Minaccia ad Al Aqsa: ecco cosa ha spinto Hamas all’azione e perché ora pensa di poter vincere

Traduzione dell’articolo di David Hearst direttore di Middle East Eye

Una fonte vicina alla leadership politica di Hamas afferma che il movimento politico ritiene di poter sconfiggere Israele, ma riconosce il pesante prezzo pagato da coloro che si trovano sul campo.

L’attacco di Hamas del 7 ottobre è stato definito da un’importante fonte araba “il più grande errore di valutazione nella storia di tutti gli errori di valutazione”.

Secondo le persone informate sui dettagli della sua pianificazione, questa operazione doveva essere una missione tattica volta ad assicurare al massimo due dozzine di ostaggi tra i soldati, e che invece si è trasformata in una furia caotica quando il reparto militare israeliano di Gaza è crollato.

Mentre i combattenti di Hamas e una serie di altri partecipanti armati provenienti da Gaza hanno preso d’assalto il sud di Israele, attaccando basi militari, comunità di kibbutz e un festival musicale, l’attacco ha prodotto immagini orribili del peggior massacro di civili israeliani dalla nascita dello Stato.

Hamas è accusato dalle organizzazioni per i diritti umani di aver commesso “uccisioni deliberate di civili, rapimenti e attacchi indiscriminati” durante gli eventi che sono ora oggetto di un’indagine da parte della Corte Penale Internazionale.

Sono stati sequestrati almeno 250 ostaggi, alcuni dei quali di nazionalità straniera.

In risposta ai sequestri, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha giurato che sradicherà Hamas da Gaza.

Una campagna bellica di bombardamenti fatti per rappresaglia, volta a spingere oltre un milione di persone dalla zona settentrionale del paese verso sud e verso il confine egiziano, è ormai entrata nella quinta settimana e i soldati israeliani e i combattenti di Hamas sono impegnati in una dura lotta.

I bombardamenti hanno raso al suolo il nord di Gaza e ucciso oltre 10.000 palestinesi, secondo i dati del ministero della Sanità palestinese. Il conflitto non accenna a diminuire, mentre Israele e gli Stati Uniti resistono alle crescenti pressioni internazionali che chiedono un cessate il fuoco.

L’ufficio politico di Hamas a Doha è stato tenuto all’oscuro della decisione di Mohammed Deif, comandante delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, di lanciare il raid del 7 ottobre, ha riportato Middle East Eye.

Ma in quanto componente della leadership, l’ala politica di Hamas ha dovuto assumersene la responsabilità e attualmente è una parte fondamentale dei negoziati mediati dal Qatar per il rilascio degli ostaggi.

Questo è il bilancio visto dall’esterno del gruppo militante, ma non è come Hamas stesso considera questi eventi.

Per scoprire cosa pensa il movimento palestinese, MEE ha parlato con un importante rappresentante palestinese che è in contatto con la leadership politica di Hamas.

MEE gli ha posto tre domande fondamentali. Perché l’attacco è avvenuto in quel momento? Gli obiettivi di guerra che si propone Israele sono raggiungibili? Cosa avrà ottenuto Hamas quando questa guerra sarà finita?

Perché ora?

Tra le cause scatenanti dell’attacco del 7 ottobre, vi è stata la preoccupazione di Hamas che gli ebrei di estrema destra intendessero sacrificare un animale nel sito della Moschea di al-Aqsa, gettando così le basi per la demolizione della Cupola della Roccia e la successiva costruzione del Terzo Tempio.

Hamas ha seguito da vicino i piani israeliani tesi a creare una presenza ebraica permanente all’interno del complesso di al-Aqsa che è considerato il terzo sito sacro dell’Islam e un simbolo dell’identità palestinese. In Israele è invece conosciuto come il Monte del Tempio.

La presenza quotidiana di ebrei di estrema destra ad al-Aqsa è uno degli obiettivi già raggiunti dagli israeliani, con due incursioni giornaliere al mattino e al pomeriggio, protette da polizia pesantemente armata e per una durata che varia da 30 minuti a un’ora.

Secondo alcune sette religiose messianiche, come l’Istituto del Tempio, una giovenca rossa senza difetti fisici dev’essere sacrificata per purificare il terreno prima che il Terzo Tempio possa essere ricostruito.

A questo scopo sono state importate dagli Stati Uniti delle mucche Red Angus. All’inizio di quest’anno un gruppo del Terzo Tempio ha dichiarato che spererebbe di riuscire a macellare cinque giovenche importate durante la festività della Pasqua ebraica del prossimo anno, che cadrà nell’aprile del 2024.

La fonte del MEE ha affermato che al-Aqsa è già stata divisa dal punto di vista temporale, aggiungendo che i coloni hanno già eseguito “sacrifici vegetali” nel luogo sacro dell’Islam.

Ciò sembra coincidere con l’incursione che circa un mese fa alcune decine di coloni hanno fatto, trasportando nel luogo delle fronde di palma per celebrare la festività ebraica di Sukhot.

“L’unica cosa che rimane è la macellazione delle giovenche rosse che hanno importato dagli Stati Uniti. Se l’hanno fatto, è il segnale che sono pronti per ricostruire il Terzo Tempio”, ha detto la fonte.

Hamas aveva già avvertito Israele che stava giocando col fuoco tentando di mettere in atto ad al-Aqsa disposizioni simili a quelle della Moschea Ibrahimi di Hebron, condivisa da musulmani ed ebrei.

Anche altri gruppi palestinesi, compresa l’Autorità Palestinese, hanno messo in guardia Israele dal cambiare lo status quo della moschea.

Nelle tre settimane che hanno preceduto il raid del 7 ottobre, ci sono state tre feste ebraiche che si sono concluse con Sukhot. “A Gaza, la sensazione di Hamas era che al-Aqsa fosse in pericolo imminente”, ha detto la fonte di MEE.

Quando si è presa la decisione di lanciare l’attacco, sono però stati considerati anche fattori a lungo termine.

La sorte dei 5.200 prigionieri palestinesi detenuti da Israele era una “pesante responsabilità” per la leadership di Hamas, ha riferito la fonte.

“Hamas pensava ogni giorno a come liberarli”.

Il terzo motivo che sta dietro l’attacco era Gaza stessa, dopo 18 anni di assedio da quando Israele aveva ritirato i suoi coloni dalla striscia.

“Gli Stati Uniti e le potenze regionali hanno lasciato Gaza nè viva nè morta, come se Gaza fosse rannicchiata in un angolo mantenuta in vita da un supporto vitale, alla continua ricerca di cibo, denaro o di un generatore. L’esplosione del 7 ottobre è stato un grande messaggio: i gazawi possono rompere l’assedio”, ha ribadito la fonte.

Hamas può essere spazzato via?

Non era la prima volta che i leader israeliani giuravano di spazzare via Hamas, e tutte le guerre precedenti si erano concluse con il ritiro di Israele, ha detto.

I leader di Hamas riconoscono che la portata della devastazione questa volta è diversa, ma credono ancora che l’esito finale sarà un altro ritiro israeliano, ha aggiunto.

“Israele può distruggere metà di Gaza, ma credo che alla fine il risultato sarà lo stesso”. Il problema per Netanyahu sarà come finire la battaglia con una buona immagine da presentare al popolo.

“Ma ha un grosso problema. Anche se riuscirà nel suo obiettivo di eliminare la leadership di Hamas a Gaza, dovrà comunque affrontare le questioni sulla sua responsabilità nell’attacco del 7 ottobre”.

La fonte ha respinto la possibilità che Israele riesca a raggiungere il suo principale obiettivo. Ha detto che è fisicamente impossibile mettere fine ad Hamas a causa delle vaste ramificazioni del gruppo e della sua diffusa presenza a Gaza.

“Hamas fa parte del tessuto sociale. Ci sono i combattenti e le loro famiglie. Ci sono gli enti di beneficenza e le loro famiglie. Ci sono i lavoratori del governo e le loro famiglie. Mettete insieme tutto questo ed è una parte molto consistente della popolazione”.

Sebbene Hamas non avesse previsto una risposta israeliana di questa portata, dispone comunque di una vasta rete di tunnel che si estende per “molte centinaia di chilometri”, ha riferito a MEE un’altra fonte.

L’idea che Hamas cessi di operare se perde Gaza City, che le forze israeliane stanno cercando di circondare, è quindi poco probabile.

Allo stesso modo, Hamas non dipende dalla partecipazione di Hezbollah alla guerra, ma molti all’interno del movimento vedono il suo coinvolgimento come inevitabile.

Dicono che se Hezbollah permettesse di mettere fine ad Hamas, sarebbe solo una questione di tempo prima che Israele si rivolti contro il gruppo libanese.

Cosa otterrà Hamas al termine di questa battaglia?

Quando la guerra sarà finita, Hamas non pensa che si potra riportare indietro l’orologio al 6 ottobre e che Gaza ricomincerà da capo, ha detto.

“L’attacco del 7 ottobre ha dato un messaggio diretto e preciso: i palestinesi hanno la capacità di sconfiggere Israele e di liberarsi dell’occupazione. Per Hamas questo è ormai un dato di fatto”, ha affermato.

Hamas ritiene che l’attacco abbia rotto un patto che esisteva tra l’esercito israeliano e il popolo fin dalla dichiarazione dello stato nel 1948. L’accordo tacito era che il popolo avrebbe mandato i propri figli e figlie nell’esercito e che l’esercito in cambio avrebbe protetto il paese.

Secondo la fonte, Hamas ritiene che l’attuale conflitto abbia “spinto il popolo palestinese e la resistenza palestinese verso la vittoria e la liberazione”.

E aggiunge: “Penso che Israele abbia perso molta fiducia nel futuro”.

Hamas ha riconosciuto il pesante prezzo pagato dalla popolazione di Gaza. Ma crede che la maggior parte ha scelto di rimanere, piuttosto che fuggire da una seconda Nakba, un riferimento allo sfollamento di 750.000 palestinesi dalla loro patria ancestrale nel 1948. Per la maggior parte delle persone non c’è stata scelta: il confine di Gaza con l’Egitto e la frontiera con Israele sono chiusi e non c’è nessun luogo sicuro dai bombardamenti.

“Ogni palestinese sa che deve rimanere nella sua terra, anche se è stata ridotta in macerie e vive nelle tende”, ha detto.

Hamas ritiene che Israele abbia commesso un enorme errore strategico nel rifiutare le molteplici iniziative di pace arabe che avrebbero portato alla fine del conflitto.

“La loro strategia era di avere tutto. Per questo motivo, perderanno tutto. Hanno sottovalutato i palestinesi”, ha detto la fonte.

Ha inoltre aggiunto che, mentre le capitali occidentali aspettavano un’era dopo Hamas, la resistenza palestinese aspettava fiduciosa un’era in cui avrebbe potuto vivere in uno stato tutto suo.

Ha riconosciuto che l’esercito israeliano aveva un vantaggio militare schiacciante, ma ha insistito sul fatto che i risultati della guerra non dipendono sempre dai rapporti di forza.

“Guardate il Vietnam, l’Afghanistan e l’Algeria. Guardate come sono finite queste guerre coloniali”, ha concluso.