Macron difende ancora Charlie Hebdo e la blasfemia contro il Profeta

Martedì primo Settembre Charlie Hebdo pubblica delle caricature del Profeta Muhammad (pbsl) in vista dell’apertura del processo sull’attentato del 2015.

Il presidente Macron subito dopo la pubblicazione delle vignette difende la libertà di blasfemia. Certo, la posizione francese in merito di diritti religiosi è lontana dall’essere imparziale e libera da pregiudizi e l’attitudine delle istituzioni francesi non costituisce certo la norma a livello europeo.

L’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ad esempio riconosce il diritto di uno Stato Membro di prevedere nel proprio codice penale la punizione per la blasfemia ed altre simili offese che non contribuiscano ad un serio dibattito politico ma mirino semplicemente ad offendere.

In tal senso la blasfemia non diviene crimine in quanto blasfemia in sé, a maggior ragione se si parla di Stati con ordinamento secolare, ma essa diviene più un’altra espressione del reato di ingiuria o quello di diffamazione.

A svelare ancora una volta i doppi standard francesi sono i fatti. Nel 2008 il vignettista veterano di Charlie Hebdo Maurice Sinet fu al centro di una tempesta mediatica e politica per aver pubblicato un’invettiva contro l’allora aspirante politico Jean Sarkozy, figlio di Nicolas Sarkozy. Sinet nella vignetta accusava il giovane Sarkozy di “volersi convertire al giudaismo per poi sposare Jessica Sabaoun-Darty, l’erede ebrea di un’importante catena di elettronica“.

Dopo pochi giorni di silenzio esplode la polemica.

L’editore Philippe Val, lo stesso che fece pubblicare alcune vignette offensive raffiguranti il Profeta Muhammad (pbsl) in nome della, “libertà di espressione”, chiese a Sinet di scusarsi per la vignetta. Sinet rifiuta e Val gli tappa la bocca e lo fa licenziare in barba alla libertà di espressione tout-court che Charlie Hebdo afferma di promuovere.

Certo, la libertà di espressione di Charlie Hebdo è ben lontana dai valori per cui i padri fondatori del vecchio continente hanno lottato. Quella di Charlie Hebdo appare più come un’incontrollata perversione che guida la mano dei propri vignettisti ed editori a raffigurare in modo denigrante persino dei bambini morti annegati in modo denigrante, come fecero con il piccolo Aylan non curanti del dolore provocato ai familiari e a chi ha perso un figlio o una figlia.

Il fatto che le istituzioni francesi abbiano istituito con la legge per la sicurezza interna del 2003 il crimine di vilipendio all’inno nazionale ed alla bandiera punibile con migliaia di euro di ammenda e mesi di prigionia la dice lunga sulle forti contraddizioni interne allo Stato francese.

Offendere lo Stato è punibile severamente dunque ma non lo è altrettanto offendere ciò che per miliardi di persone è ben più importante di un contratto sociale che di certo non caratterizza lo scopo ultimo della nostra esistenza.

Almeno per il rispetto che si deve a miliardi di persone che il reato di offese come quella di blasfemia non dovrebbero essere promosse a tal punto da rendere tali offese un valore. Ad oggi la Francia è ben lontana da risolvere queste contraddizioni in quanto non ha realmente abolito il reato di blasfemia, lo ha solo reso prerogativa esclusiva del proprio dio, lo stesso Stato francese.