La Turchia ospita 4 milioni di siriani, potrebbe davvero aprire le porte verso l’Europa e sarebbe un disastro

Con l’avanzare delle truppe turche, affiancate dalle milizie siriane, nel territorio controllato dalla YPG, molti paesi europei hanno alzato la voce e minacciato la Turchia con le  sanzioni. Norvegia e Finlandia hanno già posto in atto un embargo sulla vendita di armi. Paesi come la Francia minacciano sanzioni commerciali. Erdoğan, da parte sua, ieri ha usato quelle keyword, che nell’opinione pubblica europea, sono diventate ragione di isteria collettiva: migranti e profughi. Nel suo discorso il Presidente turco ha ribadito che se i paesi europei ostacoleranno l’operazione “Sorgente di Pace” la Turchia aprirà le porte verso l’Europa a 4 milioni di rifugiati siriani. Questo è un bluff ma comunque non è da sottovalutare.

La Turchia ospita già da diversi anni quasi quattro milioni di rifugiati siriani ai quali vanno aggiunti i migranti dall’Iraq, Libia, Afghanistan e diversi paesi dell’Asia centrale. Nelle province di confine come Şanlıurfa o Gaziantep, da dove oggi si combatte, solo i rifugiati siriani ospitati nel centri profughi costituiscono più del 20% della popolazione.

Il famoso contributo europeo alle politiche di accoglienza turche consiste in 6 miliardi di euro che se diviso per 4 milioni di profughi siriani e per 8 anni otteniamo la cifra di 187 euro all’anno per ogni profugo, non proprio il mare di soldi che spesso viene rinfacciato alla Turchia. 

A questi vanno aggiunti quelli che vivono nelle grandi città che, nel bene o nel male, sono integrati nella società e nell’economia del paese. Solo ad Istanbul, ci sono quasi 561 mila siriani, equivalente al 3,73% dell’intera popolazione della megalopoli. Questi ultimi difficilmente deciderebbero di lasciare anche quel poco che hanno raggiunto in questi anni per tentare un viaggio disperato verso l’Europa.

Anche se la minaccia di inviare quattro milioni di rifugiati appare, dunque, remota, la Turchia potrebbe rinunciare a stretti controlli al confine e permettere alle centinaia di migliaia di migranti, che usano il paese come trampolino per tentare il viaggio verso l’Europa, di superare il confine. In questo caso non ci sarebbe uno scenario apocalittico come quello minacciato, ma comunque la Grecia continentale ed insulare si troverebbe ad affrontare nuovamente una profonda crisi umanitaria. Una crisi che, comunque, la Turchia si trova quotidianamente ad affrontare da sola e su scala maggiore. Considerato tutto ciò, l’Ungheria ha già difeso le posizioni della Turchia in sede europea e probabilmente anche la Bulgaria (altro paese della UE confinante con la Turchia) si allineerà.

Dall’operazione militare, non c’è da aspettarsi un’ondata di profughi visto che quelli che fuggivano dalla pulizia etnica delle forze curde del YPG e dalla violenza dell’ISIS si erano già rifugiati nelle province turche di Urfa e Gaziantep, mentre quelli che hanno paura dell’avanzata turca si dirigerebbero verso sud.

L’Europa, infine, sta nuovamente perdendo i pochi strumenti politici ed economici di pressione che ha sulla Turchia, nonostante comprendano le necessità turche di garantire la sicurezza del paese e dei confini, rappresentanti europei hanno criticato la Turchia ed hanno affermato che, da un paese che aspira a divenire membro dell’Unione, ci si aspetta di adottare una politica estera in linea con quella dell’Unione. Questa affermazione ha fatto ridere non poche persone qui in Turchia, visto che dal 2005 non ci sono progressi considerevoli nei negoziati di adesione e che i paesi europei hanno fatto poco o nulla per aiutare il paese a garantire la propria sicurezza.

Anzi, oltre agli aiuti economici e militari allo YPG dei paesi europei i turchi da anni vedono il PKK raccogliere fondi e simpatizzanti indisturbato in Italia e molti degli altri paesi europei, nonostante sia un gruppo che ha insanguinato anche recentemente la Turchia con i suoi attentati terroristici.

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