ONG Palestinesi diffidano ENI: il gas di Gaza è nostro, rischia complicità in genocidio

Le organizzazioni umanitarie palestinesi Al-Haq, Al Mezan Center for Human Rights e Palestine Center for Human Rights (PCHR) hanno recentemente inviato una diffida legale all’ENI e ad altre compagnie petrolifere, tra cui Dana Petroleum e Ratio Petroleum, riguardo alle licenze concesse da Israele per l’esplorazione delle acque antistanti Gaza alla ricerca di gas.

Questa azione legale è stata affidata allo studio legale Foley Hoag ed è volta a contestare la legittimità delle licenze rilasciate da Israele e a mettere in guardia le compagnie dall’intraprendere attività nelle aree contestate.

La missiva esordisce così: “Recentemente abbiamo appreso che la vostra azienda era tra quelle a cui il Ministero dell’Energia e delle Infrastrutture di Israele ha assegnato sei licenze nella cosiddetta “Zona G” al largo di Israele e della Palestina. L’annuncio è stato fatto il 29 ottobre 2023, tre settimane dopo l’inizio della guerra a Gaza.”

Secondo la lettera inviata dall’avvocato Lawrence H. Martin dello studio legale Foley Hoag, le licenze assegnate da Israele si sovrappongono significativamente alle aree marittime rivendicate dallo Stato di Palestina in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982. Questa sovrapposizione evidenzia la mancanza di validità delle licenze concesse da Israele e quindi l’illegittimità di qualsiasi attività intrapresa da parte delle compagnie petrolifere nelle aree contestate.

“…la “Zona G” di Israele si sovrappone sostanzialmente alle aree marittime che lo Stato di Palestina rivendica in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Questa sovrapposizione significativa è rappresentata nella mappa allegata per vostra informazione. In effetti, circa il 62% della “Zona G” rientra nella Zona Economica Esclusiva rivendicata dalla Palestina. A causa di questa sovrapposizione, Israele non avrebbe potuto validamente assegnarvi alcun diritto di esplorazione e voi non avreste potuto validamente acquisire tali diritti.”

L’area marittima interessata, conosciuta come “Zona G”, è adiacente alle coste di Gaza e rappresenta una risorsa strategica per lo sfruttamento del gas naturale. Tuttavia, Israele non riconosce la Palestina come uno Stato sovrano e contesta l’autorità della Palestina nel dichiarare i propri confini marittimi. 

Qui un altro passaggio della lettera: “Considerando questa situazione, vi esortiamo a astenervi dal firmare qualsiasi documento di licenza. In alternativa, vi esortiamo a desistere dall’intraprendere qualsiasi attività nelle aree della “Zona G” che la Palestina rivendica, poiché tali attività costituirebbero una flagrante violazione del diritto internazionale. Infatti, comprendiamo che anche Israele condivide la stessa visione. Nel suo verbale del 2020 alle Nazioni Unite contro le rivendicazioni marittime della Palestina, Israele ha dichiarato che “non permetterà alcuna attività non consensuale o non autorizzata, inclusa da terzi, nelle sue aree marittime …”. Anche la Palestina ha lo stesso diritto di bloccare attività non consensuali e non autorizzate nelle sue zone marittime e l’ha affermato nella sua risposta del 2022 alle Nazioni Unite.”

Le organizzazioni umanitarie sostengono che l’assegnazione delle licenze da parte di Israele costituisca una violazione del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale. Inoltre, poiché Israele è considerato una forza occupante dei Territori palestinesi, ha il divieto di sfruttare le risorse naturali non rinnovabili del territorio occupato per scopi commerciali che non siano a beneficio della popolazione occupata.

La diffida inviata dall’avvocato Martin rappresenta un chiaro avvertimento per le compagnie petrolifere coinvolte, incluso l’ENI. Si sottolinea che intraprendere attività nelle aree contestate potrebbe rendere le compagnie complici in crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale umanitario. Inoltre, si avverte che tali azioni potrebbero comportare conseguenze legali e reputazionali significative per le compagnie coinvolte.

Bisogna ricordare che in base alla Convenzione sul Genocidio e al diritto internazionale i paesi che forniscono sostegno o assistenza a coloro che commettono genocidio possono essere considerati complici e possono essere soggetti a responsabilità penale e internazionale. Questo concetto è stato recentemente ribadito dal primo provvedimento emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia nell’ambito del processo intentato dal Sudafrica contro Israele.

La diffida delle ONG palestinesi rappresenta una sfida legale e morale per l’ENI e altre compagnie petrolifere coinvolte nell’esplorazione offshore nelle acque antistanti Gaza. Questo caso solleva importanti questioni riguardanti il rispetto del diritto internazionale, i diritti umani e l’autodeterminazione del popolo palestinese. Per ora l’ENI non ha fornito nessuna risposta e non ha risposto nemmeno il governo che rappresenta il 33% dell’azionariato di ENI.