Prima corrispondenza da Gaza: condizioni di vita impossibili ma i gazawi hanno una fede incrollabile


Un operatore umanitario si trova a Gaza in questi giorni ci invia questa prima corrispondenza sulla situazione nella Striscia, alla quale speriamo possano fare seguito altre. 

Qui a Gaza, per chi può muoversi fino raggiungerla, ogni giorno é buono per tornare a quel che resta della propria casa, nessuno qui e più legato a nulla se non alla propria vita, ma il pensiero dei corpi dei propri cari ancora sotto le macerie é insostenibile.

La puzza dei cadaveri rende il macabro dovere più facile, dopo settimane si sa finalmente dove scavare, qualche volta si riesce a trovare dopo grandi difficoltà un mezzo qualsiasi che possa essere utile almeno a fare il più grosso della strada. Il servizio di protezione civile governativo fa quello che può ma non ci sono i mezzi per soddisfare le innumerevoli richieste. Non sempre si trova tutto il corpo, più spesso si recuperano pezzi sparsi ma almeno si può finalmente chiudere il conto e  dare un ultimo saluto.

Qui a Gaza la gente nonostante le difficilissime condizioni non ha perso la dignità e neanche il sorriso, e chi assiste a  questo spietato spettacolo così come chi lo subisce in prima persona come familiare piange in silenzio, compostamente. I cadaveri vengono avvolti in teli e trasportati sui tetti dei pochi mezzi rimasti, automobili o carretti trainati da un asino o dalle ambulanze, nonostante quest’ ultime sappiano benissimo di essere costantemente dei possibili target non si sottraggono al proprio compito.

Chi in Italia può immaginare di dover vivere una situazione del genere? Intanto il rumore dei droni che sorvolano continuamente l’enorme tendopoli non smette, specie di notte dove di tanto in tanto una esplosione che scuote le terra rinnova il massacro, l’estate é alle porte ed il mare sa essere bellissimo anche con le navi israeliane a largo che a voler ricordare che siamo in una enorme prigione.

Col tempo si impara a distinguere il doppio tonfo dei cannoni navali dagli altri, infatti c’è ancora qualche coraggioso che sale al tramonto su un piccolo gommone per osare di pescare qualcosa per la propria famiglia, I pescherecci, i pochi che sono rimasti, non ci provano neanche più.

Ma nonostante tutti sappiano che per loro a Gaza non sarà più possibile vivere, almeno nel prossimo futuro, I gazawi non smettono di sorridere, sorretti da una fede incrollabile, riescono ancora ad avere cura dei numerosi gatti malandati ma in qualche modo nutriti, i giovani riescono ancora a sperare in un futuro normale nonostante qualcuno da qualche parte, in una terra vicina e in una lontana, minaccia un attacco di terra che nel migliore dei casi sarà un’altra catastrofe umanitaria annunciata e imminente.

Intanto i bambini continuano a fare volare gli aquiloni a tutte le ore, ovunque, di tutti i colori, ma quelli verdi bianchi rossi e neri sono quelli più belli e che volano più in alto.