La seconda emigrazione degli stranieri italiani verso l’Eldorado dei sussidi che non c’è.

La crisi economica ha segnato l’Italia e questo lo sappiamo bene, molti l’hanno vissuta sulla propria pelle con difficoltà economiche, feste non festeggiate e fatica a fare la spesa. Poi il susseguirsi di governi che hanno fatto della spendign review la loro unica linea guida, non per colpa loro naturalmente, ma hanno dovuto tappare i buchi di chi prima non ha fatto nulla e oggi s’issa a paladino della giustizia e degli italiani, ma questa è un’altra storia.

Ora in tutto questo la crisi ha portato alla chiusura o al pseudo fallimento di diverse aziende, altre si sono ridimensionate e moltissime persone si sono ritrovate senza lavoro. Oppure c’è chi al suo lavoro ha rinunciato per farne un altro e godersi qualche mese di “meritato” riposo in disoccupazione.

Tutti quindi si sono messi in cerca della pentola d’oro, la leggenda vuole che i folletti irlandesi custodiscano una pentola d’oro ai piedi dell’arcobaleno, che per l’effetto ottico sono irraggiungibili. La gente crede davvero di averla trovata o di trovarla; è simile all’erba del vicino che è sempre più verde.

Vedo, leggo e sento di gente che lascia l’Italia oggi che la crisi non c’è più perché non riesce a trovare un lavoro, essenzialmente perché senza alcuna qualifica professionale e quindi pur di non fare un lavoraccio “da stranieri” in casa, lo va a fare
all’estero.

Tra questi italiani, ci sono sia vecchi italiani sia nuovi italiani, gente che è arrivata qua, che ha messo una sorta di radice, ha fatto figli, che ha pagato tasse e ha guadagnato tanto, aiutando la sua vecchia casa, sua mamma, suo papà, i fratelli, le sorelle, a costruire case e perché no anche qualche palazzina.

Ora tutti fuggono dall’Italia sperando di trovare l’oro, ma i tempi del sogno americano in Europa ancora non sono arrivati e qui mi rivolgo ai tanti nuovi italiani che hanno lasciato l’Italia, spesso volentieri sputando nel piatto nel quale si sono abbuffati e hanno fatto mangiare famiglie intere. Poi così come se nulla fosse, sono partiti per un qualche paese che spesso e volentieri ricorda la vecchia madre patria coloniale: marocchini verso Francia e Belgio, ghanesi, pakistani, bengalesi verso l’Inghilterra, balcanici verso la Germania.

Ora se la gente vuole andarsene, è libera di farlo, se vuole parlar male dell’Italia pure.
Stranamente, questa gente si ricrede dopo qualche anno e quando ci parli a quattrocchi ti dicono sempre la stessa cosa “Amin se puoi, resta in Italia perché lì si sta bene”.

Per cosa si parte o riparte però? Per campare di sussidi, campare di quello che alcune nazioni usurpano da altre, spesso le loro stesse nazioni per gli accordi coloniali che all’insaputa di molti sono ancora attivi da circa cinquanta anni. Ovvero tutti partono non per lavorare, ma per non lavorare.

L’esempio a me più lampante è quello della Francia, dove i nuovi italiani di origini marocchine si sono tuffati a capofitto per stanziarsi e abbuffarsi di sussidi e contributi spesa.

Quando si parla con chi sta per partire, giustifica la partenza così: là si sta meglio, ci sono più diritti, i figli avranno un futuro migliore. Sullo stare meglio posso capirlo perché la gente parte per non lavorare più e ricevere soldi a parer mio ingiustamente. Sul fatto dei diritti vediamo che spesso le donne musulmane sono discriminate per legge con emendamenti ad hoc, cosa che qua in Italia non esiste e speriamo non ci esisterà mai.

Sul futuro dei figli vorrei esprimermi in maniera precisa, per una ragazza o un ragazzo che è esportato come merce da un genitore, senza alcuna consultazione famigliare, ma con un semplice: “figli miei si parte” il trasferimento non sarà certo una vacanza.

Ragazzi sradicati a forza che arrivano in un altro paese e sono costretti a recuperare il gap linguistico per andare a scuola in poche settimane altrimenti arriva la bocciatura. E alla fine come avviene da noi in Italia con chi l’italiano lo capisce poco, anche loro n0n sapendo bene la lingua vengono mandati alle scuole professionali, così da far capire subito allo straniero appena arrivato che si dovrà adattare e che ogni percorso di carriera sarà molto più duro per lui.

Così tanti ragazzini scelgono di studiare poco o addirittura di non studiare non perché non vogliono, ma per vendicarsi dei genitori che li hanno estirpati come erbacce dalla loro casa, dalla loro via, dal loro quartiere, dalla loro città, dal loro paese. Perché questi ragazzi saranno figli di marocchini, bengalesi, ghanesi, pakistani, kosovari, ma la loro prima lingua è e resta l’italiano.

E allora forse questi genitori partiti così malamente, così frettolosamente, che si sono pentiti, avrebbero dovuto pensarci prima, prima di dover ricostruire una sorta d’italianità all’estero da nuovi italiani. Forse era meglio restare qui e condividere un piatto di pasta.

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