Le trattative su ostaggi e tregua dividono il fronte israeliano

Le trattative tra Israele e la resistenza palestinese per la cessazione delle ostilità nella Striscia di Gaza si danno in un momento delicato, caratterizzato da divisioni interne al governo israeliano e da una posizione di forza espressa da Hamas.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha evitato di discutere la visione di Israele per il “giorno dopo” la guerra di 83 giorni su Gaza, rimandando la questione a una sessione del gabinetto ampliato, a seguito di pressioni dai suoi partner di destra.

La  crisi politica interna al governo di Netanyahu è stata alimentata dall’opposizione interna dei suoi alleati del sionismo religioso, che hanno espresso il loro dissenso riguardo l’avvio delle discussioni sulla percezione israeliana del futuro di Gaza.

Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, e Itamar Ben Gvir leader del partito Otzma Yehudit, hanno richiesto che la questione non venga decisa a livello di Gabinetto di guerra ma che venga affrontata in un forum più ampio, dove il loro movimento esercita maggiore influenza.

Di fronte a queste pressioni, Netanyahu ha posticipato le deliberazioni, mentre il capo del Mossad, David Barnea, ha presentato un rapporto sullo sviluppo degli sforzi diplomatici israeliani per il rientro degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza. Il “gabinetto di guerra” è stato informato dei messaggi del mediatore del Qatar, che fanno riferimento alla risposta di Hamas all’offerta israeliana.

Netanyahu ha riconosciuto disaccordi con l’amministrazione Biden riguardo al “day after di Gaza” e ha ribadito la sua posizione contraria al controllo della Striscia di Gaza da parte dell’Autorità Palestinese, escludendo che Gaza possa diventare “Hamastan o Fatehistan” dopo la guerra. Le dichiarazioni di Netanyahu si scontrano con la posizione americana che vede favorevolmente il controllo di Gaza da parte dell’Autorità Palestinese post-conflitto.

Il “Gabinetto di guerra” ha discusso una proposta del Qatar che prevede, in una prima fase, il rilascio di 40-50 detenuti e prigionieri israeliani da Gaza in cambio di un cessate il fuoco globale per un mese. La seconda fase, ancora da definire, potrebbe includere il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza. Tuttavia, le parti non hanno ancora risposto alla proposta.

La proposta del Qatar, ancora in fase preliminare, è stata accolta come uno sviluppo positivo, dato che Hamas ha mostrato la volontà di riprendere i negoziati. Nonostante ciò, le lacune tra le parti rimangono ampie e i dettagli dell’offerta sono ancora in attesa di essere definiti.

Parallelamente, Netanyahu ha impedito al ministro della Difesa Yoav Gallant di incontrare i capi del Mossad e del Shin Bet, dimostrando che il “gabinetto di guerra” è l’organo che determina la politica sui prigionieri.

In questo scenario complesso, la posizione di Hamas appare rafforzata, tanto che i media israeliani hanno espresso preoccupazioni circa la forza del movimento, ritenuto troppo solido per essere sconfitto.

Questa percezione di Hamas come realtà inamovibile nel contesto palestinese aggiunge un ulteriore livello di complessità alle trattative in corso, che si svolgono in un contesto di equilibri delicati e di divergenze strategiche non solo tra le parti in conflitto, ma anche all’interno dello stesso governo israeliano.