Sheikh Jarrah e la Legge truffa sulle proprietà degli assenti

Succede ancora una volta; ora è il turno di Sheikh Jarrah. I palestinesi che sono fuggiti o che sono stati espulsi dalle loro case a Gerusalemme Ovest, ora dovranno andarsene anche da Gerusalemme Est. Perché? Perché le loro case nelle quali hanno risieduto legalmente per più di 160 anni sono state costruite su una terra che un tempo appartenne agli ebrei. 

In apparenza si tratta solo di una disputa immobiliare. Ma nella realtà, c’è ben altro in gioco. È un altro vergognoso esempio della profondità della discriminazione e dell’oppressione israeliana. Ai palestinesi che lasciarono o che furono espulsi da Gerusalemme, non mancano le proprietà.

Quasi la metà della città è costruita sulle loro terre. Quindi, dov’è il problema? Gli ebrei possono riprendersi i terreni dai quali sono stati assenti nella parte orientale di Gerusalemme e i palestinesi riavranno le loro proprietà nella parte occidentale. Ma qui entra in gioco il trucchetto sionista: solo gli ebrei possono rivendicare proprietà dalle quali fuggirono o furono espulsi. I palestinesi devono solo dimenticare le proprietà dalle quali fuggirono o dalle quali furono espulsi. 

Questo è il solo tipo di giustizia che si pratica qui intorno: ciò che è mio, sarà per sempre mio, e quello che è tuo, sarà anch’esso mio per sempre. Per la Mishnah ebraica chi si comporta così è chiamato malfattore. Nello Stato ebraico, chi si comporta così è chiamato “sionista religioso.”

Legge sulla Proprietà degli Assenti

Quello che sta succedendo in termini di ingiustizia dipende dalla peggior legge truffaldina approvata dallo Stato di Israele quando ancora non aveva due anni di vita: la Legge sulla Proprietà degli Assenti. Avrebbe dovuto essere chiamata “la Legge che autorizza il furto delle proprietà palestinesi.” Israele ha utilizzato questa legge per rubare quasi tutta la proprietà privata, pubblica, commerciale e agricola palestinese. 

Questa legge non prova neppure ad apparire giusta, onesta o misericordiosa. Non contiene nessun diritto di equa compensazione, di aiuto, di gentilezza, di rispetto. Niente. È solo il suggello legale per l’approvazione di atti ingiusti. 

La questione sta per essere portata alla corte suprema. Presumibilmente, molti altri paesi come la Polonia, la Russia, l’Ucraina, l’Egitto, l’Iraq, il Marocco e altri ancora seguiranno la sentenza con molto interesse, in sostanza, tutti i paesi che si appropriarono delle proprietà di ebrei che erano stati assassinati, se la corte riafferma il diritto di Israele di rubare la proprietà degli “assenti,” essi brinderanno certamente per l’esultanza e per il sollievo. “Stiamo facendo, quello che anche voi state facendo,” diranno sorridendo ai rappresentanti di quelle organizzazioni che cercano di reclamare le proprietà perdute degli ebrei. “Quello che va bene per voi, va bene anche per noi, giusto? Allora non avrete un soldo da noi. Fuori dai piedi!”

E in un momento in cui la Corte Internazionale Penale dell’Aia sta finalmente mostrando interesse per le azioni dell’occupante israeliano, anche il prestigio della corte israeliana potrebbe subire un colpo in conseguenza di tutto questo. Agli occhi delle autorità israeliane, la corte suprema costituisce il miglior vaccino, un’affidabile giubbotto antiproiettile, contro le accuse di crimini di guerra. I suoi giudici ci giudicano, quindi i giudici dell’Aia non hanno ragione d’essere. 

Ma non dimenticate che solo il governo israeliano e Donald Trump riconoscono l’annessione di Gerusalemme Est. Il resto del mondo lo considera un territorio occupato sul quale si applica la legge di guerra internazionale. Si include in ciò il divieto di sottrarre i beni di persone “protette” quando le loro case subiscono l’occupazione, le loro proprietà sono danneggiate o sono stati loro negati i diritti su ciò che appartenendo a loro è stato saccheggiato. 

Difficile prevedere quanto comprensiva potrà essere la Corte Penale Internazionale per una legge che approva un’altra espulsione dalle sue case di una popolazione sotto occupazione, e quanto tutto ciò minerà la capacità della Corte Suprema Israeliana di essere “il giubbotto antiproiettile” che respinge le accuse penali internazionali.

 

Articolo di B. Michael pubblicato sul quotidiano israeliano Haaretz