La nostra decisione di pubblicare la notizia riguardante la conversione dell’ambasciatore Luca Attanasio, barbaramente ucciso il 22 febbraio in Congo, ha suscitato molte polemiche e c’è chi si è spinto fino ad accusarci di strumentalizzazione e propaganda, nulla di più lontano dalle nostre intenzioni
Innanzitutto ci siamo fatti guidare, come sempre, dal dovere di informare e dalla responsabilità di farlo verificando accuratamente le nostre fonti.
Una volta che l’informazione è stata appunto validata dall’incrocio di più fonti dirette ritenute altamente affidabili, abbiamo ritenuto doveroso dare la la notizia, questo per diverse ragioni.
In primis è necessario ricordare la preminenza che riconosciamo all’elemento spirituale, pertanto era fondamentale informare i musulmani italiani della possibilità di pregare per lui attraverso uno specifico rituale religioso, posso comprendere che oggi a molti possa suonare estranea questa preoccupazione, ma nel momento del ritorno al proprio Creatore per un credente non c’è niente di più importante del destino dell’anima e di questo ci siamo occupati.
Ciò che mi ha stupito però, perchè non giustificato dal contesto culturale di matrice cattolica, è la polemica sulla conversione che non basterebbe a considerare Luca Attanasio un musulmano agli occhi di Dio e dei suo fratelli, mi ha stupito perchè invece basta il battesimo, compiuto su un neonato incosciente ad assicurare funerale e rito cattolico a chiunque. La shahada, la dichiarazione di fede pronunciata da Attanasio è un atto cosciente e libero a cui riconosciamo assoluto valore e che non ci è permesso mettere in discussione.
L’accusa di strumentalizzazione da parte nostra tradisce l’islamofobia latente per cui ogni azione compiuta da musulmani sia in realtà un tentativo di proselitismo mentre se la stessa cosa viene fatta dalla Chiesa ad esempio non c’è nulla da obiettare, quante volte in casi simili il parroco locale o le gerarchie cattoliche mettono giustamente l’accento sul fatto che la vittima fosse un buon cristiano?
La stessa islamofobia che, ancora più grave, è stata introiettata da alcuni musulmani, al punto che un sedicente imam si è spinto fino ad ipotizzare che la dichiarazione di fede di Luca Attanasio fosse un atto di comodo, falsa in sostanza.
Così facendo “l’imam” rischia di commettere un grave peccato, e purtoppo non è nemmeno nuovo a queste uscite, in occasione del ritorno di Silvia Aisha Romano si era affrettato a dichiarare che la sua adesione all’Islam fosse frutto di costrizione.
L’ambasciatore Luca Attanasio è stato senza dubbio un uomo di fede, una fede pratica, vera, che ha testimoniato attraverso la dignità ed onore con cui ha ricoperto il suo ruolo istituzionale e con le opere di bene che ha compiuto durante la sua permanenza in questo mondo terreno, per questo la sua figura è un patrimonio di tutti gli italiani ed il fatto che musulmani e cristiani preghino per lui è il miglior riconoscimento.