Anche Torino scende in piazza per la Palestina: stop alla pulizia etnica

Circa tremila persone si sono ritrovate ritrovate in piazza Castello per l’iniziativa organizzata da ‘Progetto Palestina’ in collaborazione con molte delle realtà torinesi attive sul territorio.

Condannare i crimini di guerra, la pulizia etnica, l’espropriazione indebita del quartiere di Gerusalemme Sheikh Jarrah, la sua occupazione e la sua colonizzazione sono state le parole d’ordine di centinaia di manifestazioni in giro per il mondo, da New York a Sydney, e Torino non è mancata all’appello.

La presenza di persone di tutte le età, di tutte le etnie e di tutte le religioni ha dimostrato come la causa palestinese non sia una questione di tifoseria, ma una lotta contro l’oppressione, una lotta per la giustizia. 

Nel giorno del 73° anniversario della Nakba migliaia di manifestanti si sono mobilitati per esprimersi contro l’occupazione, che come il primo giorno uccide e massacra gli autoctoni. La catastrofe non ha smesso di perpetuarsi ma di generazione in generazione il desiderio di ritorno non si è affievolito. Grazie ai social, come molti hanno ribadito nei megafoni in piazza, la voce si è alzata all’unisono alimentata dalle immagini e dai video che prima trasmettevano solo pochissime reti televisive.

Il fatto che i politici e i media occidentali siano parziali – che parlino e operino per partito preso, che restino silenziosi sulla sofferenza dei palestinesi, barattando l’obiettività e l’equità- sottolinea quanto le vittime palestinesi subiscano una doppia ingiustizia: quella di essere colonizzate sotto occupazione, e quella di non avere diritto allo stesso trattamento mediatico. 

I cartelloni recitavano condanne e biasimi, immagini viste e riviste sui social sono state stampate per ricordare le atrocità che i coloni perpetrano, le frasi dei giovani di Sheikh Jarrah copiate e urlate a squarciagola, sotto l’unico coro di “Palestina libera”.