I minareti delle montagne: il libro che racconta l’Europa Islamica

L’autore Tharik Hussain analizza in che modo i suoi viaggi attraverso i Balcani hanno fatto luce su problemi come l’identità e l’appartenenza, le radici dell’islamofobia, e la paura europea dei “Turchi”.

Nel suo nuovo e rivoluzionario libro Minarets in the Mountains, lo scrittore di viaggi e autore Tharik Hussain ripercorre le orme dell’esploratore ottomano del XVII secolo Evliya Celebi.

Il libro dà vita a questa narrazione, quasi mai raccontata, dell’Europa musulmana e porta alla luce una storia vivente del popolo balcanico e della sua eredità e cultura islamica ottomana iniziate 600 anni fa.

In questo mese di novembre, dedicato alle celebrazioni per la sensibilizzazione sull’islamofobia, riflettendo sull’odio, l’esclusione, l’incomprensione e la falsa rappresentazione dei musulmani di tutte le etnie e razze, questa storia di musulmani bianchi dai capelli biondi, occhi azzurri e indigeni in Europa fornisce molti spunti di riflessione sulla natura della retorica anti-musulmana, dal passato ai giorni nostri.

Come sottolinea Tharik, l’Islam e i musulmani hanno un legame storico e di lunga data con l’Europa, ma il loro contributo al mondo occidentale è ignorato o trascurato sia dalle narrazioni storiche che dal discorso attuale.

“Perché noi musulmani in Occidente ci sentiamo spesso come se fossimo sotto una qualche sorta di attacco. Ci fanno sentire come se non appartenessimo a questo posto, e scoprire che invece abbiamo questa eredità, risalente a 14 secoli fa, sembra quasi un’azione da criminali che non si parli di queste cose”, ha detto Tharik a TRT World.

Le radici dell’islamofobia sono profonde e, come mostra Tharik nel suo libro, essa ha origini storiche.

Nonostante i musulmani in Europa abbiano le stesse radici etniche dei loro vicini cristiani, sono ancora visti come l’altro. C’è riluttanza a riconoscere i Balcani come una parte propriamente dell’Europa, mentre è facile accettare la Grecia quando anch’essa, dal punto di vista geografico, fa parte dei Balcani.

“Questo perché l’Europa occidentale considera l’eredità greca ed ellenica come le fondamenta stesse della civiltà occidentale. Vogliono Platone, vogliono Aristotele, vogliono Ippocrate, ma non sono così entusiasti di Sultan Suleiman o Mehmed Sokollu Pasha”, dice Tharik.

L’Islam nei Balcani fu portato dall’Impero Ottomano alla fine del 1300. L’Impero al suo apice era potente e ricco con eccellenti sistemi di governo, sociali ed economici. D’altro canto, le potenze occidentali erano invece più deboli, economicamente svantaggiate e meno avanzate. Ciò ha portato il mondo cristiano a voler recuperare e dominare.

Di conseguenza, quando la dinamica del potere è cambiata, la narrativa è stata controllata dall’Occidente cristiano e modificata per adattarsi agli obiettivi politici.

“Troppo spesso siamo portati a credere che l’Europa abbia solo un’eredità giudaico-cristiana, magari con una spruzzata di paganesimo, e apparentemente l’Islam non ha avuto niente a che fare con l’evoluzione e lo sviluppo dell’Europa”, dice Tharik. “Certo che, quando ti rendi conto che è esattamente il contrario, è un momento triste”.

Infatti, i viaggi di Tharik rivelano una presenza musulmana molto più ampia, anche in paesi diversi dalla Bosnia, dal Kosovo e dall’Albania, che sono a maggioranza musulmana. Incontra anche comunità musulmane che vivono in Bulgaria, Serbia, Macedonia del Nord e Montenegro, luoghi che, normalmente, non si mettono in correlazione con i musulmani.

Ci sono moschee e architetture costruite dagli ottomani, alcune attribuite al capo architetto ottomano Mimar Sinan, che visse nel XVI secolo. I nomi di luoghi, persone, cucine e norme culturali, come l’ospitalità musulmana e l’accoglienza dei viaggiatori, sono tutti praticati in queste aree. C’è anche una ricca eredità sufi, un’altra eredità degli ottomani.

Mentre c’è stato il desiderio di spazzare via quell’eredità musulmana, compreso l’abbattimento delle moschee, la riscrittura della storia e il genocidio, parte dell’eredità descritta da Evliya nel suo libro è ancora lì in molti luoghi, il che è stata una piacevole sorpresa per Tharik. Sebbene parte del patrimonio sia stato danneggiato e demolito, è stato ricostruito dalle comunità locali e dall’Agenzia Turca di Cooperazione e Coordinamento (TIKA), desiderose di preservare la storia turca.

Mentre l’Islam europeo sopravvive, l’atteggiamento negativo nei confronti di “Turchi” e “musulmani” continua a prosperare in Occidente, e lo abbiamo visto manifestarsi negli Stati Uniti, nelle nazioni europee e in Gran Bretagna con la campagna Brexit.

Nel suo libro, Tharik scrive: “Una delle idee sotterranee fondamentali della campagna per la Brexit, è stata quella di vendere alla Gran Bretagna l’idea che i rifugiati musulmani arrivassero a frotte in Europa”. C’era il timore che la Turchia entrasse nell’UE, e se la Gran Bretagna fosse rimasta, i Turchi avrebbero invaso il Regno Unito.

C’era anche un crescente odio verso i polacchi e, in generale, verso tutti gli europei dell’est. Tharik crede che questi atteggiamenti siano in realtà radicati nell’islamofobia. “Penso che l’odio dell’Europa orientale e l’islamofobia fossero un tutt’uno e non c’è da stupirsi che i due fossero intercambiabili durante la retorica della Brexit”, dice.

Alla domanda su come sbarazzarsi di questi atteggiamenti islamofobici, Tharik ritiene che non sia semplice, né possiede una soluzione rapida.

“Nell’inconscio dell’Europa occidentale c’è sempre stata una sfiducia e un sospetto nei confronti dell’Europa orientale”, dice. “Anche se alcuni diranno che è perché erano comunisti, credo che sia solo la punta dell’iceberg e che sia stata costruita sull’islamofobia, perché molto prima che fosse comunista, per quasi sei secoli, gran parte di essa era musulmana”.

Tharik sottolinea giustamente che l’islamofobia è stata creata da secoli e di conseguenza è abbastanza consolidata e canonizzata nella psiche e nella cultura occidentali. Il suo obiettivo è cercare di normalizzare le storie e la storia musulmana d’Europa. “Tutto questo lavoro è essenzialmente solo per cercare di andare verso una normalizzazione dell’Islam come parte del panorama culturale occidentale”.

Anche se l’Occidente non accetterà i musulmani in tempi brevi, Tharik crede che sia importante che i musulmani conoscano almeno la propria storia. “Il patrimonio è essenziale per ancorare le identità e se non conosciamo il nostro patrimonio nel modo in cui dovremmo o se ne vengono negati alcuni aspetti, non c’è da meravigliarsi se a volte ci sentiamo un po’ alla deriva”, dice.

Tharik è impegnato nella sensibilizzazione sull’Islam in Europa e sulla sua eredità vivente, e Minarets in the Mountains fa parte di molti altri progetti in cui è coinvolto. Tuttavia, sebbene la percezione dei musulmani possa non cambiare rapidamente come vorrebbe, ha sicuramente avuto un impatto immediato e duraturo su di lui e sulla sua famiglia.

“La vera gioia è stata vedere i miei figli e mia moglie tornare a vedere musulmani come noi, che sono sempre stati qui in Europa e che non erano convertiti o migranti recenti. Questa conoscenza è stata fortemente stimolante”.