Francia e Italia a confronto: media, istituzioni e Coronavirus

Un canale televisivo francese manda in onda un video, che mostra la parodia di un pizzaiolo italiano che sputa catarro su una pizza. L’intento è far ridere, sdrammatizzando su un oggetto al centro dell’attenzione mediatica, in questo caso l’oramai onnipresente (più nelle menti che nei corpi) Coronavirus. Un’offesa che fa ridere diventa sarcasmo, un’offesa senza ironia è solo volgarità. Al video volgare segue la reazione risentita degli italiani, il futile dibattito mediatico e infine, da protocollo, le solite scuse diplomatiche, finite con due rappresentanti della politica italo-francese, seduti a mangiare una pizza. Quest’ultima forse l’unica scena davvero ironica di tutto il quadro.

Perché quel video non fa ridere? Per rispondere bisogna partire dall’essenza dell’ironia per arrivare al carattere di un popolo e al suo rapporto con le istituzioni.

Il meccanismo di fondo della comicità
Il meccanismo di fondo della comicità sta nel capovolgere un’azione consueta, per questo una caduta fa sempre ridere. Oppure bisogna ribaltare un punto di vista consolidato, attraverso l’ironia. Ma per far questo è necessario mettersi a distanza, da sè stessi e dalla cosa di cui si parla.
La maschera capovolta del rigore è la volgarità.

I francesi non sono per natura, vocazione, o forse lingua, abituati alla distanza. Da sé e dalle cose. Perciò per ridere e far ridere, sono costretti a capovolgere il punto di vista comune, la barriera della loro formale politesse. Ecco allora spesso partorire la volgarità. La maschera capovolta del rigore è la volgarità. Per gli italiani, avviene esattamente il contrario, sono abituati alla distanza, e quindi all’ironia, ma allo stesso tempo, il rigore è una maschera, come le altre, per la verità spesso lasciata in disparte e dimenticata; la si indossa e la si sveste a proprio piacimento. Il capovolgimento dei ruoli e delle identità è repentino, da qui nasce la commedia dell’arte quotidiana, la teatralità comunicativa e la risata autentica. E questo spiega la frequente incomunicabilità tra i due popoli, quello francese, assertivo, quello italiano, in cui l’affermazione e la negazione coesistono. Uno propedeutico alla funzionalità, l’altro alla comicità.

L’incomunicabilità tra due popoli quello francese e quello italiano, la scena politico-mediatica

Trasferiamo ora questi caratteri alla scena politico-mediatica. Vediamo gli effetti del rigore francese e della tragicomicità italiana, su una prima pagina dei quotidiani, che poi si tramuta nelle azioni in primo piano della vita quotidiana.

(Ci si riferisce alle notizie apparse nei primi giorni di diffusione del virus nei rispettivi paesi, sui quotidiani più diffusi e “autorevoli”: Repubblica e Corriere della sera da una parte, Le Monde e Libération dall’altra. Ci si è limitati ai giornali, evitando le televisioni per non cadere nello stesso errore di Canal+, ovvero pervertire l’ironia in volgarità, peculiarità della televisione italiana e non solo.)

Italia: Una scritta rossa pulsa la parola Diretta, sintomatica già dei movimenti di un panico costantemente da aggiornare sotto la quale è riportata la Mappa dei Contagi, aggiornata minuto per minuto, di modo che ognuno possa vedere la situazione del proprio territorio. Il dramma è ormai in diretta e permanente.

Sotto in maniera alternata ci sono dichiarazioni di scienziati, gli alfieri dell’autorevolezza del sapere: peccato che si contraddicano spesso tra loro (vedi Burioni e la virologa dell’ospedale Sacco).

In un crescendo di dramma e conflittualità si snocciolano le dichiarazioni dei politici, che inseguono gli umori virali, per affermare, negare, controbattere. La confusione e le maschere si confondono ancora di più (fino alla decisione , probabilmente apprezzabile di chiudere tutto per due settimane, che diventeranno uno o due mesi. Almeno un parvenza di autorevolezza e rigore per una volta, anche se forse sbagliata!)

Infine le testimonianze delle persone ammalate o in quarantena: il dramma in prima persona.

Francia: Un titolo sobrio in grassetto afferma che anche in Francia il coronavirus sta diventando un’epidemia e che il governo si sta adeguando. Punto! Non c’è alcuna scritta rossa, indicante diretta, e neanche la temibile Mappa dei Contagi, comune per comune.

Contraddittorio e dibattito politico: nullo. Ad eccezione di alcune dichiarazioni della LePen, che rispetto a Salvini, ha il passo e la sobrietà di un oratore, da antica polis greca, sono messe in evidenza quasi esclusivamente le dichiarazioni di figure rappresentanti le istituzioni, tutte tese a tranquillizzare i cittadini e a placare l’isteria di massa: spiegazione di misure concrete, senza ipotesi.

Testimonianze dei contagiati: nessuna!

Dopo un’ora di pigra navigazione digitale, il ritmo cardiaco di un italiano inizia a pulsare al ritmo della scritta Diretta, la parte razionale crede alle rassicurazioni scientifiche, quella irrazionale a quelle preoccupanti. Chi avrà ragione? Si prende in giro il politico di turno, poi la propria paura. Si mandano foto o video comici o presuntamente tali, via social. Battute, risate, timori. Poi si va al bar, sempre se ne restano aperti, si discute, si litiga, si ride molto ma sotto sotto, si ha paura. La giornata dell’italiano inizia e finisce all’insegna di una tragicomica nevrosi, da cui nasce l’esigenza istituzionale di confinare il paese in quarantena.

La reazione di un francese alla notizia del pericolo

Dopo lo stesso tempo di lettura, un francese ha il battito normale, domande poche. Ha saputo che c’è un pericolo, ma c’è anche la risposta ad esso. Poco o nulla da dibattere. Ci si siede al bar, si discute con tono pacato, tutte affermazioni sussurrate, segmenti di chi è riuscito a trasformare il dubbio in certezza, sulla scia del pensiero di Cartesio e poi dell’illuminismo. Sintesi di un comportamento assertivo, che è già istituzionale.

I francesi e l’istituzione sono in simbiosi (per questo quando le negano, protestano con forza). L’istituzione, afferma, agisce e non sa ridere. Gli italiani vivono nella distanza, affermano negando, sanno ridere. Per questo sempre e inevitabilmente saranno distanti da ogni forma di istituzione, e difficilmente sapranno protestare con veemenza.

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