Un documento di un think tank sionista rivela il progetto di genocidio palestinese

Mentre il bombardamento a tappeto di Gaza da parte di Israele è entrato nella quarta settimana, con oltre 8.000 morti e almeno un milione di sfollati, un think tank con sede a Tel Aviv ha pubblicato un progetto di soluzione finale per l’autoproclamato stato ebraico.

In un documento pubblicato dopo l’attacco a sorpresa di Hamas alle basi militari e ai kibbutz israeliani, l’Istituto per la Sicurezza Nazionale e la Strategia Sionista ha delineato “un piano per il reinsediamento e il reinserimento finale in Egitto dell’intera popolazione di Gaza”, basato sulla “opportunità unica e rara di evacuare l’intera Striscia di Gaza” offerta dall’ultimo assalto di Israele all’enclave costiera assediata.

Pubblicato in ebraico sul sito web dell’organizzazione, il documento è stato redatto da Amir Weitman, “gestore di investimenti e ricercatore invitato” dell’Istituto, che guida anche il gruppo di maggioranza liberale del partito Likud, al governo in Israele. Il documento inizia facendo notare che nel vicino Egitto ci sono 10 milioni di unità abitative vuote che potrebbero essere “immediatamente” riempite di palestinesi. Weitman continua poi assicurando ai lettori che il “piano sostenibile… si allinea bene con gli interessi economici e geopolitici dello Stato di Israele, dell’Egitto, degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita”.

La proposta di pulizia etnica di Weitman fa eco ai piani di trasferimento forzato avanzati nei giorni scorsi da ex-funzionari israeliani, e approfittando dell’ordine di evacuazione impartito dall’esercito israeliano all’intera popolazione civile del nord di Gaza.

Il sinistro progetto di Weitman immagina che Israele acquisti queste proprietà al costo di 5-8 miliardi di dollari, un prezzo enorme che rappresenta l’1-1,5% del PIL israeliano.

“Queste somme di denaro [necessarie per ripulire Gaza] in rapporto all’economia israeliana sono minime”, sostiene Weitman. “Investire alcuni miliardi di dollari per risolvere questo difficile problema è una soluzione innovativa, economica e sostenibile”.

Weitman riconosce che il suo piano equivale virtualmente a “comprare la Striscia di Gaza”, sostenendo che la mossa sarebbe “un investimento molto utile” per i sionisti perché “acquisterebbe molto valore nel tempo”. Afferma che le “condizioni del terreno” nell’area offrirebbero a “molti” coloni israeliani un elevato standard di vita, consentendo quindi un’espansione degli insediamenti a Gush Dan, vicino al confine egiziano, dando “un enorme impulso agli insediamenti nel Negev”.

Nel dicembre 2021, Tel Aviv ha approvato i piani per la creazione di quattro insediamenti nel Negev per ospitare 3.000 famiglie di coloni.

Una genocidio per porre fine a tutte le guerre

Sebbene l’Egitto abbia finora respinto le pressioni israeliane per un esodo di massa dei residenti di Gaza attraverso il valico meridionale di Rafah, Weitman sostiene che il Cairo accoglierà l’esodo dei rifugiati palestinesi come “un incentivo immediato” che “fornirà un enorme e immediato beneficio al regime di al-Sisi”.

Weitman afferma che i principali creditori del Cairo – tra cui Francia, Germania e Arabia Saudita – quasi certamente accoglieranno con favore un’economia egiziana rivitalizzata, grazie agli “investimenti israeliani” per l’allontanamento permanente dei palestinesi. Egli ipotizza che l’Europa occidentale accoglierà con favore “il trasferimento dell’intera popolazione di Gaza in Egitto”, perché ciò ridurrà significativamente “il rischio di immigrazione illegale… un enorme vantaggio”. Nel frattempo, si aspetta che anche Riyadh accolga positivamente la mossa poiché “l’evacuazione della Striscia di Gaza significa l’eliminazione di un significativo alleato dell’Iran”.

La pulizia etnica di Gaza significherebbe la fine degli “incessanti e ripetuti combattimenti, che infiammano il fuoco dell’odio contro Israele”. Inoltre, “la chiusura della questione di Gaza garantirà una stabile e maggiore fornitura di gas israeliano all’Egitto e la sua liquefazione”, proveniente dalle vaste riserve sequestrate da Israele vicino alle coste di Gaza.

I palestinesi, a loro volta, dovrebbero cogliere al volo l’opportunità di essere trasferiti con la forza dalle loro case piuttosto che “vivere in povertà sotto il dominio di Hamas”. È quindi necessario che Israele “crei le giuste condizioni” per farli “immigrare” da Gaza al Cairo. Weitman osserva che i due milioni di abitanti di Gaza “costituiscono meno del 2% della popolazione totale egiziana, che oggi comprende già 9 milioni di rifugiati. Una goccia nell’oceano”.

Il documento conclude minacciosamente: “Non c’è dubbio che per far sì che questo piano si realizzi, devono esistere molte condizioni nello stesso momemto. Attualmente queste condizioni sono soddisfatte e non è chiaro quando si presenterà di nuovo una simile opportunità, se mai si presenterà. Questo è il momento di agire. Ora”.

“Se vogliamo rimanere in vita, dovremo uccidere, uccidere e uccidere”

Per quanto barbare possano sembrare, queste proposte riflettono ciò che molti dirigenti israeliani sembrano mormorare in privato, e ciò che almeno un ex-portavoce del governo ha apertamente promosso come soluzione altruistica al “problema” palestinese.

“C’è un’enorme distesa, uno spazio quasi infinito nel deserto del Sinai, proprio dall’altra parte di Gaza”, ha detto l’ex-vice ministro degli esteri israeliano, Danny Ayalon, in un’intervista rilasciata a Marc Lamont Hill di Al Jazeera, richiamando la logica sionista genocida che delinea la proposta di Weitman. “L’idea è – e non è la prima volta che lo si fa – che se ne vadano nelle zone aperte dove noi e la comunità internazionale prepareremo le infrastrutture – 10 città con cibo e acqua – proprio come per i rifugiati della Siria”.

Nel 2004, il demografo sionista Arnon Sofer dell’Università di Haifa aveva già presentato al governo di Ariel Sharon piani dettagliati per l’isolamento di Gaza. Il progetto comportava il ritiro totale delle forze israeliane dall’area e la costruzione di un rigoroso sistema di sorveglianza e di sicurezza per garantire che niente e nessuno entrasse o uscisse senza la supervisione sionista. Prevedeva un perpetuo bagno di sangue:

“Quando 2,5 milioni di persone vivranno in una Gaza chiusa, sarà una catastrofe umana. Quelle persone diventeranno animali ancora peggiori rispetto a quel che sono oggi… La pressione al confine sarà terribile. Sarà una guerra terribile. Quindi, se vogliamo rimanere in vita, dovremo uccidere e uccidere e uccidere. Tutto il giorno, tutti i giorni… L’unica cosa che mi preoccupa è come garantire che i ragazzi e gli uomini che dovranno uccidere siano in grado di tornare a casa dalle loro famiglie ed essere persone normali”.

L’Istituto propone quindi un’idea fantasiosa, semplice e pulita per raggiungere lo stesso obiettivo proposto da Sofer. Perché abbia successo, tutto ciò che i palestinesi devono fare è deporre le armi e dirigersi verso il deserto dell’esilio permanente.