La verità oltre la nebbia: l’Operazione Al-Aqsa Flood secondo Hamas nel recente documento pubblicato dal movimento di resistenza

Dal 7  ottobre i media mainstream hanno imposto una narrazione ed una interpretazione dei fatti: quella di Israele. Così il 7 ottobre è stato presentato come un assalto isolato, inspiegabile, irrazionale, e guidato solo da una furia omicida da parte di barbari assassini contro innocenti civili. Questa narrazione è stata ampiamente opposta da esperti ed attivisti ma la narrazione della propaganda mainstream non è  variata riconoscendo al massimo ”possibili preoccupazioni” in merito al numero di morti palestinesi.

Così dopo mesi, nel mese di Gennaio, Hamas pubblica la sua versione dei fatti nel documento intitolato “Our Narrative: Operation Al-Aqsa Flood” (La nostra versione dei fatti: l’operazione Al-Aqsa Flood). Una versione che riprende molti dei punti ripresi dagli esperti ed attivisti e che mostrano una realtà del 7 ottobre contestualizzata, che vede una risposta difensiva contro l’occupante piuttosto che offensiva da parte della resistenza palestinese dopo anni e mesi di brutalità e deturpazione dei luoghi più sacri, che denuncia qualsiasi morte civile riconoscendo al contempo che quando si parla di Israele non si parla spesso solo di ”civili” ma di coloni, occupanti, riservisti, e apartheidisti che negli anni di ”bombardamenti preventivi” contro Gaza non sdegnavano di mostrarsi al mondo mentre ridevano e mangiavano popcorn dalle colline circostanti.

Il documento pubblicato dall’ufficio mediatico di Hamas offre una prospettiva completa del punto di vista del movimento di resistenza armata palestinese su vari aspetti legati all’operazione Al-Aqsa Flood, comprese le sue motivazioni, il contesto storico della resistenza palestinese, le risposte alle accuse israeliane , e chiede un’indagine internazionale offrendo un chiarimento sull’identità e sugli obiettivi di Hamas.

Il documento delinea anche rimostranze contro  il regime di occupazione israeliano e ricorda le lotte di lunga data del popolo palestinese contro l’occupazione e l’aggressione, sottolineando la necessità di un’indagine internazionale trasparente sui crimini commessi da Israele, la responsabilità per crimini di guerra e la legittimità della resistenza ai sensi del diritto internazionale.

Hamas nel documento loda anche il sostegno globale nei confronti dell’autodeterminazione palestinese (incluso il riconoscimento di uno Stato Palestinese pienamente libero e sovrano) e critica al contempo la risposta della comunità politica internazionale al conflitto. Infine, il documento si conclude con un appello all’azione per porre fine all’occupazione e sostenere i diritti dei palestinesi, inquadrati nel più ampio conflitto storico e in corso tra Palestina e Israele.

Analizziamo dunque più nel dettaglio il documento in questione disponibile qui nella sua versione integrale ed originale in inglese.

Perché l’operazione Al-Aqsa

Nel primo capitolo del documento Hamas delinea la lotta storica e in corso del popolo palestinese contro il colonialismo britannico e l’occupazione sionista, iniziata nel 1918 e che ha portato alla sistematica negazione dei diritti dei palestinesi, compreso il diritto all’autodeterminazione. Hamas descrive nel dettaglio l’esproprio della terra, la pulizia etnica e lo sfollamento di massa inflitti ai palestinesi, culminati con la fondazione di Israele nel 1948, tutti fatti riconosciuti dalla Storia contemporanea a che Hamas menziona per inquadrare il resto del discorso. La narrazione continua a descrivere la sofferenza derivante dalle politiche israeliane, inclusi blocchi, guerre e la negazione del diritto alla libertà e del ritorno, evidenziando l’incapacità della comunità internazionale di ritenere Israele responsabile delle sue azioni. Il capitolo sottolinea anche il diritto  dei palestinesi – sancito dalla legge internazionale – a resistere all’occupazione e la necessità storica e strategica dell’operazione Al-Aqsa Flood come risposta alla continua aggressione israeliana e all’inerzia della comunità internazionale.

The battle of the Palestinian people against occupation and colonialism did not start on Oct. 7, but started 105 years ago, including 30 years of British colonialism and 75 years of Zionist occupation (La nostra versione dei fatti, Capitolo 1, Hamas).

Cos’è successo il 7 ottobre e la risposta alle accuse israeliane

Alla luce delle accuse e delle accuse inventate da Israele sull’operazione Al-Aqsa Flood del 7 ottobre e sulle sue ripercussioni, noi del Movimento di Resistenza Islamica – Hamas -chiariamo quanto segue (La nostra versione dei fatti, Capitolo 2, Hamas).

Hamas dichiara nel secondo capitolo che l’obiettivo dell’operazione Al-Aqsa Flood era di prendere di mira i siti militari israeliani e catturare i soldati per aprire le porte per uno scambio di prigionieri e liberare le migliaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. L’operazione – afferma Hamas – ha preso di mira specificamente la Divisione Gaza dell’esercito israeliano e i siti militari vicino agli insediamenti di Gaza.

In questo contesto, Hamas ricorda la sua adesione ai valori islamici e ai relativi obblighi morali sulla prevenzione di vittime civili, in particolare bambini, donne e anziani. Hamas riconosce che vi sono stati morti fra queste categorie protette fra gli israeliani ma afferma che qualsiasi danno civile è stato accidentale, non parte della strategia dell’operazione, e che queste morti si sono verificate durante gli scontri e dunque nel fuoco incrociato.

Il capitolo confuta anche le affermazioni israeliane di aver preso di mira intenzionalmente civili, citando fatti e prove, incluse videoclip e testimonianze israeliane, che mettono in discussione la narrativa israeliana. Hamas affronta e nega specificamente le accuse di decapitazioni e aggressioni sessuali, attribuendo tali accuse alla disinformazione israeliana. Questi fatti facenti parte della propaganda israeliana sono stati confutati da giornalisti, esperti, ed attivisti e sono riuscite anche ad arrivare – seppur in modo limitato – sotto i riflettori dei media dell’establishment.

Hamas descrive anche il trattamento riservato ai detenuti israeliani durante l’operazione, sottolineando gli sforzi per facilitare il loro rilascio durante una tregua umanitaria ed il rispetto dei loro bisogni di base. Fatto anche questo confermato dalle testimonianze degli stessi prigionieri rilasciati da Hamas fin dal primo momento.

La narrazione di Hamas contrasta le accuse israeliane descrivendo dettagliatamente le istanze in cui le azioni militari israeliane hanno provocato la morte di civili, compreso l’uso della “Direttiva Annibale” di Israele e la sistemica identificazione di non combattenti come combattenti. Il testo discute anche lo status dei coloni israeliani che in massa vengono armati da Israele e la politica di coscrizione in Israele più in generale, sostenendo che questi fattori confondono il confine tra civili e combattenti nel contesto della resistenza armata portata avanti dall’organizzazione palestinese. Così Hamas condanna da un lato la sistematica violenza israeliana contro i palestinesi, e dall’altro la contrappone agli sforzi della resistenza palestinese per ridurre al minimo i danni civili.

Il capitolo si conclude criticando l’accettazione acritica da parte della comunità internazionale e dei media delle narrazioni israeliane, chiedendo indagini indipendenti per rivelare la verità. Così viene sottolineata la necessità di un’indagine indipendente a cui Hamas non solo è aperta m auspica esprimendo fiducia che indagini eque e indipendenti convaliderebbero la loro narrazione e smaschererebbero la disinformazione da parte israeliana.

La resistenza legale palestinese nei fora internazionali e la lotta di Hamas contro il sionismo e non gli ebrei

Il terzo capitolo discute dell’adesione della Palestina alla Corte penale internazionale nel 2015 e della sua richiesta di indagini sui crimini di guerra israeliani, richiesta che ha incontrato l’opposizione di Israele e di alcuni paesi potenti. Hamas critica questi paesi per essersi schierati con Israele e per aver ostacolato la giustizia, esortandoli a sostenere le indagini della CPI sui crimini nella Palestina occupata. Il passaggio evidenzia la resistenza globale alle azioni israeliane, comprese le risoluzioni delle Nazioni Unite e i tentativi di azioni legali attraverso la giurisdizione universale, sottolineando la lotta più ampia contro il colonialismo e il sostegno globale ai diritti dei palestinesi.

Il quarto capitolo invece ritorna su una prospettiva più generica delineando l’identità di Hamas come movimento di liberazione nazionale islamico palestinese concentrato sulla resistenza al progetto sionista nel rispetto dei principi dell’Islam. Il movimento definisce il suo conflitto specificatamente come uno sforzo contro il sionismo piuttosto che contro il giudaismo, sottolineando il sostegno storico arabo e islamico alle comunità ebraiche e negando qualsiasi accusa di antisemitismo o razzismo. Hamas afferma la propria legittimità come movimento di liberazione nazionale ai sensi del diritto internazionale, sostenendo la resistenza armata come diritto legale per combattere l’occupazione e l’aggressione israeliana. Si condanna dunque la giustificazione israeliana dell’autodifesa per perpetrare crimini contro i palestinesi, evidenziando il grave impatto delle azioni israeliane sulle infrastrutture civili e sulla popolazione di Gaza.

Il popolo palestinese si è sempre opposto all’oppressione, all’ingiustizia e ai massacri contro i civili, indipendentemente da chi li commette. E sulla base dei nostri valori religiosi e morali, abbiamo chiaramente affermato il nostro rifiuto di ciò a cui gli ebrei furono esposti dalla Germania nazista. Qui ricordiamo che il problema ebraico era essenzialmente un problema europeo, mentre l’ambiente arabo e islamico è stato – nel corso della storia – un rifugio sicuro per il popolo ebraico e per altri popoli di altre credenze ed etnie. L’ambiente arabo e islamico è stato un esempio di convivenza, interazione culturale e libertà religiosa. L’attuale conflitto è causato dal comportamento aggressivo del sionismo e dalla sua alleanza con le potenze coloniali occidentali; pertanto, rifiutiamo lo sfruttamento della sofferenza ebraica in Europa per giustificare l’oppressione contro il nostro popolo in Palestina (La nostra versione dei fatti, Capitolo 4, Hamas).

La resistenza legale palestinese nei fora internazionali e la lotta di Hamas contro il sionismo e non gli ebrei

Hamas conclude sostenendo la legittimità e la necessità della resistenza contro l’occupazione, e sottolineando la lotta palestinese per la liberazione. Il movimento chiede la cessazione immediata dell’aggressione israeliana, rimarca la responsabilità legale per le azioni di Israele, e invoca il sostegno globale nei confronti resistenza palestinese e la fine della complicità internazionale verso le politiche israeliane. Hamas sottolinea anche l’importanza dei movimenti di solidarietà, rifiutando categoricamente qualsiasi decisione esterna e unilaterale sul futuro di Gaza sostenendo il diritto dei palestinesi a tornare alle proprie case e sollecitando un boicottaggio globale di Israele e dei suoi sostenitori fino alla fine dell’occupazione.

L’occupazione è occupazione, non importa come la si descriva o si chiami, e rimane uno strumento per spezzare la volontà dei popoli e continuare a opprimerli. D’altro canto, le esperienze dei popoli/nazioni nel corso della storia su come staccarsi dall’occupazione e dal colonialismo confermano che la resistenza è l’approccio strategico e l’unico modo per liberarsi e porre fine all’occupazione. Qualche nazione è stata liberata dall’occupazione senza lotta, resistenza o sacrificio? (La nostra versione dei fatti, Capitolo 5, Hamas).