Trump mantiene truppe USA a presidio dei campi petroliferi nel nord della Siria

Trump ha confermato questa settimana l’intenzione di mantenere un piccolo contingente di truppe nei pressi di alcuni campi petroliferi nell’area della Siria controllata dalle forze del PKK/YPG.

La decisione è stata promossa dal Pentagono che sembra sia riuscito a convincere Trump usando i campi petroliferi come elemento chiave.

Il presidente americano aveva già annunciato l’intenzione di ritirare le truppe dalla Siria ed il numero di truppe che rimarrebbe a “difendere” il campo petrolifero a seguito della recente decisione sarebbe limitato a poche centinaia, un numero troppo esiguo per fare la differenza a detta di vari esperti. La presenza delle truppe avrebbe più un valore simbolico e di deterrenza.

Il Pentagono da parte sua non ha esplicitato che lo scopo delle truppe sarebbe quello di difendere i campi petroliferi. L’obiettivo formale sarebbe quello di impedire ad Assad e all’ISIS di prendere controllo delle risorse. Questa apparente contraddizione fra la narrazione di Trump che ha voluto il ritiro delle truppe da tempo e il desiderio del Pentagono di rimanere trova la sua spiegazione nel malcontento che la decisione di Trump di ritirare le truppe ha causato presso lo stesso Pentagono.

Trump, che si è sempre presentato come uomo d’affari nel suo modus operandi politico, nonostante abbia criticato la politica interventista americana dei suoi predecessori è lo stesso Trump che ha più volte criticato il fatto che gli USA non avessero beneficiato abbastanza del petrolio iracheno, a cui ebbero accesso grazie alla guerra in Iraq.

La decisione dell’amministrazione di Washington di mantenere le truppe non è da considerarsi un fulmine a ciel sereno. Pochi giorni dopo l’annuncio del ritiro delle truppe e l’ok  all’operazione della Turchia in Siria, personaggi quali l’ex generale Jack Keane e il Senatore Lindsey Graham si sono presentati alla porta della Casa Bianca mostrando a Trump mappe della Siria contenenti la posizione dei campi petroliferi con l’intenzione di convincerlo del danno economico che un totale ritiro delle truppe avrebbe potuto causare.

L’intensa attività di lobbying ha evidentemente dato i suoi frutti e ancora una volta è nelle ragioni economiche che si trova la motivazione reale del conflitto.

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