Terza corrispondenza da Gaza: come si sopravvive all’Olocausto

Un operatore umanitario si trova a Gaza in questi giorni ci invia la terza corrispondenza sulla situazione nella Striscia.

Ci si é chiesti quali erano le caratteristiche delle persone che sopravvissero all’Olocausto, non essendoci evidenti caratteristiche legate all’età, al sesso, allo stato di salute, al tipo di persecuzione subita che potessero essere chiaramente individuate. La risposta fu trovata dagli psicologi che intervistarono i sopravvissuti, e fu che coloro che sopravvissero maggiormente furono quelli che riuscirono a farsene una ragione, cioè coloro che riuscirono a dare una spiegazione all’assurdità che stavano subendo. La disperazione fu in qualche modo l’elemento spartiacque tra una possibilità di sopravvivenza e non.

Durante l’Olocausto che subisce oggi il popolo palestinese l’elemento meno presente sembra essere proprio la disperazione, nonostante la grande sofferenza che dura oramai da più di una generazione questo popolo sembra non cedere mai tanto da perdere la voglia di vivere. Colpisce ad esempio la cura con cui ancora si bada alla propria igiene e alla propria persona, é di fatto un miracolo che non ci sia ancora una emergenza epidemica in corso. La resistenza è prima di tutto una faccenda spirituale, con uno spirito forte l’impossibile diventa possibile  e così le moto possano ancora correre utilizzando il gas delle bombole per le cucine come combustibile, una bici può diventare il motore di una pompa idraulica, i tappeti le pareti di una tenda. 

É del tutto evidente che quello che stanno cercando di fare i sionisti è proprio cercare di umiliare questo popolo, che altro senso avrebbero altrimenti le detenzioni arbitrarie  dei bambini? Per quello che vale la vita di un palestinese per gli israeliani sarebbe per loro più facile ucciderli. Invece no, i medici prelevati dagli ospedali mentre adempivano al loro compito, coerentemente con la pudicizia di questa gente, non entrano mai nei particolari, ma tutti parlano dell’esplicito tentativo di essere ridotti ad uno stato di bestialità. Perché distruggere ospedali, scuole, chiese e moschee se non al fine di cancellare la vita civile e sociale.

Il popolo palestinese é un popolo resistente perché ha una fede incrollabile, sa che dietro ad ogni esplosione che fa tremare la terra a chilometri di distanza, più in alto di qualsiasi drone che sorvola costantemente la Striscia di Gaza già da prima dell’assedio, più attento di qualsiasi check point, c’è Dio e che tutto ciò che sta accadendo non é privo di senso. Ma la cosa che più di tutto si scopre e  sorprende parlando con i palestinesi è che essi vivono sapendo già che la guerra non finirà mai, ma anche che come non sono stati piegati finora non saranno piegati, se Dio vuole, neanche in futuro.