Con le elezioni torna di moda la caccia al musulmano tra politici e TV spazzatura

Torna in questi giorni a soffiare impetuoso in Italia quello che Bob Dylan in una sua canzone chiamava Idiot Wind, vento idiota. Il vento idiota per la verità in questo nostro paese, con più o meno forte intensità, ha soffiato praticamente sempre. Esso è un vento, come si usa dire oggi, trasversale. 

Non c’è movimento, partito politico, parrocchia ideologica che ne sia esente. Soffia su vari temi. Un paio di anni fa soffiava sui vaccini, sulla loro pretesa di salvezza universale garantita dalla Scienza, con la gente costretta con le buone o con le cattive a sottoporsi all’iniezione salvifica, obbligata agli arresti domiciliari, a riti tristi, a inutili, spesso stupide e cervellotiche restrizioni. 

Ha soffiato e soffia ancora sulle note guerresche dell’appoggio ideologico e concretamente materiale all’Ucraina di Zelensky, e all’ottuso odio antirusso, arrivato al punto demenziale, poi per fortuna rientrato, di bandire la letteratura russa dai seminari universitari.

Soffia nella voglia demente di menar le mani, dimenticando ogni equilibrio senso della realtà, arrivando fino  al punto di accettare il rischio di un olocausto nucleare, anche se, su questo ultimo punto, a onore del vero, pare ci sia, per fortuna, almeno da parte del governo italiano, un minimo ritorno di lucidità e di ragionevolezza. 

Contro la religione islamica, con punte più o meno acute, ha praticamente sempre soffiato. Ma in questi pochi giorni che mancano alle elezioni europee, per evidenti interessi di bottega, poiché sventolare il pericolo islamico, unendolo magari alla paura degli immigrati e, perché no, al supposto diritto di Israele a difendersi e ad esistere, magari ergendosi su una montagna di cadaveri innocenti, fa sempre buon gioco, e il vento idiota della menzogna sistematica e dell’odio soffia ancora più potente. 

Questo vento idiota soffia impetuoso, e per la verità non da oggi, nel reiterato e continuato attacco politico e mediatico all’Islam e alla comunità islamica italiana, alla sua gente, ai suoi diritti, ai fondamenti stessi della sua identità storica e religiosa. Questo vento vigliacco ed idiota soffia impetuoso soprattutto  fra i partiti della coalizione di destra, o di centro destra, come forse preferiscono chiamarsi. Rimbomba bullo e vigliacco nelle reti televisive e nei giornali di riferimento, dove un certo Mario Giordano può saltellare qua e là grottesco in scena, con la sua vocetta stridula, a evocare e spaventare lo spettatore medio con i più vieti e scontati stereotipi dell’armamentario anti Islam. 

Non meglio il Del Debbio, almeno in apparenza più misurato, più sobrio del suo collega conduttore di Fuori dal Coro, ma non meno fazioso, velenoso, letale. Nella sua trasmissione Diritto e Rovescio, in collegamento video con la signora Meloni porgeva, verso la fine dell’intervista, una domanda con risposta già allegata. Una domanda – che più che a una domanda, assomiglia ad un assist verso la punta lanciata in rete, o un bagher per alzare la palla per la schiacciata, fate voi, secondo i vostri gusti sportivi- sull’intervento dell’attivista pro Palestina Brahim Baya nell’ateneo torinese occupato dagli studenti di qualche giorno prima, e soprattutto sulla Salat che Brahim Baya vi ha diretto. 

E lei, la nostra presidente del consiglio, non perde l’occasione per farci sapere che la laicità vale solo per togliere i crocifissi dalle pareti, ma si permette ad un islamico in un ateneo pubblico di inneggiare al jihad.. per poi auspicare l’intervento della magistratura nei confronti del reprobo. Il tutto, naturalmente, sorvolando sul fatto che nel suo discorso il nostro fratello aveva parlato sì di jihad, ma nel senso più stretto del termine, cioè quello di sforzo interiore, ed aveva, cosa evidentemente vietatissima, chiamato i musulmani alla lotta non violenta e alla solidarietà con il martire popolo di Palestina. E poi quei ragazzi si erano messi a pregare, come se pregare da musulmani sia  in Italia un crimine, dimenticando che la libertà religiosa, e quindi va da sé la libertà di preghiera, è un principio ampiamente garantito dalla nostra Costituzione. Costituzione con cui in Italia, alla bisogna, tutti amano riempirsi la bocca. 

Il mondo dell’islamofobia italiana è ampio e piuttosto variegato, anche se in fondo la musica che suona è sempre quella, violenta, mediocre e monocorde. All’orribile sacra trimurti dell’islamofobia, a quell’Idra le cui tre teste sono quelle, diciamocelo, non proprio belle, di Magdi Cristiano Allam, Carlo Pannella e Silvana De Mari, si sono nel tempo aggiunti sindaci sullo stile della signora Cisint, sindaco di Monfalcone, con la sua guerra tutta personale contro gli immigrati musulmani del suo comune, ai quali ha giurato di rendere la vita difficile negando loro la possibilità di avere dei luoghi dove riunirsi e pregare e bullizzando le donne che avrebbero la temeraria pretesa di immergersi nelle acque del suo mare coperte da veli. 

E poi in questa breve e sintetica panoramica, come dimenticare la bionda leghista Silvia Sardone, che lei a Bruxelles ci va, nientepopodimeno che, per difendere le “nostre radici” e, dulcis in fundo, l’onorevole Foti con la sua proposta di legge che se approvata anche in senato, cosa abbastanza scontata, renderà molto complicato alle comunità islamiche italiane di trovare luoghi in cui potersi riunire e pregare. 

Tutti questi personaggi non sanno, o fingono di non sapere, o meglio ancora non vogliono sapere, che la comunità islamica in Italia, in barba ai loro sforzi e al loro odio, pur nelle sue inevitabili fragilità e contraddizioni, è una comunità giovane e vitale, destinata ad aumentare numericamente sempre di più, e che i musulmani italiani, nella loro stragrande maggioranza, siano essi immigrati provenienti dall’universo mondo come anche nativi italiani, ormai tutt’altro che numericamente irrilevanti, chiedono solo di poter praticare pacificamente e nel rispetto di tutti la loro religione, e di vivere e lavorare in questo paese accettandone pienamente le leggi, ma anche nella piena consapevolezza e nell’orgoglio della loro irriducibile identità.