Israele tenta di sopprimere la verità sull’occupazione: censurati i due documentari critici ‘H2: Occupation Lab’ e ‘Two Kids a Day’

Il ministro della cultura israeliano, Miki Zohar, nel tentativo di nascondere la verità sull’occupazione dei territori palestinesi e reprimere le voci dissidenti, vuole revocare i fondi governativi già concessi per due documentari che mostrano la realtà dell’apartheid e l’oppressione subita dal popolo palestinese.

Come denunciano da molti anni intellettuali ebrei come Noam Chomsky e Ilan Pappe, queste azioni fanno parte del sistemico tentativo dell’apartheid sionista di negare la verità sui crimini contro l’umanità commessi sul popolo palestinese e, al contempo, presentare i soldati israeliani come vittime innocenti. Il ministro Zohar, del partito di governo Likud di Benjamin Netanyahu, ha promesso di revocare i fondi ai film critici delle politiche sioniste e di ritirare i contributi per i film che presentano la realtà dell’apartheid.

Il ministro vuole che i produttori di due film in particolare, entrambi attualmente in festival e visibili sui network televisivi israeliani, restituiscano i contributi governativi. Il primo film, intitolato “H2: Occupation Lab”, racconta la storia del controllo israeliano sulla città palestinese di Hebron, mentre il secondo, “Two Kids a Day”, parla degli arresti e gli interrogatori dei bambini palestinesi. Entrambi i film hanno suscitato anche l’ira di Shai Glick, un attivista di estrema destra noto per attaccare artisti e istituzioni culturali che ritiene danneggino la reputazione del regime sionista.

Zohar ha inoltre dichiarato che richiederà ai registi di firmare una dichiarazione in cui si impegnano a non utilizzare i fondi governativi per creare contenuti critici delle politiche israeliano.

Il cinema israeliano, compreso il settore documentaristico, è fortemente dipendente dal governo attraverso i contributi gestiti da un gruppo di fondi cinematografici. Il regista di “Two Kids a Day”, David Wachsmann, ha dichiarato che questi due film sono al centro della tempesta e ha definito la censura: “un attacco contro ogni artista israeliano che cerca di denunciare l’oppressione e la violenza commessa contro il popolo palestinese”.