Anche se sei nato e vissuto in Italia Luis Suarez è più italiano di te

La cittadinanza italiana è una delle cittadinanze più difficili da ottenere a livello europeo se non la più difficile, per ottenerla servono ben 14 anni di percorso tra residenza ed istruttoria.

Negli ultimi decenni la legge che disciplina l’istituto della cittadinanza è stata sempre modificata con l’intento di rendere difficile l’accesso alla stessa, per paura che l’immigrazione possa in qualche modo modificare il tessuto sociale italiano. L’ultima modifica che ha subito questa legge risale a due anni fa, quando con l’approvazione dei decreti sicurezza sono stati raddoppiati gli anni di istruttoria per ottenere una risposta alla richiesta, che sia positiva o negativa.

Il leader del carroccio diceva di non avercela con gli immigrati residenti ma solamente con i clandestini, che entrano illegalmente sul territorio italiano. Appena arrivato al governo però non ha esitato a rendere più difficile la vita anche a quei regolari che tanto strumentalizza nei suoi profili social per fingere di non essere razzista.

Negli anni ottanta bastavano 5 anni per diventare italiani, gli stessi che bastano ad un apolide o ad un rifugiato politico per ottenerla oggi.

La cosa strana è che in Italia se ci sei nato o ci sei cresciuto il percorso è più complesso, ci sono persone che vivono qui da sempre, italiani di fatto ma esclusi solo per la loro condizione economica, e pensare che negli ultimi anni la crisi economica ha colpito tutti soprattutto le fasce economiche più deboli.

In Italia però tanti calciatori vengono naturalizzati facilmente, il business che gira intorno al calcio permette che le difficoltà burocratiche riscontrate da un milione di giovani vengano superate facilmente con un paio di telefonate. Il caso di Suarez è solo l’ultimo emerso perché appunto molti italiani di fatto non ce la facevano più e trovavano ingiusto e ridicolo questo diverso trattamento. La legge è uguale per tutti? Per quanto riguarda la naturalizzazione sembra proprio di no.

Proprio nell’Italia del 2020 dove governa il partito anti-casta, quello che eroga i redditi cittadinanza contro la disoccupazione e dove prevale il Sì per il taglio dei parlamentari perché tanto uno vale uno, bisogna essere milionari per essere riconosciuti per ciò che si è, cioè italiani.

Negli ultimi anni si è tanto sbandierato il tema, ma non si è mai passati dalla parola ai fatti per quanto riguarda la riforma cittadinanza. Nessun partito andato al governo ha lavorato a favore delle nuove generazioni. Forse perché non valgono nulla a livello elettorale.

Ed i partiti che promettono la riforma prima di ogni inizio legislatura spesso, non hanno il coraggio di spingere con forza sul tema, rimangono legati ai meccanismi elettorali ed agli equilibri di governo e rinunciano di conseguenza a questa battaglia programmatica e forse anche ideologica.

Non è facile fare un atto politico oggi giorno se non ha ritorni materiali, infatti è stato più volte confermato che sia lo Ius Soli che lo Ius Culturae costerebbero poco o niente alle tasche degli italiani.

Si dice che la politica odierna decide in base all’economia, forse se tutte le nuove generazioni fossero ricche come Suarez, avrebbero tutti già ottenuto la cittadinanza e non ci sarebbero tutte queste complicanze burocratiche per rendere loro difficile l’accesso ad un loro sacrosanto diritto.

Cosa significa essere italiani quindi? Condividere i valori della Repubblica, viverci da sempre ed essere integrati con lo stile di vita della sua popolazione o semplicemente essere dei ricchi calciatori e con degli amici influenti? Per ora prevale la seconda opzione e forse prevarrà ancora per un po’, perché come sempre questa battaglia per i leader politici nostrani non è mai stata una priorità.

Per fortuna questa volta hanno intercettato le chiamate che riguardavano l’esame di italiano di Suarez, altre volte, con altri giocatori aventi qualche lontanissimo collegamento parentale, le cose erano andate lisce e sembrava la normalità.