovo testo papale con il pubblico globale. Prima di allora, c’è stato all’ordine del giorno con i documenti papali come Lumen Fidei (2013), Laudato Si’ (2015) e infine Fratellenza Umana (2019). Quest’ultimo testo, “Fratellanza Umana”, è stato sottoscritto ad Abu Dhabi dall’Istituzione religiosa egiziana di Al Azhar. Il Papa di fatto ha firmato un patto con i fondamentalisti religiosi, e i più rigidi letteralisti e ha preso una posizione politica che ha implicazioni su tutti i musulmani del mondo. 

L’Egitto di Al Sisi anche attraverso questa parvenza di dialogo interreligioso sta promuovendo il piano di pace con Israele e questo documento che sarà presto diffuso dal Papa con il titolo “Per fratelli e sorelle tutti”, sembra che proporrà l’idea di un nuovo Medio Oriente toccando i temi di economia, ecologia e dell’uguaglianza sdoganando la normalizzazione di rapporti con Israele. 

Secondo autorevoli media ebraici Trump ha puntato su questo accordo per assicurarsi il successo nelle prossime elezioni presidenziali, ma le preoccupazioni economiche rimangono una priorità per gli elettori americani. In ogni caso le annessioni di terra palestinese da parte di Israele continueranno, mentre la questione palestinese rimarrà congelata, Israele, come sempre ci guadagna.

Questo accordo viene considerato uno strumento soft per ribilanciare il mondo arabo. Da parte israeliana, partendo da un concetto appartenente alla sociologia etnica tribale araba, si può riconoscere una convergenza culturale e una parentela semitica con gli arabi da porre a fondamento di questa nuova alleanza. Ma il risultato più importante di tutto ciò è il riconoscimento formale di quello che oggi è il fatto compiuto e cioè l’esistenza di Israele sui territori palestinesi, si tratta di una questione vitale per Israele e che orienta tutta la politica di Tel Aviv. 

Secondo i mass media israeliani, questo accordo ha lo scopo di rompere la mentalità ben riassunta da un noto proverbio arabo: “ Io contro mio fratello, io e mio fratello contro mio cugino, io e mio cugino contro lo straniero”. Pertanto, in sintesi, gli israeliani sperano che questa alleanza spezzi gradualmente il tribalismo arabo basato sulla gerarchia e li spinga verso nuove strutture sociologiche moderne.

Tuttavia, l’opposizione israeliana tra cui Benny Gantz appartenente alla coalizione di governo, ha dichiarato la propria opposizione a questo accordo, temendo che possa interrompere i nuovi insediamenti e le annessioni. Netanyahu invece, ammette che questo nuovo patto è frutto della pressione di Trump ma esprime ancora la sua soddisfazione dicendo: “Dico ciao a tutti gli amici di Israele in Medio Oriente, Salam e Shalom”

In conclusione, i Paesi del Golfo stanno compiendo passi importanti per conto di Israele e hanno bisogno della leadership di Abu Dhabi per mantenere viva questa politica. Infatti dopo questi tre paesi, anche altri paesi del Golfo aspireranno ai benefici  materiali rappresentati dai trasferimenti di tecnologia, sistemi di difesa e moderni programmi di sviluppo dell’agricoltura da parte di Tel Aviv.

Il Bahrein, la maggior parte della popolazione è sciita ma la sua famiglia regnante è sunnita e si avvicina a Israele per sbarazzarsi delle sfida rappresentata dall’influenza iraniana mentre c’è un altro Stato desideroso di aderire a questo patto; l’Arabia Saudita. I puritani sauditi, che hanno aperto il loro spazio aereo al volo che trasportava diplomatici israeliani e americani in volo ad Abu Dhabi per i preparativi per gli accordi abramitici, sembrano pronti a servire sia il Trump evangelico che l’amministrazione sionista israeliana. Secondo il quotidiano Israel Hayom, l’accordo sarà la base per nuovi grandi passi di convergenza teopolitica. 

Nel frattempo, la Turchia, guida storica del mondo islamico, avendo vinto le partite politiche e militari in Siria, Iraq, Libia e soprattutto nel Mediterraneo orientale, rappresenta un baluardo contro questi progetti diabolici; per questo sembra un “leone pauroso spaventoso proveniente dal nord”, come indicato dal testo rabbinico del Talmud che mette in guardia gli ebrei attraverso le loro scrittura “heilsgeschichte”.