Israele conferma (involontariamente) che metà delle vittime israeliane del 7 Ottobre sono militari

Nel contesto dell’escalation di tensioni tra Israele e Palestina, la vicenda si complica ulteriormente con la diffusione delle vittime attraverso l’account X (ex-Twitter) governativo israeliano. Uno sguardo approfondito a questa lista rivela uno scenario sorprendente: circa la metà delle vittime appartiene alle forze israeliane.

L’inchiesta condotta da Max Blumenthal, che abbiamo analizzato in dettaglio per verificarne la veridicità, ha aggiunto un tassello significativo a questa storia intricata. Le sue conclusioni, supportate da fonti delle forze israeliane, contenuti multimediali e testimonianze israeliani è stata colpita dal fuoco amico israeliano.

Dai dati forniti, emerge che quasi la metà dei circa 1.100 israeliani uccisi sono membri delle forze armate israeliane. Molte delle vittime hanno perso la vita come danni collaterali o nel fuoco incrociato durante gli intensi scontri tra miliziani e le forze israeliane. Una minoranza è stata uccisa da miliziani palestinesi, complicando ulteriormente la comprensione di cosa sia successo davvero il 7 Ottobre.

La leadership di Hamas, inclusi i rappresentanti di Al-Qassam, ha negato categoricamente la responsabilità per qualsiasi combattente israeliano ucciso intenzionalmente. Richiamando le linee guida d’ingaggio pubblicate nelle prime ore della contro-offensiva del 7 Ottobre, si sono difesi da ogni accusa.

A ciò si aggiunge la chiusura dei canali di comunicazione di Hamas su Telegram in Europa suscita interrogativi sul fronte della trasparenza. Questa azione, associata alla conferma della posizione di Hamas ed Al Qassam da parte di questi canali, aggiunge ulteriori punti d’ombra alle dinamiche in corso.

Hamas ha anche denunciato fermamente qualsiasi uccisione di non-combattenti israeliani avvenuta il 7 Ottobre. Mentre una indagine indipendente è necessaria per confermare tali dichiarazioni, le prove circostanziali attuali sembrano avvalorare la versione di Hamas. Questo potrebbe configurare la contro-offensiva come un’azione militare di liberazione nazionale, sfatando l’etichetta di attentato terroristico.

Hamas ha, infine, dichiarato che l’obiettivo principale dell’operazione era il sequestro di ufficiali israeliani per scambiarli con i circa 5000 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, tra cui numerose donne e bambini. Una prospettiva che aggiunge ulteriore complessità a un conflitto già intricato, richiedendo una riflessione approfondita sulla situazione attuale.