Israele, un’analisi dei casi storici di terrorismo e false flag dall’affare Lavon agli attentati di Baghdad e dell’hotel King David

La nascita dello Stato di Israele nel 1948 segnò un momento cruciale nella storia del Medio Oriente, alterando significativamente il panorama geopolitico. Questo periodo è stato caratterizzato da una serie di eventi controversi, tra cui terrorismo e operazioni sotto falsa bandiera da parte di Israele. Questi fatti non solo hanno avuto un ruolo nella fondazione e nel “successo” delle prime lotte di Israele, ma hanno anche lasciato un segno indelebile nel conflitto israelo-palestinese, influenzando percezioni, narrazioni e relazioni nella regione.

Il contesto storico della formazione di Israele

La dichiarazione dello Stato di Israele nel 1948 rappresentò fu un punto controverso nella storia della Palestina, emerso in un contesto di crescenti attività sioniste nel territorio sotto mandato britannico e di tensioni inasprite tra le comunità ebraiche e quelle arabe. Questo periodo, segnato dalla fine del dominio britannico, fu caratterizzato da una lotta accesa e sanguinosa, alimentata dalle aspirazioni sioniste di stabilire una patria ebraica, che si scontrarono con la ferma resistenza della popolazione araba palestinese e degli stati arabi vicini. Essi percepivano queste ambizioni come una minaccia diretta alla loro esistenza e alla loro sovranità territoriale.

In questo quadro già complesso e turbolento, storici come Ilan Pappe hanno evidenziato come la proposta originaria di divisione della Palestina, formulata dall’ONU, fosse nettamente sfavorevole per i palestinesi. Questa divisione, influenzata dalla potente lobby sionista, prevedeva l’assegnazione ai palestinesi di una porzione di terra significativamente più arida e meno fertile, sottraendo loro centinaia di centri abitati storici e fondamentali per la loro identità culturale e sociale. Tale proposta non solo sminuiva il diritto dei palestinesi alla loro terra ancestrale, ma delineava anche un futuro di grande incertezza e instabilità per il popolo palestinese.

I documenti storici, inclusi i diari del leader sionista e poi primo ministro israeliano Ben Gurion mostrano che l’intenzione sionista era dichiaratamente quella di espellere i palestinesi e di ignorare un possible risultato sfavorevole presso l’ONU. Subito dopo la fine del mandato britannico, iniziano le operazioni terroristiche contro i palestinesi e i primi casi gravi di pulizia etnica. Questo portò alla popolazione del mondo arabo a protestare con forza e chiedere ai loro governanti di intervenire militarmente in difesa dei palestinesi. La conseguenza fu la prima guerra arabo-israeliana del 1948 che si rivelò una catastrofe per il popolo palestinese. I governanti arabi mandarono un numero di truppe poco organizzate e poco rifornite per placare gli animi del mondo arabo e sperando in una facile vittoria incontrando invece la sconfitta per mano dei sionisti. Il conflitto portò allo sfollamento forzato di un numero imponente di palestinesi (circa 800.000), un evento tragico che è entrato nella storia come la Nakba, o “Catastrofe”. Questa dolorosa vicenda segnò l’inizio di una lunga sofferenza per il popolo palestinese, che si trovò a fronteggiare la perdita di gran parte della propria terra e di molteplici centri abitati, oltre alla continua lotta per il riconoscimento dei propri diritti fondamentali e per la giustizia. La Nakba rimane una ferita aperta nella memoria collettiva del popolo palestinese, simbolo della loro lotta continua e della ricerca di un futuro in cui i loro diritti siano pienamente riconosciuti e rispettati.

Operazioni sotto falsa bandiera e il loro impatto

Durante questo periodo tumultuoso, si sono verificati diversi casi di operazioni sotto falsa bandiera (false flag), in particolare l’Affare Lavon e gli attentati di Baghdad.

L’affare Lavon (1954) fu una operazione segreta dell’intelligence militare israeliana in Egitto che mirava a destabilizzare il governo egiziano e mantenere la presenza militare britannica nell’area del Canale di Suez. Gli ebrei egiziani furono reclutati per piazzare bombe su obiettivi civili. Il fallimento dell’operazione e la conseguente denuncia danneggiarono la reputazione internazionale di Israele e alimentato sentimenti anti-israeliani nel mondo arabo.

D’altro canto, gli attentati di Baghdad (1950-1951) furono una serie di attentati contro le comunità ebraiche di Baghdad che è stata oggetto di controversia a causa del coinvolgimento sionista israeliano per accelerare l’emigrazione ebraica in Israele.

Analizziamo alcuni fatti salienti in questo contesto ora più nel dettaglio.

Il ruolo dell’Irgun, dell’Haganah e del terrorismo nella formazione di Israele: una prospettiva storica

L’Irgun e la Haganah erano due delle principali organizzazioni paramilitari (e de facto terroristiche) ebraiche operanti nella Palestina mandataria. La Haganah fu costituita nel 1920 come milizia ad ampia base sotto il controllo dell’Agenzia Ebraica, concentrata sull’espansione delle comunità ebraiche. L’Irgun, fondato nel 1931, adottò tattiche ancora più radicali e offensive, sempre influenzate dall’ideologia sionista.

L’attentato all’Hotel King David, attacchi a moschee e la popolazione palestinese, ed il caso della Patria SS

Una delle azioni più famigerate dell’Irgun, ad esempio, fu il bombardamento del King David Hotel a Gerusalemme il 22 luglio 1946. L’hotel ospitava il quartier generale amministrativo britannico e l’attacco mirava a sferrare un colpo contro le autorità del mandato britannico. Guidato da Menachem Begin, futuro primo ministro israeliano, l’Irgun fece esplodere una bomba nell’hotel, provocando un crollo che uccise 91 persone, tra cui britannici, arabi ed ebrei. Questo evento è spesso citato come uno degli atti più significativi del terrorismo ebraico durante il periodo del Mandato, illustrando fino a che punto i sionisti erano disposte a spingersi per raggiungere i propri obiettivi.

Oltre a prendere di mira le forze britanniche, alcune fazioni l’Irgun e altri gruppi paramilitari furono responsabili di attacchi contro le popolazioni arabe, compresi bombardamenti di moschee. Questi attacchi facevano parte di una più ampia strategia di ritorsione e intimidazione contro i palestinesi e contribuirono al ciclo di violenze e rappresaglie che caratterizzò quel periodo.

Un altro tragico evento che coinvolse la Haganah fu il bombardamento della SS Patria nel 1940. Con l’intenzione di impedire agli inglesi di deportare i rifugiati ebrei sulla nave alle Mauritius, la Haganah piazzò una bomba sulla nave, con l’obiettivo di metterla fuori uso. Tuttavia, l’esplosione fece affondare la nave nel porto di Haifa, provocando la morte di oltre 260 persone, per lo più rifugiati ebrei.

L’affare Lavon

L’affare Lavon, menzionato precedentemente, è un episodio noto nella storia israeliana che si riferisce a un’operazione segreta fallita in Egitto nell’estate del 1954. Questa operazione, nota con il nome in codice ‘’Operazione Susannah’’, prevedeva il piazzamento di bombe su obiettivi civili egiziani, americani e britannici da parte di un gruppo di terroristi ebrei egiziani reclutati dall’intelligence militare israeliana. Il fatto non solo ha avuto implicazioni significative per le relazioni internazionali di Israele, ma ha anche avuto un profondo impatto sulla sua politica interna, provocando una controversia di lunga data e una crisi politica duratura.

L’operazione, che fu insabbiata da Israele per decenni, fu concepita sullo sfondo della Guerra Fredda e del mutevole panorama geopolitico in Medio Oriente. All’inizio degli anni ’50, gli Stati Uniti avevano iniziato a sostenere il nazionalismo egiziano, una politica che Israele temeva avrebbe incoraggiato le ambizioni militari dell’Egitto contro di esso. L’intelligence militare israeliana, sotto la guida del colonnello Binyamin Gibli, avviò l’operazione Susannah con l’obiettivo di destabilizzare il governo egiziano e screditare gruppi come i Fratelli Musulmani e i comunisti egiziani.

Il piano prevedeva l’utilizzo di cellule segrete per effettuare bombardamenti. Le autorità egiziane condussero un processo e diversi agenti furono condannati, due dei quali giustiziati. Il fatto causò un tumulto internazionale e danneggiò gravemente la reputazione di Israele.

Le conseguenze politiche in Israele furono profonde. L’operazione fu pubblicamente associata al ministro della Difesa israeliano Pinhas Lavon, portando alle sue dimissioni e ad una prolungata crisi politica. Il caso, inizialmente denominato eufemisticamente “lo sfortunato affare”, rivelò verità scomode all’interno del governo israeliano e della comunità dei servizi segreti. La controversia sul coinvolgimento di Lavon e le successive indagini misure anche in luce la fragilità delle istituzioni politiche israeliane.

L’affare Lavon mise a dura prova le relazioni di Israele con gli Stati Uniti e il Regno Unito offuscando la sua immagine internazionale. L’operazione non venne riconosciuta pubblicamente dal governo israeliano fino al 2005, quando gli agenti sopravvissuti furono ufficialmente riconosciuti per il loro ruolo.

Membri dell’organizzazione clandestina ebraica di destra Irgun Zvai Leumi (Organizzazione militare nazionale in Terra d’Israele) sono armati di fucili, rivoltelle e armi automatiche mentre prendono posizione sul tetto di una casa ebraica in caso di attacco arabo a Jaffa – Confine di Tel Aviv nel quartiere ebraico Manshiah a Tel Aviv, Israele, il 27 dicembre 1947. (Photo: James Pringle)

Gli attentati di Baghdad del 1950-1951: controversia e impatto sulla migrazione ebraica dall’Iraq

Gli attentati di Baghdad del 1950-1951 rappresentano un capitolo tumultuoso e controverso nella storia dell’ebraismo iracheno e nella narrativa più ampia della migrazione ebraica verso il neonato Stato di Israele. Questi attentati presero di mira le comunità ebraiche di Baghdad e accesero dibattiti sull’identità degli autori e sulle loro motivazioni. Questo evento ebbe un ruolo significativo nell’accelerare l’esodo degli ebrei dall’Iraq, influenzando profondamente la diaspora ebraica e la società israeliana.

Tra l’aprile 1950 e il giugno 1951 una serie di attentati colpì obiettivi ebraici a Baghdad. Questi incidenti causarono feriti e vittime e instillarono paura nella comunità ebraica. Gli attentati avvennero in un contesto di crescente tensione in Iraq, dove gli ebrei vivevano da secoli.

La responsabilità degli attentati in Iraq è stata al centro di un acceso dibattito. Sebbene due membri dell’underground sionista iracheno siano stati condannati in Iraq per questi atti, vi sono state contestazioni riguardo alla fondatezza di tali sentenze. Mentre Israele as oggi ha negato ogni coinvolgimento, il rinomato storico ebreo di Oxford Avi Shlaim, attraverso il suo lavoro di ricerca, ha esposto nel suo testo Three Worlds: Memoirs of an Arab-Jew, è giunto alla conclusione che i bombardamenti sono da attribuire all’operato dell’intelligence sionista. Questa rivelazione, che mette in luce l’uso di tattiche controverse da parte sionista, aggiunge una nuova dimensione alla comprensione degli eventi che hanno portato alla migrazione forzata degli ebrei verso Israele.

Lo storico Avi Shlaim ha fornito un resoconto dettagliato del coinvolgimento dell’intelligence israeliana negli attentati che hanno preso di mira la comunità ebraica in Iraq dopo il 1948. Spiega che la comunità ebraica irachena credeva fermamente che Israele avesse avuto un ruolo nel loro sradicamento dopo la guerra del 1948, poiché durante questo periodo c’era una crescente ostilità nei confronti degli ebrei in Iraq. Questo sentimento è stato intensificato da una serie di cinque attentati contro siti ebraici, che hanno creato un panico diffuso e hanno portato molti ebrei a registrarsi per lasciare il paese.

Shlaim racconta un incontro personale con un anziano ebreo iracheno, Yakov Karkokly, che era stato membro della resistenza sionista. Karkokly ha rivelato che due membri del suo gruppo, Josef Basri, un avvocato ebreo, e il suo assistente, Shalom Shalom, erano responsabili di tre dei cinque attentati. Shlaim nota inoltre che Basri era sotto il controllo di un ufficiale dell’intelligence israeliana di nome Max Bennett, che aveva sede a Teheran.Questo resoconto di Shlaim fa luce sulle circostanze complesse e angoscianti che hanno portato alla migrazione di massa degli ebrei iracheni in Israele, evidenziando il coinvolgimento dell’intelligence israeliana e le azioni di individui specifici all’interno del movimento clandestino sionista in Iraq.

Gli attentati avvennero contemporaneamente e accelerarono la migrazione di massa degli ebrei iracheni verso Israele. I bombardamenti furono seguiti dall’operazione Ezra e Neemia che vide l’implementazione di un ponte aereo organizzato da Israele, facilitando l’immigrazione di oltre 120.000 ebrei iracheni in Palestina. Questa migrazione alterò in modo significativo il panorama demografico e culturale sia dell’Iraq che della Palestina.

La pace senza giustizia è solo pacificazione

La nascita dello Stato di Israele mette in luce come le azioni e le scelte politiche di un periodo storico possano lasciare un’eredità duratura e una serie di conseguenze difficili da superare e al contempo sottolineano l’importanza della conoscenza storica per garantire la verità e la giustizia. La strategia israeliana, incentrata sull’uso di tattiche terroristiche e le operazioni sotto falsa bandiera, ha giocato un ruolo chiave nel modellare il destino di milioni di persone, alterando irreversibilmente il corso della storia della regione.

La lotta per i diritti e la dignità del popolo palestinese, in questo contesto, assume un significato ancora più profondo. La loro ricerca di giustizia e riconoscimento non è solo una questione di rivendicazione territoriale, ma anche una lotta per la memoria storica e l’integrità culturale. La storia del popolo palestinese, segnata dalla sofferenza e dalla resistenza, si contrappone alla narrazione di un conflitto che spesso viene ridotto a mere questioni geopolitiche.

In quest’ottica, è fondamentale riconoscere e comprendere la complessità e la profondità delle storie individuali e collettive che compongono questo conflitto così come le responsabilità delle parti coinvolte.

Si parla molto di pace da tempo e oggi più che mai. Ma una pace senza giustizia non è pace ma pacificazione. Per questo il ruolo della storia è vitale oggi per garantirci di raggiungere la destinazione della pace attraversando la via della giustizia. Il conflitto israelo-palestinese diviene dunque termometro della maturità delle civiltà di tutto il mondo in cui tutti siamo chiamati a ricercare il vero e preservare la dignità umana che in Palestina viene calpestata da quasi un secolo nella quasi totale impunità sotto lo scarpone infangato ed insanguinato dell’interesse.

 

Fonti:

Cohen G. (2016), Israel Reveals Controversial ‘Lavon Affair’ Correspondence, 62 Years Later, Haaretz, https://www.haaretz.com/israel-news/2016-06-25/ty-article/israel-reveals-controversial-lavon-affair-correspondence-62-years-later/0000017f-e124-d38f-a57f-e7769ff60000

PappeI. (2007), “The Ethnic Cleansing of Palestine”, Oneworld Publications

Shlaim A. (2023), “Three Worlds: Memoirs of an Arab-Jew”, Oneworld Publications

Singer S. J. (2022), The  The Disturbing Legacy Of ‘Operation Susannah’ And The Lavon Affair, Jewish Press, https://www.jewishpress.com/sections/features/features-on-jewish-world/the-disturbing-legacy-of-operation-susannah-and-the-lavon-affair/2022/03/30/