L’ultimo capitolo del genocidio è un atto di accusa contro i pavidi, i pilateschi ed i venduti


Esiste una quantità stabilita di vite umane oltre la quale si deve dire basta? Se esistesse, di sicuro si tratterebbe di una soglia differenziata a partire tra criteri etnici e religiosi che porrebbero con tutta probabilità i palestinesi di Gaza sui gradini più bassi della scala.

Questa soglia con tutta evidenza non c’è, ma ci sono stati nella Storia momenti ed episodi che han reso evidente a tutti ciò che doveva esserlo sin dal principio, in questo caso: a Gaza si sta consumando un genocidio e lo Stato di Israele è uno stato intrinsecamente genocidario.

A dimostrarlo, oltre alle dichiarazioni di intenti dei suoi rappresentanti politici, la disinvoltura con la quale fa strage di civili contando sull’immunità che gli viene garantita dalla potente rete transnazionale di interessi e minacce che ha saputo tessere e facendo leva sulla religione olocaustica che ha forgiato a mo’ di ricatto permanente verso le coscienze occidentali. 

Ieri, Gaza è stata teatro di un’altra giornata di orrore e terrore, un altro capitolo oscuro del genocidio. L’esercito israeliano ha perpetrato un massacro, sparando sulla folla disperata, composta da uomini, donne e bambini, in attesa di aiuti umanitari essenziali, dopo settimane di fame e carestia.

Più di cento vite innocenti sono state spezzate, centinaia di palestinesi hanno subito ferite orribili, mentre il mondo osserva, immerso nella sua complicità silenziosa o nel suo cinico sostegno a coloro che perpetrano tali atrocità. Questo non è solo un crimine contro l’umanità, ma una macchia indelebile sulla coscienza dell’intera umanità, un oltraggio contro i principi fondamentali della civiltà e della giustizia.

Accuso tutti coloro che con il loro sostegno tacito o il loro silenzio complice, consentono che tali atrocità avvengano impunite. Il governo italiano, i giornalisti asserviti, gli intellettuali di regime, i sacerdoti cristiani, i sapienti musulmani, pavidi, pilateschi, venduti.

Accuso tutti coloro che con la loro azione o con la loro parola avrebbero il potere di fermare il massacri ma  scelgono invece di voltare lo sguardo altrove, preferendo proteggere i propri interessi politici ed economici.

Si staglia di fronte a tutti noi, come un gigante di umanità, il soldato Aaron Bushnell, che ha deciso di offrire la sua vita affinché l’urlo di dolore della sua coscienza non rimanesse inascoltato, affinché qualcuno si svegliasse dal torpore e avesse contezza della dimensione di questo abominio. 

Ancora una volta siamo a ricordare le stragi di Srebrenica, quelle del Rwanda, pensiamo alle lacrime delle madri che piangono i loro figli perduti, alle grida disperate dei bambini che implorano pietà e ricordiamo come chi avrebbe potuto intervenire non lo fece. Ricordiamo le promesse “mai più”, promesse che si rinnovano in rituale sempre più vuoto ogni 27 gennaio mentre a Gaza per tracciare un confine di uno Stato immaginario si bombarda un ospedale. 

È giunto il momento di porre fine a questa follia, di chiedere conto a coloro che commettono e permettono tali atrocità, di sollevare la voce per la giustizia e per la pace. Invoco i principi etici delle fedi abramitiche, che insegnano la compassione, la misericordia e il rispetto per la vita umana.

Chiamo tutti coloro che credono in questi valori, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a unirsi e lottare per fermare il genocidio a Gaza e per mettere alla sbarra i gerarchi del regime sionista e tutti i loro complici a livello internazionale. 

La storia ci giudicherà, Dio chi giudicherà.