L’analisi: perché l’Italia che appoggia il boicottaggio dell’UNRWA cade nella trappola dei colonialisti israeliani

Durante la recente controversa conferenza sulla colonizzazione di Gaza che ha avuto luogo a Gerusalemme e a cui dodici ministri e vari legislatori israeliani hanno partecipato era presente anche Daniella Weiss, leader di uno dei movimenti sionisti di colonizzazione. In uno dei commenti davanti ai microfoni dei media israeliani Weiss non ha mostrato alcun dubbio nel tono di voce mentre affermava “loro (i palestinesi) se ne andranno. Abbiamo bloccato loro tutto, il cibo. Se ne andranno e (gli altri Stati) se li prenderanno.” Il recente boicottaggio dell’UNRWA a cui anche l’Italia ha aderito sta rendendo proprio nel modo descritto dalla Weiss la pulizia etnica di Gaza una realtà. Ecco perché.

Dietro la spinta israeliana, la recente decisione di alcuni Paesi come gli USA e l’Italia (l’UE sta riflettendo sull’idea) di bloccare i loro fondi verso l’UNRWA (L’Agenzia ONU per il soccorso e dei profughi palestinesi) alla luce del presunto coinvolgimento di alcuni dipendenti dell’Agenzia nella contro-offensiva della resistenza palestinese il 7 Ottobre presenza due problemi principali che rischiano di aggravare la crisi umanitaria a Gaza e di contribuire attivamente al consolidamento della pulizia etnica di Gaza.

Il primo problema è che anche se alcuni dipendenti UNRWA si fossero macchiati di presunti crimini di guerra, questo costituirebbe al massimo un motivo per perseguire gli individui e non l’intera organizzazione. Certo, anche e per assurdo l’argomentazione (tutta sionista) sarebbe che l’intera UNRWA sia in mano a Hamas, l’onere di dimostrare una tale affermazione ricadrebbe pesantemente su chi fa l’accusa e ancor di più alla luce del danno immediato che boicottaggi dell’UNRWA come quello che stiamo osservando avrebbe sulle vittime del massacro a Gaza. Ad ora le prove su tale coinvolgimento sono quasi nulle e si fermano ad accuse lanciate da Israele e seguite a ruota dagli USA e da alcuni Stati della sua orbita d’influenza come l’Italia.

Il secondo problema, ugualmente grave, è legale. Come ha anche ribadito di recente la Corte UE di giustizia, normalmente ai palestinesi non possono richiedere lo status di rifugiato. La stessa Corte però ha ricordato che in linea con la Convenzione di Ginevra, nei casi in cui le attività dell’UNRWA dovessero cessare questo ribalterebbe la situazione per i palestinesi permettendogli di chiedere in massa lo status di rifugiati.

Masse di disperati che hanno perso tutto si aggrapperebbero all’unica possibilità di salvezza, schiacciati da un lato dal massacro genocida israeliano e dall’altro dal mare o dal deserto. Nel medio e lungo termine però le conseguenze di un tale esodo sarebbero più che problematiche. Questo infatti consoliderebbe i tentativi dichiarati da parte di Israele di effettuare una pulizia etnica a Gaza per colonizzarla risultando in una vera e propria seconda Nakba.

Se da un lato appare evidente che la leadership israeliana ha ben fatto i conti su tale strategia sembra che altri Stati come l’Italia che si sono accodate non hanno ben fatto i conti. Sia da un punto di vista di diritto umanitario che di interessi il supporto dell’Italia a tale boicottaggio contro l’UNRWA mette sempre più l’Italia in una situazione precaria. Già la doppia astensione al cessate al fuoco presso l’ONU in favore di uno Stato (Israele) su cui ora pende sul capo un’accusa di genocidio è stato un grosso colpo per la reputazione e credibilità del Bel Paese. Un contributo attivo alla pulizia etnica dei Gazawi isolerebbe l’Italia da partner strategici nel Sud Globale e porterebbe alla fine del Piano Mattei della Meloni e qualsiasi possibile successore. Quando la polvere sarà diramata non rimarrà che un’Italia isolata nello scenario internazionale e spezzata a livello nazionale alla luce di una forte spaccatura fra l’approccio del governo nei confronti della questione palestinese e una popolazione che in massa ha chiesto il riconoscimento dello Stato della Palestina, il cessate il fuoco, e una chiara denuncia delle violazioni del diritto da parte del regime israeliano.