Fermare la Turchia: l’imperativo che risuona nel mondo arabo

Mesi prima dell’annuncio che gli Emirati Arabi Uniti stavano per riconoscere Israele, rinnegando lo status quo secondo cui la normalizzazione sarebbe stata possibile solo dopo che ai palestinesi fosse riconosciuto il diritto a uno Stato, gli analisti si interrogavano sull’”accordo del secolo” del presidente americano Donald Trump.

Perché, si chiedevano, il presidente americano sta investendo tanta energia in un accordo che i leader palestinesi avrebbero boicottato, gli stati arabi respinto, e che non avrebbe mai funzionato? L’annuncio di Abu Dhabi non ha risposto alla loro domanda.

Trump e suo genero, Jared Kushner, si sono impegnati perché altri stati della regione normalizzassero le loro relazioni con Israele.

Fino ad oggi, solo il Barhain, la Serbia e il Kosovo hanno detto che seguiranno. I grandi, popolosi stati hanno rifiutato, e hanno fatto mancare il consenso l’Arabia Saudita, il Sudan, l’Oman, e il Kuwait.

Per quanto ci si giri intorno la sostanza è che la prossima settimana alla Casa Bianca il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu stringerà la mano ai leader di due piccoli stati arabi in una cerimonia che Trump definirà storica.

Trump cede per primo

Se i palestinesi non erano l’oggetto del suo patto, allora chi lo era? L’obbiettivo di Kushner è un obbiettivo ebraico nazionale e religioso; consiste nell’affermare permanentemente sul terreno il Grande Israele.

Ma contro chi l’alleanza Emirati-Israele dovrebbe difendersi? Israele ha detto più volte ai diplomatici arabi di non considerare più l’Iran come una minaccia. Il capo del Mossad, Yossi Cohen, ha detto ai rappresentanti arabi che l’Iran sarebbe “contenibile”.

Trump è giunto vicinissimo ad un confronto militare con l’Iran, ed è stato il primo a ritirarsi.

L’Iran ha lanciato senza nascondersi una serie di missili sulle truppe americane in Iraq in risposta al drone che ha ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani a Baghdad a gennaio.

Aerei da combattimento israeliani hanno ripetutamente messo alla prova questa teoria in Siria e in Libano, colpendo obbiettivi iraniani e combattenti sostenuti dall’Iran impunemente, senza ricevere risposta da Teheran e con una debole risposta da Hezbollah.

La risposta di Trump è stata quella di sciogliere la forza di attacco che aveva riunito nel golfo. Se l’Iran non è l’obbiettivo di questa nuova alleanza, allora chi lo è?

Arrivano i turchi

La risposta è arrivata questa settimana in una ben orchestrata serie di dichiarazioni dei leader arabi durante l’incontro della Lega Araba. Il vero nemico risulta essere un membro della Nato, per molti anni custode di bombe nucleari americane aviotrasportate.

Il nuovo invasore straniero che minaccia il mondo arabo non è il persiano, e meno che mai il russo, ma il turco.

Come se fosse stata messa in movimento da un comune interruttore elettrico, l’intera costa del Mediterraneo orientale, dal Libano all’Egitto, è con tutta evidenza in armi contro il vicino del nord con supposte pretese di restaurazione del dominio Ottomano.

La carica è stata guidata dal ministro degli esteri emirantino Anwar Gargash. Parlando alla Lega Araba, Gargash ha detto: “l’interferenza turca negli affari interni dei paesi arabi è un evidente esempio di interferenza negativa nella regione.”

Il ministro degli esteri EAU Anwar Gargash mentre interviene a Dubai nel 2018 (AFP)

Questa è nientemeno che la dichiarazione di un ministro di un paese che ha rovesciato un presidente egiziano, e i cui aerei hanno bombardato Tripoli nel tentativo di far cadere un altro governo riconosciuto a livello internazionale.

Gargash ha accusato la Turchia di minacciare la sicurezza e la tranquillità del traffico marittimo nelle acque del Mediterraneo, in evidente violazione delle leggi, delle carte internazionali e della sovranità degli stati.

Definizione del nemico

Gargash è stato seguito dal ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry, il quale ha dichiarato che gli interventi turchi in numerosi paesi arabi hanno rappresentato la minaccia principale alla sicurezza nazionale araba.

“L’Egitto non starà con le mani in mano di fronte alle ambizioni turche che sono evidenti nel nord dell’Iraq, in Siria e particolarmente in Libia,” ha detto.

L’incontro è stato presieduto dalla delegazione palestinese, che è intervenuta con una dura dichiarazione di condanna all’accordo EAU-Israele definita un tradimento.

La dichiarazione palestinese è stata ritirata dal consiglio, che ha deciso di istituire un sottocomitato permanente con il compito di monitorare l’aggressione turca e di presentare una relazione su questo ad ogni successivo incontro.

Il coro delle dichiarazioni antiturche della scorsa settimana, non sono passate inosservate ad Ankara.

Un’importante fonte governativa turca le ha attribuite anche all’alleanza Evangelica Cristiano-Sionista negli Stati Uniti.

“Gli Emirati Arabi si sono attribuiti il compito di isolare la Turchia a livello operativo”, ha dichiarato la fonte, che ha chiesto di rimanere anonima.

“Loro finanziano. Tuttavia, i veri autori di questa strategia sono Israele e certi politici statunitensi vicini alla lobby filo israeliana.”

“Sono dietro ad ogni sforzo per dar vita ad un’alleanza contro la Turchia.”

“Hanno appoggiato gli Emirati Arabi per l’interesse dell’alleanza sionista e evangelica, specialmente prima delle elezioni presidenziali di novembre cosa che potrebbe fornire supporto elettorale alle loro cariche.”

Basi turche

L’ironia è che un altro sottocomitato della Lega Araba contro la normalizzazione con Israele ancora esiste per sostenere il principio della terra-in cambio- di pace affermato dall’Iniziativa Araba per la Pace creato dall’Arabia Saudita nel 2002.

Questo comitato è stato ignorato. Israele non è il nemico della Lega Araba, la Turchia invece sì.

Il Jordan Times, l’organo ufficiale del Regno, ha pubblicato un articolo dove si afferma che: “Truppe turche e milizie appoggiate da Ankara sono attive in tre paesi arabi: Libia, Siria e Iraq. Questa è una realtà geopolitica che il mondo arabo e la comunità internazionale devono riconoscere e alla quale devono reagire. Di fatto, le ambizioni territoriali, politiche ed economiche della Turchia in questi paesi e non solo, sono riconosciute dai massimi leader turchi, incluso il presidente Recep Tayyip Erdogan. La Turchia ha ora basi militari nel Qatar, in Libia, in Somalia, nel nord di Cipro, in Siria e in Iraq; e non sempre con il consenso dei legittimi governi.”

La crociata di Macron

Ci sono altri attori stranieri in questa corsa a dichiarare la Turchia il nuovo fuorilegge del Mediterraneo orientale.

Il ruolo militare francese nel supportare il generale dell’era Gheddafi, Khalifa Haftar, nel suo tentativo punteggiato di crimini di guerra di impadronirsi della capitale libica è ben documentato così come è documentato l’uso di aerei emirantini e di cecchini russi.

Recentemente, tuttavia, durante le sue incursioni a Beirut, il presidente Emanuel Macron ha dato ancor più fiato alla retorica francese.

Lo scontro è sulla leadership del mondo arabo-sunnita. La rivendicazione saudita per questa leadership è finita, non più di quando finalmente normalizzerà le sue relazioni con Israele.

Durante il primo dei due viaggi verso la capitale libanese sconvolta, Macron ha detto: “Se la Francia non assolve al suo compito, gli iraniani, I turchi e I sauditi interferiranno negli affari interni libanesi, e i loro interessi hanno buone probabilità di essere contrari agli interessi libanesi.”

Macron è poi volato a Baghdad, dove ha lanciato la sua “iniziativa per la sovranità” – un chiaro riferimento alla Turchia, come un funzionario iracheno ha fatto rilevare. Ankara ha lanciato un attacco oltre confine sui ribelli curdi in giugno, facendo andare su tutte le furie Baghdad, che ha definito questa azione una violazione dei confini iracheni.

Nel frattempo, navi da Guerra francesi hanno partecipato insieme a navi da guerra greche ad esercitazioni congiunte nelle acque contese dove sono presenti giacimenti di idrocarburi al largo di Cipro; esercitazioni che la Turchia afferma che abbiano violato i suoi confini marittimi.

“La Turchia non è più un partner nella regione” ha detto Macron ai giornalisti prima di un summit in Corsica questa settimana, sottolineando che l’Europa deve essere “chiara e ferma” con il governo di Erdogan circa il suo “inammissibile comportamento”, e ha aggiunto che i paesi europei devono tracciare “linee rosse” con la Turchia.

L’unità turca

Macron afferma che il suo contenzioso non è con i turchi, ma è con Erdogan.

Questa tattica è già stata provata ed ha fallito. Il problema è che quando affronta in Libia le forze sostenute dagli Emirati Arabi, o quando sostiene i diritti dei palestinesi a Gerusalemme, o bombarda il Partito Curdo dei Lavoratori in Iraq, o prende di mira l’esercito del presidente Bashar  al-Assad in Siria, Erdogan ha il pieno appoggio dell’esercito turco e della maggior parte dei partiti politici turchi.

Questo appoggio non è né uniforme né costante. All’interno sono stati espressi dubbi circa l’opportunità di inviare truppe turche in Libia e in Siria, ma questi dubbi sono svaniti con l’assoluzione dell’esercito turco e dei suoi droni.

Per quante critiche i molti oppositori interni di Erdogan sollevino sulla legittimità di continue purghe di funzionari civili e di militari, sugli arresti di routine di giornalisti, sulla chiusura di giornali e di università, e sul modo in cui la presidenza ha subordinato il parlamento, essi appoggiano Erdogan come leader nazionale in politica estera- in particolare nel Mediterraneo orientale.

L’uomo che sta facendo più di qualsiasi altro politico turco per erodere la base conservatrice e islamista di Erdogan, Ahmet Davutoglu, è un veterano di negoziati internazionali ed è un ex primo ministro.

Davutoglu ha dichiarato recentemente: “Macron deve restare nei suoi confini e smetterla di insultare la Turchia e il suo presidente. Condanno decisamente le arroganti dichiarazioni di Macron, che dimostrano la sua mentalità coloniale e ignorano la democrazia turca e la libera volontà del suo popolo.”

Macron ha diversi problemi nel dichiarare una nuova crociata. In primis, è molto difficile che riesca a scrollarsi di dosso la storia del colonialismo francese in Nord Africa e in Libano. Inoltre, il suo tentativo di equiparare Erdogan all’”Islamofascismo” cade nel vuoto perché lo stato turco profondamente laico è in sintonia col progetto del suo presidente. Fu un governo sostenuto dai militari turchi quello che fece invadere nel 1974 il nord di Cipro dopo un colpo di stato greco.

Affrontare Ankara

Perché si affronta adesso la Turchia? Nonostante tutte le riserve interne sul suo ruolo di presidente, Erdogan ha fatto della Turchia un paese indipendente le cui forze armate sono in grado di tener testa alle forze armate russe in Siria e in Libia, ma che tuttavia conserva il suo posto al tavolo dei negoziati con il presidente russo Vladimir Putin.

L’economia turca ha le dimensioni di quella saudita, e le sue forze armate sono autosufficienti. La Turchia ha dato avvio alla produzione di droni altamente tecnologici non appena gli Stati Uniti e Israele hanno rifiutato di fornirglieli. Oggi non lo si ricorda, ma secondo bene informate fonti turche, gli aerei israeliani si esercitavano su campi di aviazione turchi per il limitato spazio aereo disponibile in patria.

Quando si scoprirono i giacimenti di gas nel Mar Nero, le compagnie turche avevano la tecnologia per lo sfruttamento dei campi e per rifornire il mercato domestico, a differenza dell’Egitto, la cui dipendenza da compagnie inglesi, italiane e statunitensi lo costringe ad accontentarsi di una frazione dei guadagni provenienti dai suoi giacimenti.

un impianto di perforazione passa sullo stretto del Bosforo in rotta verso il Mar Nero agosto 2019 (AFP)

Quando si trovarono ad affrontare soldati armati, come successe nel 2016 per il tentato colpo di stato (sostenuto finanziariamente dagli EAU), i turchi fieramente orgogliosi, combatterono.

Tutto ciò dovrebbe far riflettere un attimo gli uomini politici occidentali prima di creare un altro nemico e dar avvio ad un altro conflitto in questa regione. È chiarissimo da dove abbia origine questo programma: da Israele e dagli stati del golfo, che non hanno interessi o affari a Cipro.

Pericoloso avventurismo

Israele non tollera alcuna resistenza al suo obbiettivo principale che consiste nello stabilire i suoi confini su un territorio che ha illegalmente occupato. Nella sua previsione per il 2020, l’intelligence militare israeliana ha posto la Turchia nella lista dei paesi e delle organizzazioni che minacciano la sicurezza nazionale israeliana.

Erano previsioni che comunque escludevano l’insorgere di un confronto militare fra i due paesi.

Macron dovrebbe imparare dalle esperienze collettive di Tony Blair, George W Bush, David Cameron e Nicolas Sarkozy, e tenersi alla larga da questa avventura estera

I regimi totalitari e assassini di Emirati e Arabia Saudita non hanno simili scrupoli.

Temono che la Turchia possa rappresentare per i loro popoli una guida musulmana sunnita.

La lotta è per la leadership del mondo arabo sunnita. La rivendicazione saudita per questa leadership è finita, non più di quando finalmente normalizzerà le sue relazioni con Israele.

La Francia manca del coraggio e dell’energia per iniziare un altro conflitto in Medio Oriente. In patria, il prodigio della politica francese è diventato il più impopolare presidente francese. La Francia di Macron è divisa come qualsiasi altra nazione occidentale. Tormentata dal Covid-19 e dall’inesorabile ascesa della destra, così come la Gran Bretagna è divisa dalla Brexit.

Macron dovrebbe imparare dalle esperienze collettive di Tony Blair, George W Bush, David Cameron e Nicolas Sarkozy e tenersi alla larga da questa avventura estera. Non finirà bene per lui se vorrà insistere.

 

Articolo di David Hearst pubblicato su Middle East Eye