A vent’anni dall’11 settembre: l’offensiva anti-islamica e la maturazione della comunità

A vent’anni dai tragici avvenimenti dell’11 settembre ci troviamo davanti ad un bilancio disastroso della cosiddetta guerra al terrorismo, organizzata dagli Usa e con la partecipazione di molti altri paesi, inclusa l’Italia. Una guerra lunga ed atroce che – secondo i calcoli degli analisti – ha provocato un milione di morti innocenti.

In questo arco di tempo anche altri paesi a maggioranza musulmana sono stati devastati dalla guerra unilaterale americana, finalizzata a scalzare regimi non abbastanza ossequiosi nei confronti del predominio statunitense. Regimi che, seppur niente affatto democratici, certo mai hanno costituito una minaccia per l’Occidente, come quello libico, quello iracheno, quello siriano, quello yemenita. 

Nel corso della “primavera araba” interi popoli hanno anelato alla libertà ed all’affrancamento da regimi dispotici; sono stati prima incoraggiati e poi abbandonati dalle potenze occidentali nelle mani dei soliti tiranni.

Molti musulmani in Europa hanno spesso manifestato il proprio rifiuto e la condanna delle invasioni neocolonialiste, schierandosi senza reticenze per l’autodeterminazione dei popoli. E’ stata anche denunciata la crudeltà di regimi alleati degli USA, seppure formalmente musulmani, d’altro canto la loro vera natura si è palesata, al di là d’ogni dubbio, in occasione della normalizzazione con lo Stato sionista, che di colpo ha annullato ogni denuncia delle violenze, soprusi, crimini e discriminazioni razziste verso il popolo palestinese.

Ma la guerra non è stata solo quella combattuta con le armi contro i musulmani, ma anche quella ideologica sulle pagine dei giornali e sul web. Gli spazi virtuali, dove anche noi musulmani cerchiamo occasioni di testimonianza e dialogo, sono stati troppo spesso riempiti da campagne d’odio, col pretesto della lotta al radicalismo, una categoria vaga e indefinita, alla quale non di rado è stato ascritto il musulmano praticante, equiparandolo ad un potenziale terrorista.

Sono stati gli anni in cui si espellevano imam di lungo corso con decreti ad hoc, come accaduto nel 2005 a Bouriqui Bouchta imam di Porta Palazzo a Torino, ad Abu Omar della moschea di Viale Jenner a Milano, che – prelevato da 10 agenti della CIA – fu condotto nella base NATO di Aviano, interrogato con metodi indegni di una democrazia ed infine estradato in Egitto, in dispregio dei più elementari diritti umani. E’ stata l’epoca segnata da decine di arresti di musulmani innocenti, come testimoniato dall’avvocato Carlo Corbucci noto per aver denunciato diverse ingiustizie ammantate di formale legalità.

La comunità italiana di quest’ultimo ventennio è stata anche fatta oggetto di una pesante campagna di denigrazione portata avanti senza prove né razionalità (basti citare la rabbiosa Oriana Fallaci) nel tentativo di assimilare qualunque frequentatore di moschee ad un fanatico assetato di sangue e vendetta.

Nonostante tutto ciò, la storia certifica che l’atteggiamento della comunità islamica in Italia si è sempre mantenuto equilibrato, con la persistente ricerca del dialogo con gli uomini e le donne di buona volontà, non disposti a cadere nella trappola dello scontro di civiltà.

Questi anni hanno anche messo in luce un retaggio dell’epoca coloniale, una sorta di complesso d’inferiorità per cui molti non si sentivano all altezza dei loro vicini e hanno ritenuto che l’Islam avesse bisogno di apporti esterni per ottenere legittimità o che per essere accettati come musulmani in Europa si dovesse pagare qualche pedaggio all’ideologia dominante. Alcuni giovani hanno fatto carriera con pesanti compromessi, altri si sono arroccati in una visione di separazione assoluta. 

In questi ultimi anni si è finalmente fatta strada un’analisi più equilibrata, che ha permesso di rigettare l’assimilazione e di mettere in discussione il principio di integrazione subordinandolo a principi e valori eticamente giustificabili. Il diffuso nichilismo, l’aberrante consumismo ed il fuorviante relativismo etico delle società occidentali sono assai poco compatibili con qualsivoglia prospettiva di fede.

La guerra alla Ummah continua anche se la ritirata degli eserciti occidentali dai teatri di guerra medio orientali sembra finalmente concretizzarsi. Tale guerra continua anche e soprattuto nei mass-media, ma oggi possiamo contare su un’esperienza ed una capacità di gran lunga migliori rispetto al passato.