Wajeeh Nuseibeh, il musulmano custode del Santo Sepolcro di Gerusalemme

Nel 637 dc, dopo la conquista di Gerusalemme che mise fine a 500 anni di occupazione Romana e di oppressione degli ebrei, il secondo Califfo,Umar Ibn al Khattab decise di rifiutare l’invito di San Sofronio, ad eseguire la preghiera presso la Basilica del Santo Sepolcro per evitare che altri musulmani in futuro rivendicassero il luogo, e decise di lasciare la custodia delle chiavi dell’importante luogo della cristianità ad una nobile famiglia musulmana quella Ubada ibn al Samit capostipite della famiglia dei Nuseibeh da allora ad oggi, per 850 anni, un discendente della famiglia ogni mattina si reca ad aprire il luogo sacro ai cristiani.

Secondo la narrazione Islamica, l’uomo non è altro che un vicario. Colui che è stato posto da Dio a custodia della terra, per salvaguardarla.

Così all’alba dei tempi l’essere umano indistintamente da genere, etnia o lingua fu incaricato della cura di essa.

Nell’ottica islamica il fedele è responsabile non solo alla salvaguardia della terra, ma anche delle creature che lo circondano, ed è con questo spirito che nel lontano 637 dc, dopo la resa di Gerusalemme al dominio islamico (che dopo 500 anni di oppressione Romana finalmente diede agli ebrei la libertà di praticare il proprio culto),  il secondo Califfo,Umar Ibn al khattab decise di rifiutare l’invito di San Sofronio, ad eseguire la preghiera presso la Basilica del Santo Sepolcro.

Umar temeva che dopo la sua morte i musulmani potessero rivendicare il sito cristiano come loro, decise così di pregare all’esterno(dove attualmente sorge la moschea di Umar) e preservando un luogo sacro per la Cristianità.

La grande lungimiranza politica e le eccellenti doti diplomatiche portarono il califfo a decidere di lasciare la custodia delle chiavi dell’importante luogo della cristianità ad una nobile famiglia musulmana, per evitare eventuali conflitti tra le diverse fazioni cristiane dell’epoca.

Dopo le dovute valutazioni la scelta ricadde su Ubada ibn al Samit capostipite della famiglia dei Nuseibeh, la quale ha antenati del calibro di Nuseibah bint Ka’b, sahabiya (della schiera dei compagni del Profeta Muhammad pbsl) e combattente, donna di incredibile audacia e spiccata intelligenza politica.

Da allora fino ad oggi(eccetto per il periodo delle crociate, quindi da più di 850 anni ); agli albori di ogni nuovo giorno un componente di quest’antico clan muove i suoi passi tra gli stretti vincoli di Ūrshalīm, o Zharat al Madain (la rosa delle città) come la cantava Fayruz, circonvallando mura e cupole ,che lungo i secoli custodirono intime confidenze e silenziose preghiere, ma che oggi purtroppo testimoniano anche logoranti gemiti, lacrime e sempre più spesso inesorabile ingiustizia, per confluire verso il cuore della cristianità: la basilica e assolvere così all’antica promessa degli antenati.

Ogni anno milioni di fedeli cristiani si riversano nella basilica, ritrovandosi avvolti dalla commozione del poter sfiorare luoghi a loro così cari. Probabilmente ignari del filo sottile, che ne intreccia la storia ad un mondo che gli viene presentato come ostile.

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