Studente rabbinico chiede asilo politico in UK: non voglio partecipare all’apartheid

In questo caso così particolare, gli avvocati sosterranno che il loro cliente teme di dover commettere crimini contro l’umanità se arruolato nell’esercito israeliano

Un tribunale del Regno Unito esaminerà un appello nel caso di richiesta di asilo di un giovane israeliano che teme di essere arruolato e costretto a commettere crimini di guerra se venisse deportato dalla Gran Bretagna nel so paese d’origine.

Gli avvocati dello studente rabbinico di 21 anni, a cui è stato concesso il diritto all’anonimato, affermano che è fuggito da Israele nel 2017 dopo aver ricevuto la lettera che gli chiedeva di presentarsi per il servizio militare.

La sua prima richiesta di asilo è stata rifiutata dal ministro degli interni britannico Priti Patel nel dicembre 2020 ed ora ha presentato ricorso. Il suo caso dovrebbe essere esaminato da una corte d’appello per l’immigrazione, lunedì prossimo a Manchester.

E’ raro che un ebreo israeliano chieda asilo nel Regno Unito come obiettore di coscienza o altro e, anche solo per questo motivo, si tratta di un caso veramente insolito.

Ma i suoi avvocati sosterranno anche che il loro cliente è preoccupato, nello specifico, di essere costretto a commettere il crimine di apartheid, una motivazione senza precedenti per un caso di asilo nel Regno Unito, che coinvolge Israele o la Palestina, e che potrebbe avere un impatto anche in casi futuri.

“Il nostro cliente sta cercando di dimostrare il suo caso nel contesto di Israele, che opera come uno stato di apartheid”, ha affermato Fahad Ansari, un avvocato della Riverway Law, con sede nel Regno Unito, che rappresenta lo studente.

“Purtroppo, come in tutti i casi di richiesta di asilo che coinvolgono i Palestinesi, sia della Cisgiordania che di Gaza, non si discute mai dell’elefante nella stanza (del problema di fondo): la natura dell’apartheid di Israele, che è in definitiva la fonte della sofferenza e della fuga dei Palestinesi dalla loro terra”.

Ansari afferma che il suo cliente rifiuta il sionismo e l’esistenza di Israele sulla base sia delle sue convinzioni politiche che della sua fede ebraica ultra-ortodossa, che insegna che gli ebrei non dovrebbero tornare in massa in Palestina fino al ritorno del messia.

Per decenni, gli ebrei ultra-ortodossi sono stati esonerati dal prestare servizio nell’esercito israeliano per studiare invece nelle yeshivas, o scuole religiose ebraiche. Ma negli ultimi anni, vi sono stati accesi dibattiti e dispute legali sulla questione.

Nel frattempo, ha detto Fahad, si sono verificate coscrizioni forzate di studenti di yeshiva, come il suo cliente.

Secondo Ilan Pappe, un professore presso l’Università di Exeter che ha scritto un rapporto utilizzato come prova in questo caso, lo studente potrebbe essere costretto ad affrontare accuse di diserzione in Israele, rischiando fino a 15 anni di carcere.

In carcere, “lo studente potrebbe essere soggetto ad abusi essendo un ebreo ortodosso”, scrive Pappe, citando i servizi dei media israeliani che parlano di giovani ortodossi che hanno subito maltrattamenti mentre scontavano condanne per diserzione.

Pappe ha anche osservato che se, invece, lo studente fosse stato arruolato, avrebbe fatto parte del Battaglione Netzah Yehuda, un’unità di fanteria Haredi all’interno della Brigata Kfir che sovrintende ai posti di blocco nella Cisgiordania occupata.

“L’appellante potrebbe finire a far parte dell’occupazione della Cisgiordania”, ha scritto Pappe.

Fahad ha aggiunto che, al di là della coscrizione obbligatoria, il suo cliente teme anche di essere perseguitato per le sue convinzioni, se fosse riportato in Israele.

L’avvocato israeliano per i diritti umani Michael Sfard ha dichiarato a Middle East Eye che molti refusniks – l’appellativo dato ai giovani israeliani che rifiutano di servire nell’esercito – dicono di non voler partecipare ai crimini commessi nei territori palestinesi occupati, specificando proprio l’apartheid come uno di questi crimini.

Aggredito sotto la custodia della polizia

Prima di fuggire, lo studente afferma di aver partecipato a proteste pacifiche contro il sionismo e la coscrizione degli studenti rabbinici ed è stato aggredito verbalmente e fisicamente mentre era sotto custodia della polizia a seguito di queste.

“In una occasione è stato ammanettato, spinto a terra e trascinato per le manette, gli hanno sputato addosso, è stato picchiato con un bastone”, secondo una nota informativa sul caso dello studente. “E’ stato irrorato anche con acqua maleodorante chiamata ‘skunk’”.

Se il caso proseguirà, un modo in cui potrebbe avere un impatto sui futuri casi di asilo è attraverso le cosiddette linee guida nazionali, emanate per aiutare i giudici e i funzionari del Ministero degli Interni a comprendere i rischi associati a particolari paesi e conflitti.

L’Upper Tribunal – la corte che esamina i casi di immigrazione e asilo rifiutati da un tribunale di primo livello – può arrivare a conclusioni su paesi e conflitti, che diventano quindi vincolanti.

Quando si tratta di linee guida che riguardano Israele e Palestina, tuttavia, Fahad ha affermato che “Non vi è un solo caso che spieghi la questione centrale della sistematica discriminazione razziale di Israele. In mancanza di un adeguato riconoscimento di questa apartheid, è impossibile pronunciarsi in modo equo e corretto sul rischio di ritorno per i Palestinesi e gli ebrei anti-sionisti”.

Fahad ha affermato di avere “la massima ammirazione e rispetto” per il suo cliente, che vorrebbe continuare i suoi studi per diventare rabbino. La sua famiglia in Israele non lo sostiene nelle sue azioni, ha detto.

“Potrebbe avere la vita più privilegiata che si possa immaginare. Ma ha scelto di sacrificare tutto a questo per i suoi principi e per i Palestinesi. Dice: ‘Non lo faccio per me stesso. Lo sto facendo per il popolo palestinese’”.

Yuval Avraham, scrittore e attivista di Gerusalemme, ha dichiarato a MEE che ritiene che lo studente sia molto coraggioso.

“Se più persone come lui si rifiuteranno di servire nell’esercito israeliano, il nostro movimento, che chiede giustizia, uguaglianza e la fine dell’occupazione militare violenta, sarà più forte”, ha detto. “A mio avviso è semplice: se sei contro l’occupazione, non dovresti servire nell’esercito che la mette in pratica”.

Un portavoce del Ministero degli Interni, interpellato sul caso, ha detto: “Tutti i casi di richiesta di asilo vengono attentamente considerati in base alle loro motivazioni individuali. Poiché l’azione legale è in corso, non  sarebbe opportuno commentare ulteriormente”.

 

Articolo di Dania Akkad pubblicato su Middle East Eye