In Corea del Sud ci sono 450.000 musulmani, chi sono e come vivono.

La Corea del Sud è stata per secoli il paese più conquistato e allo stesso tempo più etnicamente omogeneo del mondo, oggi però la comunità islamica nazionale conta 450.000 persone. 

Invaso più volte da cinesi e giapponesi che hanno tentato di colonizzarlo brutalmente e che sono riusciti a trasformarlo nell’avamposto della dominazione USA dagli anni ‘50 e fino agli anni ’80. La parte sud della penisola è da pochi decenni una democrazia liberale molto conosciuta per le tecnologie avanzate ivi sviluppate e ultimamente per l’attivismo dell’attuale presidente che cerca di smarcarsi dalla politica americana.

La cultura coreana, ignorata per secoli, sta adesso conoscendo un boom tra i giovanissimi che si stanno avvicinando allo studio della lingua coreana a partire dall’ascolto dei gruppi Kpop.

L’Islam si diffuse nell’Asia meridionale e centrale dal IX secolo dell’era cristiana, arrivando sin quasi in Siberia grazie a viaggi e commerci di musulmani iracheni e persiani che parlavano del lontano reame di Silla: uno dei tre regni coreani dell’epoca.

Alcune famiglie musulmane s’insediarono in Corea e da qui nacquerò i primi matrimoni misti tra le famiglie musulmane e le persone del posto.

La Corea del Sud fu influenzata dai marinai che provenivano dall’Indonesia dal Borneo e dalle Filippine (che costituivano allora degli Emirati), non fino al punto da indurre i coreani ad abbracciare in massa l’Islam come era avvenuto nelle Filippine ed in alcune province cinesi.

Piuttosto rimase notevolmente l’influsso turco e centro asiatico visto che i coreani, i turchi e gli altri popoli dell’Asia Centrale condividono la stessa base linguistica (lingue uralo-altaiche agglutinanti ) influenza che perdurò nella cartografia e nel calendario tradizionale.

Nel 1024 durante la dinastia Goryeo entrarono in Corea diversi musulmani persiani e arabi che facevano parte di una carovana commerciale, e un secolo dopo arrivarono mongoli e persiani che si stabilirono in Corea.

Intorno al 1450 la nuova dinastia salita al potere sigillò letteralmente il paese che si chiuse totalmente al mondo esterno. Nonostante ciò, rimasero alcuni importanti apporti culturali del mondo musulmano concernenti la cartografia e la determinazione del calendario tradizionale che risentono dell’apporto degli scienziati musulmani.

La Moschea Centrale di Seoul

L’islam riemerse in Corea solo negli anni ‘50 grazie ai soldati turchi che organizzarono conferenze sull’Islam durante la guerra di Corea, in cui appoggiarono il Sud contro i comunisti.

Da notare che in Corea del Sud e nei paesi dell’area asiatica affacciata sul Pacifico, l’Islam (ad eccezione della Cina), non ha mai subito una vera e propria oppressione istituzionale, ma piuttosto è la società ad avere grossi problemi di accettazione di norme che rompono in qualche modo il rigido sistema gerarchico confuciano.

Nell’antica Roma e nell’Estremo Oriente la religiosità non era vista come un percorso personale, ma era strettamente legata a norme statali e sociali in cui l’individuo stenta ad emergere o emerge in modo sbagliato (per esempio seguendo tendenze materialiste e consumistiche).

L’Islam, che è di fatto un modo di vita alternativo anche contro la volontà esplicita di chi vi fa parte, si contrappone alla concezione confuciana di armonia sociale attraverso l’eliminazione delle diversità e la sottomissione allo Stato.

Nonostante questo, lo Stato non pone ostacoli normativi alla libertà di culto: la Federazione Musulmana Coreana ottenne la personalità giuridica nello stesso anno della sua fondazione (1967), non ci sono quindi ostacoli istituzionali per il riconoscimento da parte dello Stato per l’apertura di moschee o per la formazione di imam. I 50 milioni di coreani che popolano il Sud della penisola sono per il 50% divisi tra cristiani (a loro volta divisi in cattolici ed una ventina di chiese protestanti) e per il restante 50% senza religione.

Nonostante il retroterra sembri abbastanza arido ed il popolo coreano non abbia una grande disposizione d’animo a diversificare dalla massa, oggi circa 150mila coreani del sud autoctoni che si aggiungono ai circa 300mila musulmani di origine straniera.

La comunità musulmana è concentrata soprattutto nella capitale Seul, nel quartiere interetnico di Itaewoon, dove sorge una bella e grande Moschea accompagnata da una strada dedicata ai commerci halal con una pasticceria persiana, qualche rivenditore di kebab ed alcuni ristoranti turchi.

Un altro punto importante di concentrazione della comunità europea è la città di Busan, noto luogo di vacanza sulle coste del Pacifico e famosa per le sue spiagge.

In oltre 50 anni di attività la Federazione Musulmana della Corea è riuscita a tradurre il Nobile Corano dall’arabo classico al coreano grazie a sette anni di lavoro di un sapiente musulmano autoctono: il Dr. Youngkil Choi, la sua traduzione è stata approvata dalla Lega Musulmana Mondiale.

Sui social invece è attiva la Dr.ssa Bora Song che si occupa di Dawa (proselitismo islamico) attraverso una pagina Instagram che conta circa 130mila followers.

Sono circa 250 i giovani iscritti a corsi universitari di lingua araba e cultura musulmana nelle università coreane mentre una piccola madrasa (scuola islamica) sempre a Seul, ospita circa 150 bambini. Mentre d’estate la piccola comunità organizza un campeggio di Dawa per i non musulmani che vogliono conoscere l’Islam.

Tendenzialmente una situazione che i musulmani devono imparare a gestire sono le cattive abitudini delle bevute serali di una vodka di riso importata dai mongoli e diventata bevanda nazionale, un super alcolico che si beve copiosamente durante le cene di lavoro offerte nel fine settimana dal capo, nelle quali partecipano soprattutto i colleghi maschi.

In questi casi non è il capoufficio o il proprietario dell’azienda che si offende se non bevi, ma sono i colleghi stessi (anzi se ti offrono la cena e sei musulmano il capo ti porta senza problemi in un luogo halal o in un ristorante vegetariano).

L’alcolismo causato dall’alienazione da superlavoro è infatti un grave problema in Corea.

Non sono poi certo mancati casi d’islamofobia contro i coreani ritornati all’Islam messi in atto da anziani ottusi (intoccabili secondo l’etica confuciana per cui non si può nemmeno rispondere oralmente), aggravati dal fatto che questi fratelli e queste sorelle hanno un carattere molto mite e cercano di nascondersi invece di denunciare l’accaduto. Nonostante queste piccole difficoltà i coreani continuano ad abbracciare l’Islam.