Comunali a Roma: la Raggi assolta resta la sola in corsa, PD e 5 Stelle in difficoltà

Ad oggi l’unico candidato per le elezioni amministrative a Roma è Virginia Raggi ma perfino una parte del M5S ne aspettava la condanna all’udienza del 18 dicembre. La sua assoluzione però mette in evidenza soprattutto la mancanza di una strategia politica per la Capitale da parte del PD

L’election day per i circa 1000 comuni che andranno al voto nel 2021 non è stato ancora fissato a causa del Covid però è per inerzia politica che nella Capitale quasi non si parla di elezioni. Solo Virginia Raggi ha annunciato da tempo la sua ricandidatura ma nel M5S c’era chi attendeva una sentenza di condanna sulla vicenda delle nomine per potersi liberare di lei a costo zero. Poi ci sarebbe Calenda con la sua auto-candidatura senza coalizione e praticamente senza un partito.

Dal canto suo il PD resta in religioso silenzio senza sbilanciarsi su nulla e nel centro-destra perfino la Meloni ha annunciato la sua indisponibilità a candidarsi nuovamente alla carica di sindaco di Roma.

In tutto questo non poteva mancare la candidatura goliardica di Vittorio Sgarbi. In sostanza c’è un vuoto politico che è la misura del ruolo della città nel paese in quello che sarà l’anno del 150-esimo anniversario della sua elezione a Capitale del Regno d’Italia. 

L’accordo che non c’è tra il PD e il M5S

Uno dei motivi di stallo politico nel centro-sinistra a Roma è il PD che non ha ancora deciso, e non è in grado di decidere a breve, se si presenterà alle prossime amministrative in coalizione o in competizione col M5S. Se si esclude la ricandidatura di Sala a Milano, dove il M5S è inesistente, non ci sono candidati del PD e del centro-sinistra in nessuna delle grandi città che andranno al voto nel 2021: Napoli, Torino, Bologna ed appunto Roma. Con largo anticipo Virginia Raggi si è ricandidata ma l’attuale sindaco è una figura divisiva sia all’interno del M5S che per ipotetiche alleanze elettorali. Il fatto che la Raggi sia stata assolta la mantiene ancora saldamente in corsa e questo allontana il momento decisionale del PD.

L’ingombro Calenda

Ad un certo punto Carlo Calenda si è auto-candidato per il centro-sinistra portando in dote Azione, il suo partito-persona. Oltre all’appoggio di Italia Viva, dei Radicali e di +Europa, Calenda può forse contare anche su Liberare Roma. Questo progetto politico, che fa riferimento a Massimiliano Smeriglio ed è radicato nel VIII municipio, è contro ogni accordo col M5S ma sosterrebbe volentieri Calenda: “Carlo Calenda è nel nostro perimetro” ha affermato Smeriglio, eurodeputato della Garbatella eletto nelle liste del PD da “indipendente” (nell’era dei partiti liquidi a sinistra esiste ancora la figura dell’indipendente, anche se si tratta di un politico di lungo corso). Per il resto Calenda nessuno lo vuole.  

Il tavolo del centro-sinistra

Impossibilitato nel continuare a far finta di niente il PD romano ad ottobre ha convocato un tavolo politico in vista delle amministrative. Insieme per Roma è il nome di questo tavolo che al momento coinvolge diverse sigle politiche ed associazioni della capitale. La pronta risposta dei convocati deve aver spaventato il PD che non sembra intenzionato a sbilanciarsi prima della primavera ed allora a questo tavolo vengono impartiti ritmi che lo fanno andare fuori tempo, con lunghi periodi di silenzio e convocazioni tematiche senza preavviso.

I calendiani fungono da disturbatori volendo a tutti i costi mettere all’ordine del giorno la candidatura del leader di Azione ma il vero nodo da sciogliere è quello dell’accordo politico col M5S. Se il 18 dicembre la Raggi fosse stata condannata forse si sarebbe aperta una discussione sul ritiro della sua candidatura e su un accordo “di governo” anche per le elezioni a Roma. Così non è stato ed il tavolo è andato in lockdown.

La sinistra 

All’interno della galassia Insieme per Roma si va delineando un perimetro politico si sinistra composto da: Sinistra Italiana, RomaVentuno, Articolo Uno e Partito Socialista. RomaVentuno è un progetto politico avviato dal deputato Stefano Fassina che, nella consiliatura vigente, è anche l’unico consigliere di sinistra al Campidoglio e in questi anni ha dato rappresentanza istituzionale a tante vertenze e conflitti sociali nella Capitale.

Questo pezzo di sinistra prova ad incalzare il tavolo per la definizione di un programma elettorale che prescinda dal candidato sindaco e prima dell’assoluzione della Raggi ha espresso la sua posizione a favore di una convergenza col M5S, escludendo però la candidatura dell’attuale sindaco di Roma. Sempre a sinistra, ma fuori dal tavolo Insieme per Roma, c’è Rifondazione Comunista col suo progetto “isolato” che al momento vede l’urbanista Paolo Berdini come possibile candidato a Sindaco.  

Le Primarie

Allo stato attuale delle cose le primarie non sono all’ordine del giorno e sono costantemente invocate soltanto dai candidati “singoli”, quelli cioè che non presenziano al tavolo Insieme per Roma dove siedono i rappresentanti delle sigle politiche e delle associazioni, ed i rappresentanti istituzionali del centro-sinistra in Campidoglio e nei municipi.

Tra questi auto-candidati alle primarie (che non ci sono) c’è Tobia Zevi, attivissimo membro della comunità ebraica romana. C’è poi chi, come Liberare Roma, propone di far decidere alle primarie anche il tema del possibile accordo con il M5S. La qual cosa è abbastanza astrusa perché se vincesse un candidato a favore dell’accordo questo dovrebbe poi rimettere in gioco la sua candidatura nell’ambito dell’accordo politico stesso.

Con la Raggi ancora in corsa la discussione “primarie si / primarie no” è in realtà solo un diversivo per tirare avanti. Ma fino a quando può durare questa indeterminazione?