Il politicamente corretto è la neolingua di un totalitarismo anti-umano che non accetta di essere contraddetto

Il politicamente corretto è la neolingua del pensiero unico neoliberista. Le sue origini derivano dal mondo anglosassone. Come spiega William Lind in un articolo pubblicato qualche anno fa sulla rivista The American Conservative, intitolato “Le origini del politicamente corretto”, il termine è stato ampiamente sdoganato dalla cosiddetta New left americana dagli anni ’70.

“Negli anni ’50 e ’60 – afferma – Herbert Marcuse tradusse il lavoro degli altri pensatori della Scuola di Francoforte in libri che gli studenti universitari potevano comprendere, come Eros e Civiltà, che divenne la Bibbia della New left negli anni ’60. Marcuse ha iniettato il marxismo culturale della Scuola di Francoforte nella generazione del boom, al punto che ora è l’ideologia di quella generazione”.

Dall’America dopo il 68 passando per i filosofi francesi esistenzialisti e per i neomarxisti oltre che nel movimento femminista radicale, questo linguaggio si è diffuso in tutto il mondo Occidentale. Paradossalmente esso rappresenta una vera e propria privatizzazione del pensiero, nella misura in cui si inserisce in un epoca di libertà’ anzi nell’epoca delle libertà tout court.

L’epoca moderna è nelle intenzioni dei suoi difensori l’epoca della libertà. Tale principio è stato enfaticamente espresso dall’Illuminismo e dai rivoluzionari francesi, e più recentemente ancora dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo Ma è anche l’epoca dei totalitarismi e quello neoliberista è nonostante le apparenze, un totalitarismo: negazione della libertà attraverso l’imposizione di una neolingua universale.

Siamo di fronte infatti, ad un’ideologia che porta con sé un ferreo codice verbale e morale, che viene seguito da tutta la stampa mainstream, dai politici e dagli accademici allineati. E’ fondamentale per la casta al potere l’osservanza scrupolosa di questo neocodice che comporta il biasimo collettivo e successivamente il castigo, anche professionale, per chi trasgredisce i suoi dogmi. 

In se il linguaggio politicamente corretto ha riassunto in sé le caratteristiche tipiche della neolingua orwelliana, riscrive infatti i termini svuotandoli del proprio significato simbolico o trasformandoli nel loro contrario.

Ti dicono chi devi amare e chi devi odiare, chi sono i ‘’ buoni’’ contrapposti ai ‘’ cattivi ‘’ mentre invece non è così. Infatti nella difesa urlata di certi pretesi diritti si nasconde la negazioni di altri diritti, la cui difesa è considerata nociva per il nuovo ordine neoliberista.

A differenza della destra , che spesso utilizza un linguaggio apparentemente scorretto, a volte volgare, per veicolare i suoi contenuti , i sacerdoti del politicamente corretto non hanno bisogno di farlo perché hanno il quasi monopolio della stampa.

Oltre a costruire doppi standard di verità e falsità si crea una situazione in cui l’opinione pubblica viene indebolita e vengono meno le possibilità di crearsi veramente una propria lettura degli avvenimenti.

La persona umana così diventa nella società un mero strumento di trasmissione di rapporti mercificati ed alienanti anche quando crede di fare il bene e si impegna al massimo grado ed in buona fede per questo fine.

Il dio denaro è l’unico adorato da questa casta che non ha vergogna di compiere i peggiori atti e di spandere il male grazie ai suoi soldi spesso malguadagnati.

La Reductio ad hitlerum, riduzione a Hitlerteorizzata da Leo Strauss come vizio epidemico della sinistra intellettuale, o più bonariamente la riduzione di qualsiasi dissenso a fascismo, è un classico del pensiero unico

Il fascistometro; serie di 65 domande per giudicare il livello di adesione a teorie fasciste lanciato da Michela Murgia su La Repubblica alcuni mesi fa ne è un esempio, alla fine praticamente tutti rientrano in qualche percentuale nei ‘’ fascisti ‘’, basta non assecondare completamente i desideri sfrenati di gay, femministe esaltate e creatori di distopie futuribili per essere etichettati come reazionari ,fascisti o addirittura come mentecatti e ignoranti.

Con l’allargamento del concetto di discriminazione, come si è visto nel caso dello hate speech ( concetto non sempre scientificamente chiaro ) gli estremisti liberal, possono mettere all’indice non solo gli odiatori veri o i razzisti veri ma anche il rifiuto di certi aspetti del multiculturalismo, del femminismo o della causa LGBTQ, può bastare per essere ritenuti dei discriminatori, così è successo ad un’ostetrica nel Regno Unito che ha osato dire che solo le donne partoriscono.

La logica binaria e polarizzante la fa da padrona come si fosse in un derby calcistico: o ci si trova dalla parte giusta della barricata, quella della casta e degli intellettuali radical chic o altrimenti si rischia di essere accusati di razzismo, omofobia, sessismo, fascismo e molto altro pagando con l’emarginazione anche professionale . 

Per sottomettere le masse la casta si serve del politicamente corretto perché risponde strettamente alla sua ideologia che prevede la distruzione di ogni fede o religione ,il relativismo culturale, etico e filosofico, l’anarchismo individualistico in versione libertarista biopolitica, il fondamentalismo ecologico nichilista per arrivare alla completa negazione di ogni dignità e valore dell’essere umano ed approdare al post-umanesimo.  

Il politicamente corretto ha «quattro dogmi principali». Il primo è, come dicevamo, il relativismo culturale, per cui, mentre si attacca la stessa tradizione di pensiero occidentale di impianto religioso, si teorizza la convinzione che tutte le culture, tutti i costumi e tutte le religioni abbiano uguale valore e che debbano essere considerati sullo stesso piano purché rispettino i diritti umani individuali.

Intendiamoci, nessuno crede alla favoletta della civiltà superiore ma il politically correct dimentica che le diverse civiltà possono e devono dialogare per imparare l’una dall’altra, non per immergersi nella brodaglia di una globalizzazione che annulla completamente le differenze ma per migliorare la vita di tutti e difendere il bene comune.

Il secondo è il libertarismo “biopolitico”, che deriva direttamente dal relativismo culturale e dal relativismo etico ossia l’idea dell’equivalenza tra desideri e diritti, per cui ogni tipo di repressione è sbagliata (vietato vietare).

Mentre vengono a dissolversi tutte i tradizionali istituti di trasmissione di regole e valori, dalla famiglia alla comunità al tempio ( moschea, chiesa o altro ) l’essere umano rimane una monade nomade desiderante.

Il soggetto umano viene ridotto alla pura pulsione, a una funzione di pura soddisfazione coattiva e compulsiva di desideri che una volta soddisfatti di ripropongono all’infinito, generando nevrosi ansia e frustrazione.

Il terzo dogma è il fondamentalismo ecologico secondo il quale l’umanità è un danno e non gode di uno statuto gerarchicamente prevalente nella natura e nell’ambiente. Al contrario, la civilizzazione rappresenta in primo luogo una “colpa” e una minaccia per l’equilibrio ambientale, da “espiare” attraverso la riduzione della “impronta” umana sul pianeta.

Ne deriva un “animalismo” che più che promuovere il rispetto per tutti gli esseri viventi tende a cancellare la superiorità spirituale dell’essere umano. A ben guardare ritroviamo in tanti prodotti mediatici a carattere scientifico il segno di questa impostazione mentale.

Il quarto punto è il soggettivismo anarchico rappresentato dall’identificazione totale tra identità e autodeterminazione soggettiva, per cui ogni individuo o gruppo dovrebbe essere in grado di definire la propria natura indipendentemente da condizionamenti storici, culturali e persino biologici, come nel caso dell’identità “di genere” presentata come un’opzione da scegliere.

L’ultimo dogma ma non il meno importante è il relativismo etico secondo cui non esistono norme valide universalmente ma le leggi di conformano all’ordine esistente.

I detentori del potere creano la pubblica opinione con campagne di stampa utilizzando anche gli accademici per rendere possibili norme rifiutate dalla maggior parte della popolazione per difendere i privilegi di piccoli gruppi di persone ricche ed influenti.

Così norme impensabili in altri contesti ed ordinamenti come quelle relative al gender,al matrimonio gay, all’aborto, all’utero in affitto ecc. diventano ‘’passi avanti nel progresso dell’umanità’’.

Tratto comune a tutte queste letture ideologiche, che sfociano nella precettistica politicamente corretta, è il rifiuto totale della dialettica, del pluralismo, che paradossalmente va di pari passo proprio con il relativismo culturale filosofico ed etico.

Il progresso viene identificato con l’affermazione del più radicale soggettivismo ed anarchismo, con l’assenza di ogni principio condiviso nella definizione della vita e della società e per i seguaci del politicamente corretto ogni posizione conservatrice, tradizionalista è soltanto un residuo del passato da eliminare.

A saltare agli occhi, dunque, è la forma di intolleranza sempre più profonda, di tendenza alla censura sempre maggiore, l’uso strumentale di battaglie passate come l’antifascismo o di battaglie giuste come l’antirazzismo per portare avanti politiche di neocolonizzazione e di assimilazione delle minoranze da sinistra invece che da destra.

Il risultato è che le minoranze religiose sono sempre più indifese e sole perché si restringe il campo della libertà di espressione , di associazione e di pensiero.

L’arbitrio e il senso critico devono quindi funzionare per demolire tutto e tutti ma non per sollevare dubbi e critiche sul politically correct vera religione atea dell’Occidente .

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