Israeliani “uccisi” vs Palestinesi “deceduti”. Il perché dei doppi standard nel linguaggio dei media Occidentali

Nel contesto di uno scenario mediatico totalmente polarizzato l’uso del linguaggio continua a giocare un ruolo fondamentale nella formazione dell’opinione pubblica. Una delle manifestazioni più insidiose e sottili di questo fenomeno si trova nella copertura mediatica all’indomani dell’inizio del conflitto fra la resistenza palestinese e le forze dell’occupazione.

Recentemente, è diventato sempre più evidente un chiaro schema di doppio standard nel modo in cui i media riferiscono delle vittime del conflitto. Quando i coloni israeliani o le forze militari dell’occupazione perdono la vita a causa delle azioni della resistenza palestinese, spesso vengono descritti come “uccisi”. Al contrario, quando i civili palestinesi muoiono a seguito di operazioni militari israeliane, il linguaggio usato è notevolmente più neutro, spesso ricorrendo a termini come “deceduti” o “morte”.

Questo doppio standard linguistico non è solo una semplice questione di semantica. Rivela una profonda discrepanza nel modo in cui le vite sono percepite e valutate nei media. La parola “ucciso” ha una carica emotiva maggiore e suggerisce un atto intenzionale di violenza, mentre “deceduto” può facilmente riferirsi a una morte naturale, priva dello stesso senso di urgenza e delle stesse implicazioni.

Quando i media adottano questo tipo di linguaggio, stanno implicitamente suggerendo che la vita degli israeliani ha un valore intrinseco maggiore rispetto a quella dei palestinesi. Questa non è solo una rappresentazione imparziale del conflitto, ma fa anche un grave torto a coloro che dipendono dai media per comprendere la realtà della situazione sul campo.

La responsabilità dei media è quella di fornire informazioni accurate e non distorte. Quando scegliamo di usare parole diverse per descrivere lo stesso tipo di evento tragico basato sull’identità delle vittime, stiamo perpetuando un’ingiustizia. Questo non fa altro che rafforzare le narrazioni preesistenti e perpetuare divisioni e incomprensioni che ad oggi non aiuta nessuna delle parti coinvolte a trovare una soluzione.

È essenziale che i media che utilizzano linguaggi carichi di pregiudizi siano chiamati a rispondere di questi pregiudizi non rispettosi della vita di ogni individuo e che invece fomentano narrazioni facinorose che contribuiscono a posizioni politiche estreme e violente.